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1993 a New Orleans: la scomparsa di Ylenia Carrisi

Il primo mese del 1994 inizia con la notizia della scomparsa della figlia di Albano Carrisi e Romina Power. Dopo 25 anni di false piste, protetto dall’ombra dell’anonimato, resta un personaggio chiave della storia. Fu l’ultimo a vedere Ylenia Carrisi e l’unico, forse, a conoscerne il segreto. La storia di Ylenia e di Alexander Masakela.
A cura di Angela Marino
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Quella dell'estate del 1993 fu l’ultima vacanza tutti insieme. Marito e moglie partirono con l’entusiasmo di sempre, quella luce di leggerezza e genuinità che li aveva trasformati da giovane duo esordiente nella coppia d’oro della musica italiana, l’impresa da 15 milioni di dischi venduti. Romina avrebbe passato del tempo con la sorella Taryn e i nipoti e Albano avrebbe potuto girare le riprese di ‘America Perduta’. Anche i ragazzi erano felici di quel viaggio americano, persino Ylenia, la figlia ‘ribelle'. A 23 anni, dopo una breve esperienza in Tv al fianco di Mike Bongiorno, bellissima e appassionata idealista, cercava disperatamente la sua strada, lontano il più possibile dalle vigne di Cellino San Marco. Non era nella masseria della coppia Carrisi – Power, nel focolare familiare Hollywood-Bari, che Ylenia pensava di trovare la felicità. Studiava con ottimi profitti al King's college di Londra, parlava cinque lingue, era curiosa e intelligente e, come tutti i giovani, profondamente snob verso le sue radici. Voleva volare lontano, andare oltre l'oceano, scoprire nuove culture.

Libri, musica e ideali: chi è Ylenia Carrisi

In quell’ultimo viaggio insieme negli States, tra Ylenia e suo padre ci furono serie incomprensioni: lei aveva conosciuto Alexander Masakela, un sassofonista di strada di quasi sessant’anni, capelli bianchi e pelle nera come l'ebano, dal quale era rimasta profondamente colpita. Lui le aveva regalato ‘New Think' di Edward De Bono, il manuale del pensiero ‘laterale’ e dei metodi di deduzione creativi, lei aveva cominciato a seguirlo come se fosse una guida spirituale. Ad Albano e Romina, però, quell’uomo tanto più vecchio e forse non proprio disinteressato, non piaceva per niente, tanto che al ritorno a Cellino, quando Ylenia ricevette da lui una cartolina, Romina la bruciò.

New Orleans, fine del 1993

Ylenia, però, non aveva nessuna intenzione di riprendere la vita regolare del college. Chiese ai genitori il permesso di prendersi un periodo sabbatico dagli studi. Voleva andare in Belize a sperimentare la vita degli homeless per il libro che stava scrivendo. Suo padre le disse di sì e lei se ne tornò in America pronta a vivere l’esperienza dei senzatetto, dividere con loro il gelo delle notti americane al suono della musica dei quartieri neri. Il giorno di Capodanno chiamò a casa a Cellino per fare gli auguri, sembrava confusa, faceva discorsi strani. “Dove sei?" – le chiese Albano -“Che importanza ha?" – rispose lei. Infatti Ylenia non era in Belize, ma a New Orleans, l'ultima tappa del viaggio con i suoi e la città nella quale si sarebbe fermata per sempre. Quella del 31 dicembre 1993 fu l’ultima telefonata. Il 1° gennaio Albano denunciò la scomparsa di sua figlia a Bari. Il 1994, iniziato nell’angoscioso clima della scomparsa di Ylenia, fu il suo anno, l’anno della figlia perduta.

Le indagini di Albano Carrisi e Romina Power

Barricati al 30esimo piano dell’hotel "Le Meridien", assillati da telefonate e segnalazioni di ogni sorta, Albano e Romina cominciarono la loro personale indagine sulla scomparsa della figlia. Anche i media americani si occuparono della scomparsa dei ‘Sonny e Cher' italiani. Sotto la lente gli ultimi movimenti di Ylenia. La studentessa era alloggiata al Dale hotel, una bettola da pochi soldi al 749 St Charles Ave, dove divideva una stanza con un uomo. Sì, era proprio lui, Alexander Masakela, il sassofonista-intellettuale che la stava guidando nel suo viaggio nella cultura underground. Dormivano in due letti separati in una squallida camera di hotel, la stessa che l’uomo aveva lasciato dopo la scomparsa di Ylenia, portandosi via la macchina fotografica di lei e duemila dollari in traveller cheques. Nonostante il ritrovamento di questi oggetti appartenenti a Ylenia nella casa della donna con cui l’uomo conviveva all'epoca, Masakela venne lasciato libero di andare dove voleva, mentre Albano e Romina vagavano per le strade di New Orleans come due anime in pena a fare domande, cercare indizi.

La ragazza del Missisipi

A mettere una pietra tombale sulle indagini americane sarà un episodio riferito agli investigatori da una guardia di sicurezza dell'Audubon Aquarium of the Americas, Albert Cordova. Un episodio che introdurrà la parola ‘suicidio' nel caso. La guardia notturna raccontò di aver visto, a notte del 6 gennaio, una ragazza bionda seduta sulla banchina del Mississippi, con le gambe penzoloni. “L’area è interdetta al pubblico, non puoi stare qui, devi andartene”, le disse l'uomo, ma invece di alzarsi e andarsene la ragazza  – secondo il racconto di Cordova – si mise in piedi e gridò: “Io appartengo all’acqua!”. Poi si tuffò nelle acque gelide acque del fiume nuotando a larghe bracciate verso il centro finché non fu risucchiata dal vortice creato dal passaggio di una barca. Il suo corpo non fu mai ritrovato. Era Ylenia la ragazza del fiume? In un primo momento, messo davanti a una foto della ventitreenne, Cordova negò. Qualche tempo dopo, osservando un'altra foto, ammise invece che poteva essere lei. Ammesso che fosse lei e che si fosse gettata sotto l'effetto di stupefacenti, erano passati già 5 giorni da quando era stata vista l'ultima volta al Dale hotel. Dov'era stata nel frattempo? Perché aveva lasciato il suo zaino e ogni cosa in camera? Per questi buchi nella ricostruzione e per altri motivi la famiglia Carrisi – Power non crederà al racconto del fiume. Per la famiglia di Ylenia, la verità stava altrove e quando sarebbe saltata fuori, ne erano certi, Masakela avrebbe avuto un ruolo determinante.

Alexander Masakela

Avevamo lasciato il sassofonista in casa della compagna, dopo la scomparsa di Ylenia. Che aveva fatto nel frattempo? Masakela era tornato a casa dalla donna con cui viveva all'epoca e aveva continuato la sua vita di espedienti. Negli anni avrebbe cambiato diversi nomi e documenti, rimanendo sempre ai margini, della società e della legalità. Ambiguo ma non criminale, sospetto, ma non colpevole. Lasciato libero di andare dopo la denuncia dei Carrisi, in una situazione in cui non c'era alcuna indagine in corso per omicidio, posto che avesse qualcosa da nascondere, Masakela avrebbe avuto il tempo e il modo di occultare ogni traccia.

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Per la mancanza di tempestività di verifiche che accertassero la sua posizione, Masakela rimarrà per sempre un'incognita nel caso Ylenia Carrisi. Diciannove anni dopo i fatti, nel 2013, la trasmissione ‘Chi l'ha visto?', manderà in onda la testimonianza di alcuni residenti del quartiere  secondo i quali, il musicista era dedito a circuire ragazze belle e giovani. Sentita al telefono, sempre durante la trasmissione, la sua compagna di allora, racconterà di come lui l'avesse isolata dalla famiglia e resa dipendente dalle droghe.

Happy face killer

Solo di recente il DNA per parte materna è stato acquisito da un laboratorio americano per il confronto con i corpi di donne trovate morte. Keith Hunter Jesperson, un serial killer canadese noto come ‘Happy face', riconoscerà nella foto di Ylenia una delle potenziali vittime che si faceva chiamare Suzanne, ma verrà smentito dal test del DNA effettuato sui resti della giovane donna.

L'epilogo: Ylenia Carrisi oggi

Spezzata da questa straziante esperienza la coppia d'oro della musica leggera si dividerà. Romina Power continua a cercare sua figlia, mentre Abano Carrisi si è infine persuaso che Ylenia fosse la ragazza del Mississippi e nel 2014, ha ottenuto il riconoscimento della morte presunta. La vicenda di Ylenia si ferma nei sobborghi di quella New Orleans di senzatetto filosofi e di giovanissime studentesse affamate di vita, all'anno 1994, l'anno della ragazza perduta.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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