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Anna Frank spiegata a un ultras della Lazio

Anna Frank è la ragazzina che, a un passo dalla Liberazione, non riesce a sopravvivere alla guerra. Il suo Diario ha formato intere generazioni di cittadini europei e non sarà uno sfottò fascista a sminuirne il valore di simbolo contro l’insensatezza della Shoah.
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Anna Frank
Anna Frank

Non correremo il rischio di dare troppa importanza al gesto di qualche isolato idiota, nutrito di sub cultura neofascista, che si nasconde nell'anonimato della sua Curva in cui recarsi per sfogare tutto il malessere e il veleno di cui è fatta la sua esistenza. Eppure, qualche parola sull'immagine di Anna Frank vestita di giallorosso e usata come insulto, va spesa. Per provare a fermare quel "degrado culturale" che anche il ministro Fedeli ha evidenziato a margine di un evento all'istituto Vaccari di Roma.

Siamo cresciuti con il Diario di Anna Frank, lo abbiamo letto, amato, ci ha fatto soffrire, a volte – perché negarlo – ci è venuto a noia, come tutte le letture imposte a scuola. Eppure, per tutti, Anna Frank è il simbolo della persecuzione nazista. Che nessuno oserebbe utilizzare in maniera dispregiativa nei confronti di qualcun altro. Di cui non è possibile dire, senza pagar dazio, che si è trattato solo di uno sfottò. Di quanti sfottò è lastricata la strada verso il fascismo? Sta qui il punto: capire di cosa parliamo. E dunque, chi è Anna, per te tifoso laziale che forse non la conosci o che la conosci e pensi di poterla usare contro la tua odiata casacca giallorossa?

Anna è una ragazzina che non riesce a sopravvivere a quell'assurdità chiamata guerra, che non riesce a farcela a un passo dalla Liberazione. Un simbolo europeo, di pace contro l'insensatezza della Shoah. Ecco chi è Anna Frank, oggi, una ragazzina in carne e ossa divenuta suo malgrado un'icona. Che, come tutte le icone, corre il rischio di essere manipolata, taroccata, usata da una parte contro l'altra.

Eppure, caro ultras della Lazio, dovresti sapere che questa ragazzina, vittima della persecuzione nazista, è un simbolo per milioni di persone, è qualcosa di eterno, che resterà, non solo per la comunità ebraica. Mentre tu, al contrario, sbiadirai e passerai come quella figurina che hai attaccato alla vetrata della curva Sud, immaginando di realizzare chissà quale "genialata".

Un'ultima, piccola nota per il ministro Fedeli e per il Governo che rappresenta, che pure ha deplorato giustamente l'accaduto. Qualcosa in più andrebbe fatto, a partire dalle scuole, per evitare di veder proliferare sotto i nostri occhi quel brodo di cultura neofascista da cui poi nascono certe trovate. A partire, probabilmente, da un uso della memoria meno retorico di quanto si fa oggi, che – esattamente come si fa con quello della legalità – è sempre più un feticcio vuoto nel quale i nostri giovani tendono poco o nulla a credere, perché la memoria e la legalità non hanno alcun senso se usati in maniera formale, sganciati dalla vita e dalle condizioni in cui ognuno di noi si trova a vivere. Solo così potremmo difenderci e riuscire a spiegare a uno stupido ultras (non è nemmeno giusto definirlo della Lazio) il peso del suo gesto.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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