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Edoardo Agnelli, la morte misteriosa del figlio dell’avvocato: l’erede mancato

La mattina del 15 novembre 2000 Edoardo Agnelli, unico figlio maschio del patron della Fiat, viene trovato cadavere ai piedi di un viadotto della Savona-Torino. Suicidio, conclude l’inchiesta, ma c’è chi dice che Edoardo non si sarebbe mai ucciso. E chi, invece, crede che a ucciderlo sia stato qualcun altro.
A cura di Angela Marino
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Sono le dieci del mattino di un pigro mercoledì di novembre. A Torino è cominciata un’altra giornata di foschia e freddo, il cielo è bianco, i paesaggi tutti uguali, come se un pennello invisibile avesse colorato case e strade di un grigio seppia. Si respira un’aria opprimente, che in fondo non è diversa da quella di qualunque altra giornata dell’autunno piemontese. Lontano da Torino, dove il consiglio di amministrazione della più grande multinazionale italiana si sta per riunire, sul cavalcavia della l'autostrada Torino – Savona, un addetto al traffico si ferma a osservare una scena strana. Sul ciglio destro della carreggiata, con la freccia inserita e il motore acceso è parcheggiata una Fiat Croma grigio metallizzato. Gli sportelli sono chiusi, ma le sicure sono disinserite, come se il conducente si fosse fermato all’improvviso per controllare qualcosa. Un’avaria del motore, forse, ma la vettura sembra a posto. Su uno dei sedili spuntano due telefoni cellulari. È chiaro che qualcosa non va, forse il guidatore è sceso in fretta dall’auto per chiedere aiuto, ma perché non ha portato con sé almeno un telefono?

Ai piedi del viadotto

Carlo, 51 anni, addetto al traffico della Ats di ronda sulla sua Punto, si dirige verso la più vicina stazione di servizio per controllare se qualcuno si è fermato per chiedere aiuto, ma sembra tutto tranquillo. Controlla anche al distributore nella direzione opposta, ma neanche lì trova una risposta. Allora torna indietro, scende dall’auto, si avvicina alla balaustra alta due metri e sporge la testa tra il muretto bianco e la sbarra d’acciaio. Guarda di sotto, tra le foglie e i sassi della campagna solitaria  ai piedi del pilastro del viadotto più alto dell’autostrada. È allora che lo vede: sul greto del fiume Stura, tra i sassi e le foglie dove un tempo scorreva l’acqua, c’è il corpo di un uomo. Ottanta metri sotto, un pastore vede la stessa scena. Mezzora dopo sopra e sotto il viadotto ‘Romano' ci sono i vigili del fuoco e l’elicottero del 118. Il corpo viene identificato, è quello di un uomo di mezza età, indossa pantaloni pesanti e un giubbotto. Non è difficile capire chi è, nell’auto c’è la patente con un nome: Edoardo Agnelli, 46 anni.

Una corona troppo pesante

Tra sgomento e sorpresa, negli uffici del Lingotto si diffonde la voce della morte improvvisa del figlio dell’avvocato. I mezzi busti della Tv danno la notizia usando la massima prudenza riguardo la causa della morte, pur senza ‘escludere il suicidio'. Intanto nelle redazioni si lavora febbrilmente al ritratto di Edoardo, l’erede mancato dell’impero finanziario più imponente del Paese. Il nome altisonante, il rapporto difficile con il padre, i trascorsi con l’eroina, la solitudine, l’emarginazione dai ruoli di comando che per nascita gli sarebbero spettati. Perché Edoardo, laureato in Lettere, studioso di storia delle religioni e di filosofia, era un esteta, non un uomo d’affari. E, per suo padre Gianni, non era tagliato per fare il capitano di industria, tanto che l’avvocato lo aveva scavalcato designando alla successione prima il cugino Giovanni Alberto, detto Giovannino, e poi, dopo la morte precoce del figlio di Umberto, stroncato da un terribile male, il nipote John Elkan, un ragazzino di vent’anni.  Senza operare alcuna forzatura, il profilo che emerge dai primi articoli è quello di un uomo solo e fragile, bloccato nella schizofrenica alternanza tra identificazione e distacco dalla famiglia.

Il suicidio

Edoardo si era scagliato contro il capitalismo e la società dei consumi, ponendosi in una posizione contraddittoria e inverosimile per un uomo destinato a guidare una multinazionale con un business globale ramificato nell’industria metalmeccanica, nella moda e nei media. Eppure si sentiva pronto per prendere il comando, anche questo aveva dichiarato ai giornali, salvo venire subito smentito dal padre, che ancora una volta lo delegittimava. La storia di Edoardo si scrive da sola, non solo per i giornalisti. Il procuratore competente conclude le indagini senza disporre un’autopsia, è tutto già scritto: suicidio. Non ci sono misteri e l’avvocato pretende la restituzione del corpo di suo figlio il prima possibile per i funerali. In più, secondo il primo esame del corpo le lesioni sarebbero compatibili con una precipitazione. Edoardo si è ammazzato, una storia semplice, come avrebbe detto lo scrittore Leonardo Sciascia.

Le ombre

Ai funerali c’è un’aria pesante, plumbea, come il giorno in cui il cadavere del figlio di Gianni e Marella era stato trovato vicino al pilastro del cavalcavia. Con Edoardo vengono seppelliti i suoi desideri di rivalsa, i suoi progetti ambientalisti, le sue passioni intellettuali, la sua disillusione. E i dubbi. Dopo la morte, le persone più vicine a Edoardo, manifestano delle perplessità riguardo al fatto che non ha lasciato neanche un biglietto. L’umanista grafomane che scriveva di continuo, a tutti, che aveva scritto anche al cugino Giovannino quando lo aveva scavalcato nella successione, non aveva buttato giù neanche una riga nel momento più drammatico della sua vita? Edoardo, inoltre, viveva da solo in una villa in località Revigliasco, nel Torinese, ed era seguito 24 ore su 24 da una scorta. Dov’erano le guardie del corpo quando è uscito? Perché era solo? Domande alle quali forse avrebbero fornito risposta le videocamere di sorveglianza della villa, ma i filmati non vennero acquisiti nella brevissima indagine.

Edoardo ‘martire' sciita

Un anno dopo, nel 2001, la tv iraniana manda in onda un documentario sulla scomparsa del rampollo. Le immagini mostrano il luogo della morte, l'indegna della Fiat, e l’intervista di un ‘hojatoleslam', un sacerdote musulmano che avrebbe certificato la conversione del figlio di Gianni Agnelli all’Islam sciita. La tesi del documentario diffuso da ‘Fars', una agenzia di stampa vicina all’allora presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, è quella dell’omicidio. Edoardo sarebbe stato eliminato per ordine di ignoti per impedire che l’impero Fiat finisse nelle mani di un convertito musulmano. All’ambasciata italiana in Iran gli studenti mettono in scena una protesta per il presunto ‘attentato’ che avrebbe ucciso l’imprenditore italiano, la cui effige viene messa in bella vista al Museo dei martiri dell’Islam, nella sezione dedicata agli stranieri. Del presunto complotto, però, non esiste neanche una prova, sebbene ci siano notizie dei viaggi di Edoardo in Iran e della sua passione intellettuale per la religione islamica.

La proposta

L’ipotesi del complotto diventa tema di dibattiti e libri. Nel 2008, edito da Koiné, esce il libro del giornalista, Giuseppe Puppo, “Ottanta metri di mistero”, che mette in fila tutti gli elementi opachi della morte di Edoardo: dalla rapidità con cui si è arrivati alla conclusione del suicidio senza un esame medico legale, allo stato del cadavere, che, nonostante avesse fatto un volo di 80 metri presentava le bretelle allacciate e i mocassini calzati. Dopo aver sottolineato che un uomo che tenta di suicidarsi gettandosi da un parapetto (Edoardo in quel periodo camminava a fatica usando un bastone ed era obeso) avrebbe attirato l’attenzione degli automobilisti sul trafficato viadotto, Puppo incornicia la vicenda con un contesto sconosciuto. Almeno tre fonti diverse gli avrebbero confermato che prima di morire Edoardo si sarebbe rifiutato di firmare la cessione dei diritti sulla Fiat, in cambio di una consistente somma di denaro.

L'epilogo

Gianni Agnelli è morto tre anni dopo la scomparsa di suo figlio. Come deciso dall'avvocato, al timone dell'impero si è avvicendato il nipote John, Jaky, Elkan, figlio di sua figlia Margherita. Uno degli ultimi libri che lo scrittore Gigi Moncalvo ha dedicato all’epopea della famiglia Agnelli, rivela come anche il fratello di John, Lapo Elkan, abbia ricevuto l'offerta di una cospicua liquidazione in cambio delle quote. Lui, invece, racconta Moncalvo, avrebbe firmato.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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