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Siria, l’Isis sequestra 200 cristiani. E la Bbc svela l’identità di Jihadi John

Lo Stato Islamico ha sequestrato 200 cristiani assiri nel nord della Siria. Intanto la BBC, citando fonti di Scotland Yard, rivela l’identità di Jihadi John: si chiama Mohamed Emwazi, ha 27 anni ed è di Londra.
A cura di Davide Falcioni
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UPDATE:  "Jihadi John", il boia dello Stato Islamico responsabile di diverse decapitazioni di ostaggi, si chiama in realtà Mohamed Emwazi, ha 27 anni, è di Londra ma è nato in Kuwait. A rivelarlo è stata la Bbc citando fonti di Scotland Yard. La vera identità dell'uomo era da tempo nota alle autorità inglesi, che tuttavia hanno deciso di non rivelarlo con l'intento di non compromettere le indagini. Emwazi era apparso in pubblico la prima volta nel video che documentava l'uccisione del giornalista statunitense James Foley. Secondo la Bbc il terrorista proverrebbe da una famiglia facoltosa dell'ovest di Londra e sarebbe laureato in informatica. A quanto pare si sarebbe arruolato nell'Isis nel 2012, anche se l'avvicinamento all'Islam radicale sarebbe avvenuto nel 2009, quando si recò in Tanzania. Secondo i media britannici Emwazi sarebbe stato detenuto dall'antiterrorismo inglese nel 2010 dopo essere arrivato a Londra dal Kuwait.

L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha reso noto che negli ultimi tre giorni i miliziani dello Stato Islamico hanno rapito 220 cristiani assiri nella regione nord-orientale siriana di Hasaka, snodo di collegamento con i territori del ‘Califfato' con l'Iraq. Secondo l'Osservatorio i sequestri di cristiani sono avvenuti in 10 villaggi nei pressi del capoluogo Hasaka: il territorio è interessato da domenica a una massiccia offensiva contro l'Isis portata dai guerriglieri curdi dell'Ypg sostenuti dai raid aerei della coalizione internazionale a guida Stati Uniti.

E' dei giorni scorsi la notizia che 40 donna australiane – fra le quali le cosiddette ‘spose jihad' – si sono segretamente recate in Iraq e in Siria per unirsi ai miliziani dello Stato Islamico. "Un numero crescente di giovani donne si unisce all'Isis, nonostante vengano usate come schiave del sesso e in alcuni casi come kamikaze", ha spiegato in parlamento il ministro degli Esteri australiano Julie Bishop. "Raggiungono i mariti combattenti stranieri e cercano di trovare un partner, oppure forniscono sostegno a organizzazioni terroristiche", ha aggiunto.

Circa un quinto di tutti i foreign fighters che si recano a combattere in Iraq e Siria sarebbero donne, e ben 500 proverrebbero dai paesi occidentali: "È contro la logica, dato l'atteggiamento dell'Isis verso le donne", ha detto il ministro. "Se non bastassero le uccisioni e le esecuzioni, l'Isis ha pubblicato istruzioni sul trattamento delle schiave del sesso, che includono stupri e percosse. Neanche le bambine sono immuni, le istruzioni incoraggiano attacchi sessuali su ragazzine che non hanno raggiunto la pubertà".

Distrutti reperti archeologici di 3mila anni a Mosul

In questo quadro l'Isis mostra la sua brutalità non solo con omicidi e sequestri, ma anche distruggendo reperti archeologici inestimabili come accaduto a Mosul, dove i miliziani hanno distrutto  bassorilievi e statue risalenti, in alcuni casi, a oltre 3mila anni fa. I video delle demolizioni, a colpi di piccone poi di martello pneumatico, sono stati diffusi dallo Stato Islamico, che anche in passato hanon ha esitato a far saltare in aria luoghi di culti, libri antichi e distruggere parte delle mura di cinta di Ninive, l’antica capitale assira alla periferia dell’odierna Mosul. "Queste rovine dietro di me – dice uno jihadista nel video di rivendicazione – sono quelle di idoli e statue che le popolazioni del passato usavano per un culto diverso da Allah. Il Profeta Maometto ha tirato giù con le sue mani gli idoli quando è andato alla Mecca. Il nostro Profeta ci ha ordinato di distruggere gli idoli e i compagni del Profeta lo hanno fatto quando hanno conquistato dei Paesi. Quando Dio ci ordina di rimuoverli e distruggerli, per noi diventa semplice e non ci interessa che il loro valore sia di milioni di dollari”.

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