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Nel mondo circa 400 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà estrema

“I bambini più vulnerabili sono gli invisibili e i dimenticati. Quelli che nascono e vivono in Paesi in guerra o semplicemente nelle regioni più remote o svantaggiate. Sono i più poveri tra i poveri; le bambine, i migranti e i rifugiati, i disabili o quelli appartenenti a minoranze etniche e religiose. Quelli che non hanno le cose che ogni bambino dovrebbe avere: cibo adeguato, acqua, un dottore, medicine, la scuola”.
A cura di Claudia Torrisi
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Povertà minorile 2016 - Immagini generiche. Iraq.

Nonostante i progressi di scienza, medicina e qualità della vita, ancora oggi esistono milioni di bambini esclusi dalla possibilità di vivere una vita normale. Secondo il rapporto "Every last child. The children the world decided to forget" dell'organizzazione Save the Children, nel mondo ci sono quattrocento milioni di minori al di sotto dei tredici anni che vivono in condizioni di povertà estrema. Lo stesso numero subisce costanti discriminazioni a causa dell'etnia o della religione. Circa 58 milioni di bambini non vanno a scuola, un minore rifugiato su due; sei milioni, invece, muoiono ogni anno prima di aver compiuto cinque anni a causa di malattie facilmente curabili e uno su dieci vive in un paese in cui è in corso un conflitto.

"I bambini più vulnerabili sono gli invisibili e i dimenticati. Quelli che nascono e vivono in Paesi in guerra o semplicemente nelle regioni più remote o svantaggiate. Sono i più poveri tra i poveri; le bambine, i migranti e i rifugiati, i disabili o quelli appartenenti a minoranze etniche e religiose. Quelli che non hanno le cose che ogni bambino dovrebbe avere: cibo adeguato, acqua, un dottore, medicine, la scuola", spiega Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. E, talvolta, si tratta di invisibili tra gli invisibili. Ad esempio quando mancano i dati. L'organizzazione cita i bambini rinchiusi in casa o negli istituti perché disabili, quelli che vivono in strada, quelli in fuga dalle guerre o anche, semplicemente, senza documenti. Molti paesi evitano di raccogliere i dati su queste situazioni. "Eppure – aggiunge Neri – la nostra esperienza in 120 Paesi del mondo parla chiaro: la discriminazione è in crescita e costituisce la principale minaccia per i bambini in povertà".

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Il rapporto di Save the Children nota come due terzi delle famiglie povere escluse dai servizi sanitari o educativi facciano parte di una minoranza etnica. "Molti dei Paesi che hanno vissuto una forte crescita economica negli ultimi anni – si legge nel report – non hanno saputo tradurre questa crescita in condizioni di vita più eque per i bambini e in molti casi le disparità si sono addirittura acuite". Come, ad esempio, in Nigeria dove il reddito pro-capite si è quintuplicato negli ultimi anni, ma le disuguaglianze sono sempre più stridenti. L'esclusione di una fascia di popolazione e di questi bambini genera perdite economiche in termini di produttività per il paese – oltre a un inasprimento delle tensioni sociali.

In molte aree del mondo essere una bambina continua ad essere un problema. In Afghanistan, ad esempio solo il 4% delle minori cresciute in famiglie povere completa l’educazione primaria. E spesso giocano un ruolo importante anche violenze di genere o gravidanze precoci, che, oltre a sbarrare le porte all'educazione, contribuiscono anche a innalzare il tasso di mortalità infantile. In Sierra Leone il 40% delle morti materne è costituito da adolescenti. "Secondo le stime, nei Paesi in via di sviluppo, una ragazza su tre si sposa prima dei 18 anni e una su nove si sposa prima dei 15. In Tanzania, il 61% delle ragazze che non riceve un’istruzione si sposa prima dei 18 anni, mentre il tasso scende al 5% tra coloro che hanno completato gli studi secondari o superiori", si legge nel rapporto

E poi ci sono i bambini in fuga dai conflitti. Secondo Save the Children il 2014 ha visto il numero più alto di sfollati mai registrato. Si parla di 60 milioni di persone che sono dovute fuggire dalle loro case. Metà di queste sono minori. I bambini rifugiati nel mondo oggi sono oltre 145 milioni: solo uno su due frequenta la scuola primaria, hanno livelli nutrizionali inferiori alla norma e sono esposti a rischi di contrarre malattie infettive.

Bambini esclusi, anche nelle nostre città

Situazioni di disagio e marginalità, però, riguardano anche i paesi più ricchi e con sistemi assistenziali più avanzati. Accade nel Regno Unito, dove più della metà dei bambini di origine pakistana o bengalese cresce in povertà, ma il tasso scende a uno su cinque nella maggioranza bianca britannica. Anche in Italia esistono fasce escluse da sanità ed educazione: si tratta delle famiglie più povere, i cui ragazzi registrano un tasso di mancata scolarizzazione circa quattro volte più alto rispetto a contesti più agiati.

Tra i soggetti più vulnerabili ci sono anche i 150 milioni di bambini che vivono con una disabilità, per i quali il rischio di subire violenza e abusi fisici e sessuali o di venire abbandonati e trascurati è da tre a quattro volte superiore rispetto agli altri. Questi minori sono spesso esclusi dai percorsi educativi: la causa sta in curriculum non adatti, insegnanti non formati, strumenti non adeguati. Infine, tra le cause di discriminazione c'è anche l'orientamento sessuale di bambini e ragazzi: negli Stati Uniti, il 40% dei giovani senzatetto si identifica come Lgbt e in Europa il 61% degli intervistati ha subito esperienze negative a scuola in relazione alla loro reale o percepita omosessualità.

Per Save the Children "è inaccettabile che, ancora oggi, nascere nel posto sbagliato significhi perdere alla lotteria della vita. Non possiamo continuare a tollerare che siano condizioni arbitrarie come il luogo di nascita, l’appartenenza a un’etnia o religione, la situazione economica della famiglia o addirittura l’essere maschio o femmina, a determinare se un bambino sopravvivrà o meno, influenzando la qualità della sua vita".

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