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La Enrica Lexie resta in India, marcia indietro sulla nave dei marò

Non solo i marò restano in carcere ma anche la Enrica Lexie non farà ritorno a casa: oggi l’Alta Corte ha capovolto la decisione presa in precedenza che aveva autorizzato la sua partenza. De Mistura a colloquio con Latorre e Girone, nuovamente sotto interrogatorio.
A cura di Susanna Picone
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Non solo i marò restano in carcere ma anche la Enrica Lexie non farà ritorno a casa: oggi l’Alta Corte ha capovolto la decisione presa in precedenza che aveva autorizzato la sua partenza. De Mistura a colloquio con Latorre e Girone, nuovamente sotto interrogatorio.

Il caso dei marò in India diventa di giorno in giorno più complesso con le autorità locali che non accennano ad alcuna decisione in linea con le richieste dell’Italia. Ormai non si contano più i rinvii della magistratura indiana sulla decisione in merito alla giurisdizione del caso che, continuando a non arrivare, costringe ancora in carcere Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, così come il Paese che trattiene i nostri militari, convinto della loro colpevolezza, resta fermo sulle proprie posizioni. Qualche giorno fa è infatti arrivata l’ultima dichiarazione di Oommen Chandy, primo ministro dello Stato del Kerala, che ha ribadito che il processo ai marò può avvenire solo in India. Inoltre, da quanto si legge oggi in prima pagina sul “The Times of India”, la squadra investigativa speciale del Kerala “sospetta che una delle armi utilizzate dai marò debba ancora essere sequestrata”. Il quotidiano cita “fonti autorevoli” sottolineando come l’arma usata per uccidere i pescatori non sarebbe tra le sette già sequestrate sulla Enrica Lexie.

Capovolta le decisione sulla Enrica Lexie – Non solo Latorre e Girone per il momento sono costretti dunque a restare in India ma anche tutti gli altri membri che si trovavano a bordo della Enrica Lexie non possono far ritorno a casa: è di oggi, infatti, la notizia del “ripensamento” dell’Alta Corte del Kerala che, dopo aver approvato, la scorsa settimana, il rilascio della petroliera italiana a determinate condizioni (cauzioni da pagare, circa 440000 euro, e assicurazioni sulla disponibilità a comparire in India dell’equipaggio), è tornata indietro sui suoi passi accogliendo il ricorso dei legali dei familiari dei due pescatori uccisi e costringendo così la Enrica Lexie ancora nel porto di Kochi. La sentenza odierna cancella dunque quella emessa dal giudice Gopinathan, in base alla quale la nave poteva ritornare in Italia.

Gli indiani che vivono in Italia raccolgono 4mila firme – Tutto questo mentre in Italia resta forte la partecipazione dei cittadini italiani e non solo per il caso dei nostri militari in India: sono state, infatti, raccolte oltre 4mila firme in pochissimi giorni per chiedere la loro liberazione immediata. A raccoglierle è la comunità sikh, gli indiani che vivono in Italia. Il ministro Andrea Riccardi ha accolto la delegazione indiana sottolineando “il livello di immedesimazione dei sikh che vivono in Italia con le nostre vicende” e sperando che questo gesto possa far pressione sulle decisioni delle autorità indiane.

De Mistura da Latorre e Girone – In questa vicenda estremamente complessa tocca intanto al sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, provare a mediare con il Paese indiano. De Mistura è tornato da qualche giorno in India e stamane ha incontrato a Trivandrum i marò ai quali ha portato le lettere dei loro familiari e altri oggetti da loro richiesti. Ha parlato con loro per circa due ore, poi, secondo quanto si apprende, il rappresentante italiano avrebbe incontrato anche il direttore della prigione di Trivandrum. Latorre e Girone sono stati sottoposti intanto ad un altro interrogatorio necessario a seguito dell’esame balistico effettuato sulle loro armi e sul quale nulla è trapelato.

Aggiornamento ore 20.00: I marò non hanno risposto alle domande della polizia – Secondo quanto si apprende dall‘Ansa, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non hanno risposto alle domande della polizia durante l’interrogatorio di oggi. Nello specifico i due marò nel carcere di Trivandrum, ad ogni domanda della polizia, hanno detto di non voler rispondere perché “non riconoscono la giurisdizione indiana in questa vicenda”.

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