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Francesca, una bimba con lo zaino in spalla che non può andare a scuola perché ha l’Aids

Francesca ha 11 anni e l’Aids, e la scuola l’ha rifiutata. E voi cosa avreste fatto?
A cura di Saverio Tommasi
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Si chiama Francesca. Ha 11 anni. Ha l'aids. La scuola media l'ha rifiutata. Questa, in sintesi, la storia di questa bambina che ho deciso di chiamare Francesca perché il nome Francesca mi piace, e soprattutto perché non è il suo. Altrimenti sai che casino.
Francesca qualche giorno fa aveva lo zaino in spalla ma poi le hanno comunicato che no, in quella scuola media non sarebbe potuta andare perché i posti erano pieni. Cioè erano diventati full dopo che il preside aveva saputo che lei aveva l'aids. E così i suoi tutori hanno scritto una lettera alla Ministra.

Io mi chiedo quello che probabilmente si è chiesto quel preside: "Avrei mandato mia figlia in classe con una bambina malata di aids?" Io sì, ce l'avrei mandata, il preside probabilmente no.

Io ho fatto volontariato per due anni all'Istituto degli Innocenti di Firenze, e fra i vari bambini senza genitori, o con genitori così di merda che i bambini gli erano stati tolti (quasi sempre troppo tardi, ma questo è un altro discorso), ce n'era uno che chiamerò Gino.

Gino aveva cinque o sei anni, non ricordo. Oggi sarà maggiorenne, Gino. E chissà se mi legge, Gino.

Gino aveva l'aids e prendeva delle pillole blu in certe ore che non ricordo quali fossero, ma quando prendeva quelle pastiglie blu gli diventava blu tutta la bocca e la lingua sembrava quella di un Puffo. Gino era il re dei Puffi e mi faceva vedere la sua lingua blu da bambino super puffoso e mi diceva: "Guarda, Saverio, di che colore ho la bocca?" E io gli rispondevo: "Hai una bellissima bocca blu, Gino".

La prima volta che vidi Gino lo portai a fare un giro fuori dall'Istituto, prima agli Innocenti funzionava così, bastava un colloquio per fidarsi. Prima di uscire lui mi disse: "Se cado e mi faccio male non mi toccare perché ho il sangue brutto". Sapevo che aveva l'aids. Mi commossi, ma morsi così forte la mia lingua che lui non se ne accorse. Mi dette tre pacchetti di fazzoletti, nel caso fosse caduto. Altri due li aveva presi lui, gonfiando le tasche dei suoi pantaloncini in un modo un po' strano per un bambino di cinque o sei anni.

. Stava attento, Gino. Ma anche fosse caduto, e si fosse fatto così male da sanguinare, avrei dovuto cadere anche io, e sanguinare anche io, e il suo sangue entrare dentro il mio, non solo sulla mano, proprio dentro il mio corpo, e subito, senza coagularsi troppo. In sintesi, è più facile morire per l'amianto ancora nei tetti di tante scuole pubbliche d'Italia. E' più facile morire perché cade un cornicione sul capo di uno studente di una delle tante scuole pubbliche d'Italia che avrebbero bisogno di essere ristrutturate. E' più facile morire per il pregiudizio, la paura, la discriminazione, l'emarginazione. Ed è più facile, in virtù del voler proteggere, insegnare il pregiudizio, la paura, la discriminazione, l'emarginazione. Se volete proteggere i vostri figli, fateli vivere con gli altri. E' il modo più sicuro per volergli bene.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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