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Opinioni

Cosa non dire a una persona con disabilità: l’intervista sbagliata a Elena e Maria Chiara Paolini

“Posso darvi un bacino?” e altre domande che non dovresti mai fare a una persona con disabilità (e non dovrebbero neanche venirti in mente).
A cura di Saverio Tommasi
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Elena e Maria Chiara Paolini
Elena e Maria Chiara Paolini

"Posso darvi un bacino?"
Questa è soltanto una delle domande sbagliate che ho rivolto a Elena e Maria Chiara Paolini, ma facciamo un passo indietro.

Elena e Maria Chiara Paolini sono due sorelle con una disabilità visibile. Le ho incontrate nel loro ufficio per parlare di abilismo, e siamo partiti dalle domande sbagliate. Cioè domande che spesso si sentono rivolgere ma che nascondono al loro interno un'idea abilista, cioè proprio quell'oppressione che cercano di superare ogni giorno con il loro lavoro di divulgazione e di scrittura (sono autrici tra l'altro di "Che brava che sei!" e "Mezze persone").

Quali sono, dunque, le domande da non fare a una persona con una disabilità? Io nella mia intervista sono partito dalle prime che mi sono venute in mente, a cui mi hanno risposto in maniera ironica (sono state buone, avrebbero anche potuto mandarmi a quel Paese). Dopo le prime sette domande sbagliate l'intervista è diventata seria, per approfondire i temi intorno all'abilismo e per comprendere insieme perché queste prime sette domande contengano realmente uno stigma verso le persone disabili, e siano dunque domande da evitare (di più: neanche dovrebbero venirci in mente).

Siete davvero molto coraggiose, io non so se ce la farei se fossi come voi

Cominciamo bene…

Siete una fonte d'ispirazione!

Oddio, pensa che vita noiosa devi avere (sorride, alert inspiration porn)

Oggi per fortuna ci sono un sacco di parole inclusive per parlare di persone come voi, ad esempio "diversabile", "ragazze speciali" o "super eroine". Siete contente?

(Elena, rivolgendosi alla sorella) Oh, Chiara, questo è un giornalista e canna il lessico essenziale sulla disabilità!
(Poi, rivolgendosi a me con tono ironico) Ok, complimenti.

Mi sembra di capire che siate un po' arrabbiate, però è normale, cioè lo sarei anche io se fossi nelle vostre condizioni.

Ma guarda che prima che tu arrivassi io stavo benissimo.

Siete molto battagliere nelle vostre risposte, dove trovate la forza per affrontare le vostre battaglie?

Di solito trasformiamo le stronzate abiliste in energia tramite un convertitore di nostra invenzione.

Una cosa voglio dirla e penso che sia un grande complimento: voi non siete come gli altri disabili, voi siete più normali!

E' esattamente come dire a una donna "tu non sei come le altre donne". In realtà si delegittima l'intera categoria
(Poi, rivolgendosi a me con tono ironico) Ottimo, continua così.

Siete proprio carine, posso darvi un bacino?

Guarda, dobbiamo declinare, non vorremmo essere contagiate dall'abilismo.

Ora torno serio: quelle che vi ho rivolto sono domande che davvero vi è capitato di subire. Vi ricordate anche qualche episodio specifico in cui l'abilismo si è manifestato?

Nei luoghi affollati capita che la gente ci segua. Oppure ci fissa mettendosi dietro la carrozzina, dove non possiamo vederle. Questa cosa, se ci pensi, è simile alle molestie che ricevono le donne in generale. Proprio a livelo di invasione dello spazio, del tuo spazio, e può capitare anche, in quelle situazioni, di ricevere una carezza non richiesta e assolutamente non voluta.
E' capitato anche che alle persone insieme a noi chiedessero che problema avevamo, oppure la nostra età, con noi lì accanto, ignorate. Una volta è capitato anche che a una persona che era con noi abbiano chiesto, guardandoci: "Quanto pesavano alla nascita?".
Ti racconto anche questa: una volta ero a Milano, una signora mi ha vista ed è andata dai poliziotti chiendo loro di controllarmi perché temeva potessi essere una terrorista. Pensava nascondessi le bombe sotto la carrozzina.

Più di una volta, in questa intervista, è emersa la parola "abilismo". E' tra l'altro uno dei motivi per cui ho deciso di conoscervi e di parlare con voi, perché volevo che me lo provaste a spiegare.

"Abilismo" è una parola imprescindibile quando si parla di disabilità, così come sessismo quando si parla di genere. Perché "abilismo" è appunto il nome dato all'oppressione sistemica che coinvolge le persone disabili. Quindi con abilismo si intende l'oppressione e lo stigma sulle persone disabili.

Ci sono tanti modi in cui si può sviluppare l'oppressione, ad esempio garantendo l'assistenza personale soltanto per pochissime ore settimanali.

Non garantire il diritto all'assistenza personale significa che tu sei segregato. Cioè se tu hai bisogno di tante ore di assistenza e ne hai due al giorno, devi capire bene come usarle queste ore. Se usarle per farti accompagnare dagli amici, per cucinarti un pasto o per andare magari al lavoro.

Perché l'idea è "costa troppo rispetto a quanto valgono le sue ore nella vita", giusto? Voi che idea avete sulla questione "costi"?

La questione dei costi è sempre frutto di una scelta, e in Italia si è scelto di creare attivamente la segregazione per un certo gruppo di persone, cioè per le persone con disabilità. Questo avviene perché le persone ancora prima sono state svalutate, quindi diciamo che vengono considerate un po' meno persone, alla fine funzionano così tutte le oppressioni, no? Il razzismo, se ci pensi, riesce a diffondersi perché c'è un'idea di persone che sono un po' meno persone, un po' meno umane e quindi meno meritevoli di diritti.

L'abilismo è quindi molto vicino ad altre tipologie di discriminazione, penso ad esempio all'omolesbobitransfobia, o come avete esplicitamente ricordato anche al razzismo e al sessismo. Mi raccontate meglio questa vicinanza?

Tutte le oppressioni sono in realtà un'unica grande oppressione, che si basa su uno squilibrio di potere a sfavore di alcune persone con identità marginalizzate. Ci sono le molestie su base sessista allo stesso modo in cui ci sono le molestie su base abilista. Ci sono poi i crimini di odio in tutte le oppressioni, e dunque i femminicidi o i crimini di odio su base razzista, che in entrambi i casi funzionano in modo molto simile ai crimini su base abilista, tra l'altro sono anche giustificati allo stesso modo.

Da chi sono giustificati?

Dai giornali. Leggiamo ancora oggi "la vittima era un peso", questo per quanto riguarda la disabilità, perché la narrazione di persone disabili come un peso è molto diffusa. Oppure "il familiare non ce la faceva più", e dunque poi l'ha ucciso. E per le donne capita di sentir dire "eh, però lei lo aveva lasciato". In tutti questi casi la partenza è la stessa: la svalutazione di una vita ben precisa, che non corrisponde a un modello standard.

C'è qualcosa che non vi ho chiesto e secondo voi è importante raccontare?

Dell'assistenza personale abbiamo già detto? Perché è un punto su cui noi insistiamo sempre.

E allora insistiamo!

La dico così: se tu persona che leggi questa intervista e non sei disabile, domani diventi disabile non autosufficiente, sai quale sarà il tuo diritto in Italia? Il tuo unico diritto sarà quello di andare in una "comoda" struttura residenziale per poter vedere soddisfatti i tuoi bisogni di base, e dunque mangiare, lavarti, vestirti. Solo questo. Possiamo dire che l'unico diritto che l'Italia offre è segregarti, se hai bisogno di assistenza.

C'è una frase con cui salutarsi?

"Nessuno al mondo, nessuno nella storia, ha mai ottenuto la propria libertà appellandosi al senso morale degli oppressori". E' una frase delle Black Panthers.

Grazie.

Grazie a te!

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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