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Torna “Forza Italia”, addio al “PdL”. Berlusconi annuncia il cambio di nome

In un’intervista alla Bild, il Cavaliere rivela che per le prossime elezioni politiche si torna all’antico. Poi attacca le toghe rosse per il Bunga Bunga e dice che «se i conti della nostra finanza pubblica sono sotto controllo, lo si deve in buona parte al mio governo».
A cura di Biagio Chiariello
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Una ventata di novità, un cambiamento radicale all'interno del partito. Così aveva presentato la sua ennesima ridiscesa in campo Silvio Berlusconi. Uno svecchiamento che dovrebbe partire proprio dal nome nuovo del partito. In vista delle elezioni politiche del 2013 il Cavaliere ha deciso di riporre in soffitta il PdL e scegliere un nome che di nuovo, tuttavia, ha ben poco. Si torna, infatti, a Forza Italia. E' quanto ha annunciato il futuro candidato alla Presidenza del Consiglio in una lunga intervista alla Bild, il quotidiano più letto d'Europa, nella quale di fatto Berlusconi da' il Là alla campagna elettorale. Parla di Europa, della moneta unica, di Monti e anche di Bunga Bunga, ma soprattutto della sua candidatura: «Me lo chiedono spesso e molto insistentemente» di  tornare a fare il premier. E annuncia:

 Posso solo dire che non abbandonerei mai il mio partito, il Popolo della Libertà, che d’altronde riavrà presto il suo vecchio nome: Forza Italia”.

Un ritorno al passato in pieno regola, forse motivato dai fasti che furono. E a tal proposito Berlusconi fa un salto indietro nel tempo. Al 1994, anno della sua prima discesa in campo:

Ho salvato l’Italia dal comunismo. Questa è la verità storica e ne sono fiero. Sono stato l’unico leader europeo ad avere eccellenti rapporti al tempo stesso con la Russia e con gli Stati Uniti d’America, e ho fatto sentire il peso di questa amicizia in ogni circostanza in cui è servito alla pace e alla sicurezza nel mondo».

L'Italia è attanagliata da una crisi economica che – dice il giornalista – ha riconosciuto troppo tardi. Ma questo non vale per il Cav: «Io – afferma – sono stato il primo, fra i leader occidentali, a denunciare la pericolosità della crisi finanziaria globale e a sostenere la necessità di introdurre delle riforme». Anzi «se i conti della nostra finanza pubblica sono sotto controllo, lo si deve in buona parte al mio governo».

E sulle dimissioni a novembre? Come l'ha presa? Non «sono rimasto traumatizzato dalla perdita di potere» risponde Berlusconi. Anche perché il presidente del Consiglio in Italia non ha alcun potere. La nostra Costituzione non gli permette neppure di sostituire un proprio ministro. Avevo potere prima del 1994, quando facevo solo l'editore televisivo». Sul suo successore Mario Monti, ammette che la sua forza «sta nell’avere il più ampio supporto che mai un presidente del Consiglio abbia avuto. Ed è questo – aggiunge- il principale motivo che mi ha spinto a fare un passo indietro: volevo consentire l’approvazione di riforme anche costituzionali».

Il rapporto con la Merkel? E' «molto cordiale» dice Berlusconi, in barba a chi lo critica per aver apostrofato la Cancelliera con parole quasi impronunciabili nel recente passato. A lei «critichiamo solo una politica di austerity eccessivamente rigida, che frena la crescita. Desideriamo una Germania più europea e non un’Europa più tedesca». Non può mancare un riferimento alle sue ultime uscite sul ritorno alla lira. Anche se in questo caso afferma che l'eventualità è «improponibile. Perché significherebbe l’insuccesso del progetto storico di un’Europa unita, cosa che nessuno vuole».

Si parla anche di Processo Ruby, «una campagna di diffamazione della nostra magistratura in parte di sinistra». Per Berlusconi ad essere prese di mira delle ragazze, «collegate alla prostituzione, mentre hanno soltanto ballato come si fa in tutte le discoteche del mondo». Il Cav che è accusato di prostituzione minorile e concussione, è convinto che tutto finirà in una bolla di sapone, «come tutti gli altri processi intentati contro di me. Sono stati più di 50 e ho speso 428 milioni di euro in avvocati e consulenti. Credo che nessun altro avrebbe potuto resistere a così tanti attacchi».

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