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Strasburgo condanna l’Italia per violazione dei diritti umani a Lampedusa

La condanna riguarda il trattamento riservato a tre immigrati tunisini nel 2011, illegalmente rimpatriati dopo essere stati costretti a vivere in un centro accoglienza in condizioni degradanti.
A cura di Davide Falcioni
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La Corte Europea per i Diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia a versare 10mila euro – quale risarcimento per danni morali – a tre cittadini di nazionalità tunisina rimpatriati nel 2011. La sentenza dei giudici di Strasburgo diventerà definitiva e dovrà quindi essere attuata tra tre mesi, se le parti in causa non richiederanno ed otterranno un riesame. I tre tunisini erano stati tratti in salvo in mare e portati al centro di Lampedusa dove erano stati detenuti fino all'espulsione subita in base all'accordo bilaterale con la Tunisia.

I giudici, tuttavia, hanno sentenziato che i tre migranti sono stati sottoposti a un trattamento degradante a causa delle condizioni in cui sono stati tenuti nel centro di soccorso e prima accoglienza di Contrada Imbriacola a Lampedusa. La responsabilità del trattamento irrispettoso dei diritti umani è dello Stato Italiano. Inoltre le toghe hanno condannato l'Italia per la violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza dei tre tunisini, perché questi sono stati detenuti senza che alcuna legge lo prevedesse, non sono stati informati dei motivi per cui erano trattenuti e infine non sono potuti ricorrere davanti a un tribunale italiano contro questa decisione delle autorità. Per finire i giudici della Corte di Strasburgo hanno stabilito che  l'Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive di stranieri quando  ha rimpatriato in patria i tre tunisini senza aver prima condotto un'analisi sulla situazione specifica a ciascuno di loro.

La Corte di Strasburgo, pur riconoscendo l'eccezionalità della crisi umanitaria che ha dovuto fronteggiare l'Italia nel 2011, con 55.300 immigrati sbarcati sull'isola di Lampedusa, ha rilevato che le condizioni di accoglienza del centro non rispettavano i criteri minimi in fatto di diritti umani: servizi igienici carenti, docce senza porte, assenza di letti e uso limitato e razionati dell'acqua, oltre al divieto di relazionarsi con l'esterno.

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