48 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
X Factor 2023

Dietro le quinte di X Factor con Laccio: “Si porta in scena quello che va bene ai giudici”

Emanuele Cristofoli (in arte Laccio) è il Direttore Artistico di X Factor. A Fanpage.it ha raccontato come si lavora per costruire una performance. E ha risposto alle critiche di Morgan, che si è sentito penalizzato proprio da scenografie e costumi.
A cura di Giusy Dente
48 CONDIVISIONI
Foto Virginia Bettoja
Foto Virginia Bettoja
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Emanuele Cristofoli (in arte Laccio) si è formato come interior designer all'Istituto Europeo di Design e nelle sue esperienze professionali ha sempre portato molto del suo background del mondo della danza, di ballerino e coreografo. In qualità di direttore artistico ha curato il Tezenis Show 2018, lo spettacolo teatrale Ti Posso Spiegare di Katia Follesa e Angelo Pisani, poi il primo evento Falconeri a Milano, per fare solo alcuni esempi. Ha avuto modo di lavorare con Laura Pausini (l'esibizione sul brano Scatola al 72esimo Festival di Sanremo) e coi Maneskin (quando sono stati ospiti al Saturday Night Live). Attualmente sta lavorando a X Factor 2023.

Come si costruisce uno show

Per Laccio e Shake (Fabio Bernardini), esponenti del duo creativo Modulo Project, questo è il quarto anno consecutivo nel programma, giunto all'edizione 17. Prima di loro ci sono stati Luca Tommassini (dalla prima all'undicesima edizione) e Simone Ferrari (nelle numero 12 e 13). A Fanpage.it, Emanuele Cristofoli ha spiegato come si svolge il lavoro dietro le quinte, come è strutturato.

Foto Virginia Bettoja
Foto Virginia Bettoja

Nella direzione artistica come gestisci la tua anima di ballerino e coreografo?

Sicuramente la sensibilità che la danza ti dà nell'avere un equilibrio sulla parte musicale e la consapevolezza del sali e scendi dello spettacolo, quella capacità di far succedere cose, di iniziare in un modo e finire in un altro. I quattro palchi che si muovono, il led, gli effetti speciali seguono una coreografia: quel tipo di sensibilità legata al mondo della danza mi ha aiutato. 

Come nella moda ci sono delle tendenze, si può dire lo stesso per la direzione artistica?

Assolutamente. Ci sono tecnologie che vanno di moda o certi linguaggi grafici: sì, ci sono delle tendenze e bisogna avere gli occhi aperti su tutto, perché ci si può far ispirare da qualsiasi linguaggio. Alcuni sono più forti rispetto ad altri: basta guardare il modo di comunicare della generazione Z. Sono cose che cerchiamo di riportare, un po' per parlare con loro e avvicinarci, ma anche per tirare fuori novità attraverso visual, foto. I laser sono un elemento che per un periodo era sparito, era diventato quasi trash e adesso è tornato totalmente in voga come linguaggio, ovviamente con un sistema nuovo. Tutti gli anni Novanta sono tornati, trasformati. C'è un andare e tornare nelle tendenze. 

Quali sono le tue fonti di ispirazione? 

Sicuramente l'arte è fonte sempre di grande ispirazione e il teatro. Devo dire che per fortuna ci sono delle cose molto belle in giro, bisogna solo saperle cercare e trovare, ma c'è tanta creatività. Coi social è anche più facile raggiungerli, quando è impossibile farlo dal vivo. 

Come si lavora dietro le quinte di X Factor, per arrivare a ciò che vediamo in tv? 

Noi riceviamo le assegnazioni musicali da parte dei giudici e iniziamo a buttare giù la parte creativa sulla traccia: cosa c'è di visual, se c'è la coreografia, i costumi. Partiamo da un moodboard e facciamo una condivisione coi giudici, facciamo un confronto. Da lì si può smussare qualcosa o cambiare direzione, per punti di vista diversi. Però tendenzialmente si segue quasi sempre quello che nasce dalla nostra idea. Poi c'è la condivisione sul palco, si sistemano le ultime cose e si va in onda. La parte dei costumi avviene prima di condividere coi giudici, così da fare tutte le verifiche di fattibilità. Il ragazzo si affida, noi diciamo sempre che il nostro rapporto è col giudice non col ragazzo. L'obiettivo è costruire qualcosa di affine a quel ragazzo, ci avviciniamo al loro immaginario. A inizio programma facciamo sempre una chiacchierata con loro per sapere quali sono i loro mondi, le loro idee. È un momento utile per dare un'impronta al loro percorso visivo. 

Foto Virginia Bettoja
Foto Virginia Bettoja

Parti dalla canzone o dal personaggio che deve esibirsi sul palco?

Da entrambi, ma sicuramente quel discorso iniziale coi ragazzi ci dà una forte impronta sull'immaginario. Se un cantante lo vedo a colori dall'inizio cerchiamo di lavorare sul colore. Se è un cantante in bianco e nero, tutto verrà declinato su come può diventare bello il bianco e nero. Per esempio su Il Solito Dandy abbiamo lavorato sull'idea dell'occhio, le prime quattro esibizioni avevano quel focus, quel richiamo. La canzone è influente su come sarà l'atmosfera, ma lo spunto iniziale è più legata al ragazzo. A meno che non si decida di sperimentare, cerchiamo sempre di avvicinarci all'idea che i ragazzi hanno di loro. 

Ci sono cambiamenti rispetto alle edizioni che non hai curato tu? Che impronta hai dato?

È stato semplice. Il primo cambiamento è che siamo in due a guidare questa creatività: questo un po' per distribuirci i compiti e un po' per passare all'idea di team. È giusto riconoscere il fatto che il lavoro di squadra è forte. Lo stesso abbiamo fatto sulla parte di styling. All'inizio c'era una sola stylist che si occupava dei costumi, io invece ho inserito una costumista e una stylist, chi disegna i costumi e chi si occupa dell'assemblare un po' i capi. Due linguaggi diversi, due professionalità diverse. Io credo che il lavoro d'insieme se guidato nella maniera giusta sia un punto di forza. Chiaramente c'è una direzione creativa a guidare, ma è un modo per non risultare monotoni. 

Quali sono le performance di cui sei più fiero?

Sicuramente di quest'anno l'esibizione di Gateano De Caro, molto minimalista: un quadrato bianco con due ballerini di contemporaneo. Degli anni passati ci piace molto la sperimentazione fatta coi Melancholia e con Beatrice Quinta. Sono contento quando riesco a portare la teatralità in tv senza annoiare, quello che tendenzialmente può succedere solo a teatro se lo vedo a X Factor è motivo di orgoglio. Secondo me il pubblico da casa apprezza perché è sempre più educato allo spettacolo, non deve essere sottovalutato, è capace di leggere quello che succede in tv. 

Foto Virginia Bettoja
Foto Virginia Bettoja

La risposta di Laccio a Morgan

Durante il quarto Live, hanno creato molto scalpore le affermazioni di Morgan. Il giudice ha dichiarato di sentirsi sfavorito dal punto di vista di coreografie e scenografie. Ha detto: "Costruiscono una performance in modo tale che visivamente sia più appetibile di altre e quindi penalizzano i miei ragazzi, senza pensare che fanno un torto a persone che non c’entrano nulla, ma lo fanno per indebolirmi una squadra e il paradosso dei paradossi è che nell’ultima puntata è successa questa scorrettezza chiara e visibile a tutti della mega scenografia da kolossal hollwoodiano per il ragazzo di Dargen, addirittura con dei gadget dati al pubblico e con l’abbandono sul palco senza niente, brutti vestiti pure, ai miei". Laccio ha risposto a queste accuse.

Foto Virginia Bettoja
Foto Virginia Bettoja

La direzione artistica di una performance tiene conto della possibilità di privilegiare qualcuno piuttosto che un altro?

Noi cerchiamo sempre di distribuire le forze e gli equilibri nei team. Se in un team c'è una coreografia cerchiamo di metterla anche negli altri, così che ci sia un equilibrio. Poi può succedere che sia il giudice a scaricare una performance, perché vuole concentrarsi sul ragazzo. Tendenzialmente c'è una condivisione con i giudici, per cui si porta in scena quello che per loro va bene e nessuno sa quello che c'è nell'altro. All'interno dello stesso team sì, ma nessuno sa quello che c'è negli altri team. 

Influiscono scenografie e costumi nella performance di un artista? 

È legato al carattere. Alcuni non si sentono adeguati tra i ballerini, altri non vedono l'ora. Sentirsi a loro agio in un contesto che gli piace li rende più sicuri. Per qualcuno è una corazza, avere una messinscena che si avvicina alla propria idea di messinscena. Ma si può anche "subire" la presenza di altre persone sul palco. Per quanto riguarda il giudizio esterno non saprei. I giudici poi sono comunque abituati a queste cose, riescono a essere distaccati. Loro si concentrano molto sulla voce. Sul pubblico non ho idea. Il pubblico apprezza lo spettacolo, ma quanto la messinscena influenzi la loro visione sul talento del ragazzo…boh! Io e Shake non siamo in gara! Ci si concentra su quella. Ogni tanto qualcuno dice: "Lì avete fatto una cosa bella e a me meno". Ma in realtà noi cerchiamo di fare il bello su tutti. 

Cosa rispondi alle critiche di Morgan? 

Non abbiamo motivo per dare più valore a un ragazzo rispetto a un altro. Più siamo allineati coi giudici più è facile per noi realizzare cose ricche. Se si va ad asciugare, cosa che è lecita, è possibile che la messinscena ci rimetta. Faccio un esempio: se decido di mettere i ballerini e in prova mi si chiede di toglierli per paura che possano distrarre, è chiaro che si scarica la messinscena. Ma noi siamo dell'idea di seguire le loro sensazioni, non vogliamo creare motivi di discussioni e svantaggi. Ma c'è sempre una condivisione, ci si prende la responsabilità insieme rispetto a ciò che si porta in scena. Lui in quel momento ha fatto spettacolo. Siamo consapevoli che nel nostro ruolo siamo esposti a giudizio, siamo abituati. Lui ha espresso la sua. 

48 CONDIVISIONI
99 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views