Pesce crudo sulle tavole di Natale: l’esperta spiega quali sono i cibi più rischiosi e a cosa stare attenti

Il pesce è grande protagonista sulle tavole degli italiani a Natale: la sera della Vigilia per il cenone e al tradizionale pranzo del 25 dicembre spopolano salmone, vongole, gamberi, calamari, seppie, baccalà e chi più ne ha più ne metta. Le preparazioni variano da regione a regione, dalla zuppa alla frittura, ma sono le crudité ad andare per la maggiore. Col pesce crudo aumenta il rischio di epatite A, una forma virale che si trasmette per via alimentare che non ha nulla a che vedere con altre forme: epatite B e C, infatti, non si trasmettono con il cibo. La cottura completa è l'unico modo per eliminare il virus da questi alimenti, virus che si trasmette col consumo di alimenti contaminati e col contatto con persone infette. In Italia la malattia non ha una grande incidenza: riguarda più Africa, Sud Est Asiatico, Sud America. I molluschio provenientin da acque inquinate sono i più a rischio, perché sono quelli che filtrano grandi quantità di acqua quindi possono accumulare il virus nei loro tessuti. A Fanpage.it la dott.ssa Federica Invernizzi, responsabile di Epatologia Medica e coordinatrice clinica del progetto Genos presso l'Ospedale San Raffaele, ha fatto chiarezza su questa malattia.
Che legame c'è tra epatite A e pesce crudo?
L'epatite A è un'infezione che interessa il fegato a trasmissione oro-fecale, quindi attraverso l’assunzione di alimenti o acqua contaminati, oppure dopo una manipolazione di questi stessi alimenti da parte di mani infette. Si verifica in situazioni di scarso igiene: una persona infetta se va in bagno e non si lava le mani la può trasmettere. I prodotti più a rischio sono i frutti di mare crudi o poco cotti, in particolare le ostriche, i crostacei e molluschi, questi sono considerati filtratori: sono quelli più a rischio di trasmettere l'epatite A.
Riguarda solo il pesce crudo il rischio?
No, non solo pesce crudo. In verità anche la frutta e la verdura crude sono se state lavate male o con acqua infetta ci possono trasmettere la malattia. Nei Paesi in via di sviluppo consigliano di non bere le bibite col ghiaccio e di lavarsi i denti con l'acqua della bottiglia, non quella del rubinetto perché sono tutti dei veicoli di infezione.
Quali sono i sintomi?
I sintomi non compaiono subito né dopo poche ore: non è una tossi-infezione alimentare, ha un'incubazione più lenta, è la grande differenza con le tossine delle infezioni alimentari. Ci sono circa 2/6 settimane di incubazione in media e i sintomi sono in verità molto aspecifici, perché spesso sono quelli di una qualsiasi influenza: febbre e dolori addominali, a volte nausea, un po' di stanchezza. Oppure ci sono pazienti che sono asintomatici. Quindi può essere asintomatica, sintomatica con dei sintomi assolutamente aspecifici tipo l'influenza oppure a volte può dare sintomi un po' più specifici dell'epatite come ittero, quindi pelle e occhi gialli, urine scure e feci chiare. In una percentuale bassissima, ma non pari a zero, può essere grave o addirittura fulminante e portare, in casi estremamente rari, alla necessità di trapianto di fegato. Quindi anche se rarissimi, esistono casi in cui l'infezione può essere molto grave. Ovviamente il rischio di un'infezione grave è maggiore nelle persone più anziane o che hanno patologie concomitanti o che già presentano una malattia al fegato. I sintomi durano pochi giorni. La possibilità di contagiare dipende, ma è all'incirca è due settimane, anche in assenza di sintomi.
Esiste un vaccino?
Esiste un vaccino molto sicuro e efficace che dura circa 20 anni e copre dall'infezione. È consigliato soprattutto a chi viaggia spesso in Paesi a rischio, chi lavora nella ristorazione, chi ha già delle malattie fegatoresistenti oppure chi ama particolarmente mangiare ostriche e pesce crudo. Sono più esposti al rischio. Poi in verità chi ha contratto l'infezione ha comunque la possibilità di fare il vaccino post infezione, ma solo se viene diagnosticata entro 14 giorni dall'esposizione. Invece chi prende una volta l'epatite non la prende una seconda volta: è un'autovaccinazione.
Come ci si può tutelare nella quotidianità, al di là del vaccino?
Nei Paesi dove è frequente l'infezione, quindi i Paesi in via di sviluppo, è fondamentale utilizzare le norme che sono scritte ovunque, quindi non bere a bibite col ghiaccio, non bere l'acqua del rubinetto, non mangiare verdura cruda o frutta cruda o molluschi, idi cui non si sa la provenienza. Nella nostra quotidianità bisogna cercare di mangiare del pesce crudo solo in posti sicuri, consigliati, chiedendo se il pesce è stato abbattuto, leggendo le etichette. Se si è in dubbio meglio mangiare cose cotte.
Come comportarsi se c'è infezione in corso?
Chi ha l'infezione deve stare molto attento nella quotidianità domestica, per cui se è possibile utilizzare un bagno isolato, disinfettare bene ogni volta che la persona è andata in bagno, evitare di manipolare cibo, lavare spesso le mani, meglio utilizzare guanti, non utilizzare lo stesso bicchiere, non assaggiare il cibo dal piatto comune o scambiarsi le posate.