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La nostalgia combatte il dolore: lo psicologo spiega l’effetto analgesico che hanno i ricordi

Una foto d’infanzia, una canzone che ci rievoca un amore passato, possono avere un effetto analgesico sul dolore fisico, a dimostrarlo uno studio che arriva dalla Cina. Lo abbiamo commentato con il neuropsicologo Iannoccari.
Intervista a Prof. Giuseppe Iannoccari
Neuropsicologo, docente di Scienze Umane all'Università Statale di Milano e Presidente dell'associazione Assomensana
A cura di Francesca Parlato
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Nostalgia canaglia? Non per forza. Uno studio da poco pubblicato sul Journal Of Neuroscience ha infatti appena dimostrato l'effetto positivo che può indurre un ricordo, una fotografia, una canzone, un profumo, sul dolore fisico, attenuandolo e lenendolo. I risultati arrivano da una ricerca dell'Accademia Cinese delle Scienze in cui gli studiosi hanno mostrato a un gruppo di persone due album fotografici, uno che conteneva scatti legati all'infanzia delle persone coinvolte nello studio, immagini che ritraevano il cortile della loro scuola ad esempio, oppure dei giochi o dei cibi della loro giovinezza, mentre l'altro album raccoglieva foto slegate dall'infanzia o dalla storia dei volontari, e non in grado di scatenare la nostalgia di chi le guardava. Mentre sfogliavano questi album il campione era contemporaneamente sottoposto a degli stimoli dolorosi (il contatto con un oggetto caldo) e i ricercatori hanno rilevato che guardando le foto che suscitavano nostalgia le persone percepivano meno intensamente il dolore e hanno registrato con l'ausilio della risonanza magnetica l'aumento di attività del talamo e una riduzione dell'attività dei centri del dolore. "È una sorta di interferenza : come quando avviciniamo un telefonino a un televisore con il tubo catodico: vediamo tutto grigio, sullo schermo appaiono delle righe – spiega a Fanpage.it il professor Giuseppe Iannoccari, neuropsicologo – La rievocazione di un momento del passato piacevole, attraverso una foto, in questo caso, va a mitigare il segnale dolorifico che il cervello percepisce". 

La nostalgia che lenisce il dolore

Dell'effetto positivo dei bei ricordi sul dolore esistevano già diverse prove, la novità di questo studio consiste nell'identificazione delle zone del cervello interessate. "Pensiamo a una persona che si trova in coma: i parenti e gli amici provano a rievocare in lui memorie del passato, gli fanno ascoltare le musiche che amava, si cerca di suscitare nella persona una coloritura emotiva utile ad allietarlo e a dargli un'impronta positiva. Oggi questo studio ci fa capire che questa rievocazione nostalgica ha proprio dei benefici sulla percezione del dolore". Al centro di questo meccanismo analgesico c'è una particolare zona del cervello: il talamo. "È un crocevia, dove passano questi segnali: una sorta di crogiolo dove arrivano e vengono filtrate ed eventualmente anche bloccate se causa di dispiacere, le esperienze dal mondo esterno. Immaginiamolo come una sorta di vigile che in base alle esperienze pregresse e acquisite, valuta e giudica se una data informazione deve essere rilanciata o inibita". 

Il pensiero positivo per attenuare le sofferenze

Quello che è stato dimostrato scientificamente è in realtà anche un po' quello che facciamo tutti i giorni quando ci troviamo a vivere situazioni particolarmente stressanti o di tensione. "Dopo un momento di forte stress cerchiamo di indurci dei pensieri positivi, rievocare dei momenti di piacere. E anche quando ci facciamo male fisicamente tendiamo a spostare l'attenzione dal focus del dolore a qualcosa che ci possa rendere felici. Fino ad oggi lo abbiamo fatto per esperienza, ora sappiamo che esiste un fondamento e sappiamo anche quale area del cervello è interessata". Ma non è solo la nostalgia a provocare delle reazioni importanti nel nostro cervello. "Pensiamo a quando proviamo una grande emozione per una persona che amiamo, in alcuni casi trasfiguriamo completamente la realtà, in altri casi il cervello si attiva e aumentano le nostre capacità mnemoniche. E questo avviene perché il centro di elaborazione delle emozioni, l'amigdala, è attaccata all'ippocampo, che è la struttura del cervello deputata proprio a registrare le memorie a lungo termine". Se dovessero arrivare ulteriori conferme del nesso tra nostalgia e talamo e riduzione del dolore, probabilmente, secondo Iannoccari, si potrebbe agire su tre livelli diversi. "Da un lato ogni individuo potrebbe provare contrastare i propri dolori e le proprie difficoltà rievocando dei momenti felici del passato. Poi si potrebbe inserire questa ‘terapia' all'interno di un trattamento ad esempio riabilitativo, all'interno di situazioni che possano far sperimentare al paziente una quota emotiva di segno positivo. E infine nelle fasi acute, come quella citata prima del coma: in questo caso non si tratterebbe più di un'intuizione del familiare, ma questo tipo di esperienza potrebbe diventare un vero e proprio intervento strutturato da affiancare alle terapie tradizionali". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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