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Come proteggere la pelle d’inverno, il dermatologo: “Anche il riscaldamento domestico causa stress cutaneo”

Il prof. Santo Raffaele Mercuri ha spiegato a Fanpage.it quali sono i fattori maggiori di stress per la pelle durante l’inverno e quali sono le buone pratiche per correre ai ripari.
Intervista a Prof. Santo Raffaele Mercuri
primario dell'Unità di Dermatologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
A cura di Giusy Dente
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Si pensa sempre che d'inverno siano il freddo e il vento a causare i danni maggiori alla pelle. In realtà spesso si sottovaluta quanto incidano i riscaldamenti domestici e gli sbalzi termici tra interno ed esterno. Anche questi causano stress cutaneo, che peggiora soprattutto quando ci sono pregresse problematiche come psoriasi o rosacea. Alcune patologie, infatti, tendono ad aggravarsi in questo periodo dell'anno. L'esperto ha fornito a Fanpage.it alcune dritte per tenere la situazione sotto controllo e proteggere la pelle con alcune buone pratiche, a partire dalla detersione fino ad alcuni gesti quotidiani che possono fare la differenza.

Quali agenti esterni agiscono sulla pelle d'inverno?

In inverno sulla pelle agiscono insieme tre principali effetti che si sommano. Il primo è il freddo, che abbassa la temperatura cutanea e attiva una vasocostrizione riflessa: il flusso di sangue in superficie diminuisce per limitare la dispersione di calore. Questo è un meccanismo fisiologico normale, ma rende la cute più reattiva, perché la superficie cutanea tende a diventare più fragile e meno efficiente nel ripararsi quando è stressata da fattori esterni. Il secondo effetto è l’aria secca, che in inverno è molto comune sia fuori (aria fredda con bassa umidità) sia dentro casa (riscaldamenti che abbassano ulteriormente l’umidità relativa). In queste condizioni lo strato corneo perde idratazione, si altera la funzione di barriera e la pelle diventa più vulnerabile: tira, si desquama, si screpola e brucia più facilmente, e soprattutto lascia passare con maggiore facilità irritanti, detergenti e agenti esterni. In letteratura è ben descritto che bassa umidità e basse temperature peggiorano la performance della barriera cutanea e aumentano la suscettibilità allo stress meccanico e alla dermatite irritativa. Il terzo effetto è il vento, che agisce come amplificatore: aumenta la dispersione di calore (wind chill) e accelera l’evaporazione superficiale, quindi asciuga più rapidamente la cute
già “in deficit” di barriera. Inoltre, soprattutto su volto e mani, il vento aggiunge una componente di micro-trauma meccanico, che su una barriera già indebolita si traduce in arrossamento, bruciore e irritazione più marcati.

Quindi come proteggere la pelle in inverno, da tutto questo?

In inverno l’obiettivo principale è mantenere efficiente la barriera cutanea, perché freddo, vento e aria secca (soprattutto negli ambienti riscaldati) facilitano disidratazione e irritazione. La strategia più efficace, anche secondo le raccomandazioni dermatologiche europee è semplificare: detersione delicata e idratazione regolare.

Come si procede con una giusta detersione?

Per la detersione, il punto non è lavarsi meno, ma lavarsi meglio: docce brevi, acqua tiepida e detergenti non aggressivi. L’acqua troppo calda e i prodotti molto sgrassanti, specie se usati spesso, rimuovono lipidi di superficie e peggiorano secchezza e prurito. Subito dopo il lavaggio conviene passare all’idratazione, idealmente quando la pelle è ancora leggermente umida e poi asciugata tamponando: applicare un emolliente in questa fase aiuta a trattenere l’acqua e a ridurre la perdita di idratazione nelle ore successive. In inverno, per molte persone risultano più efficaci creme più ricche o unguenti nelle zone molto secche e screpolate, mentre sul viso si può scegliere una texture più leggera se si è a tendenza acneica o se si tollerano poco i prodotti molto occlusivi.

Per mani e labbra invece?

Per mani e labbra vale una regola pratica: protezione e ripetizione. Le mani peggiorano perché sommano freddo, lavaggi frequenti e detergenti; quindi serve mettere crema con più costanza, dopo ogni lavaggio quando possibile, e usare guanti all’aperto e durante le pulizie domestiche per ridurre contatto con acqua e irritanti. Le labbra, invece, beneficiano di prodotti protettivi semplici e occlusivi, da riapplicare più volte e se si sta all’aperto a lungo (soprattutto in montagna) ha senso usare anche un prodotto con filtro UV. Infatti è importante ricordare che la fotoprotezione non è solo estiva. In montagna tra altitudine e riflessione sulla neve l’esposizione ai raggi UV può essere significativa anche d’inverno. In questi contesti, protezione solare e misure fisiche (occhiali, cappello, coperture) non sono un dettaglio cosmetico, ma prevenzione.

Ma le interferenze vengono solo dall'esterno?

No, un aspetto clinicamente molto rilevante è che il paziente spesso attribuisce tutto al freddo esterno, ma la combinazione più sfavorevole è spesso lo zig zag quotidiano tra esterno freddo e secco e interno caldo e secco: questi sbalzi, ripetuti più volte al giorno, mantengono la barriera in una condizione di stress costante e spiegano perché molte persone peggiorano proprio nei mesi di riscaldamento domestico. L’ambiente fa la sua parte: riscaldamenti e aria secca possono mantenere la barriera cutanea in stress continuo, quindi non è raro che la pelle vada in crisi più per la vita indoor che per il freddo in sé. Migliorare l’umidità ambientale e limitare gli sbalzi termici molto bruschi aiuta molte persone con secchezza e prurito recidivanti.

Il freddo causa o aggrava alcune patologie della pelle?

Sì, e nella pratica clinica lo fa soprattutto in due modi: indebolendo la barriera cutanea (quindi favorendo secchezza e irritazione) e agendo come trigger vascolare o immunologico in soggetti predisposti. Il gruppo più frequente è quello dei disturbi da barriera. In inverno la combinazione di aria fredda, bassa umidità e riscaldamenti indoor aumenta la perdita d’acqua dalla pelle e riduce l’efficienza dello strato corneo. Il risultato è xerosi più intensa, prurito invernale, fissurazioni e il classico eczema asteatosico, con pelle che tira, desquama e brucia. In chi ha una base atopica, tutto questo può tradursi in riacutizzazioni della dermatite atopica. Sulle mani, poi, il freddo si somma a lavaggi frequenti, detergenti e disinfettanti: l’eczema delle mani è uno dei quadri che più facilmente peggiora o recidiva nei mesi freddi, proprio perché la barriera si rompe e l’irritazione diventa cronica. Il secondo gruppo è quello delle condizioni legate alla risposta dei vasi al freddo. I geloni (perniosi) sono un esempio tipico: lesioni rossastre o violacee, dolenti o pruriginose, su dita di mani e piedi, spesso dopo esposizione a freddo e umidità e successivo riscaldamento. Sono spesso benigni e autolimitanti, ma in alcuni casi possono essere la spia di condizioni sistemiche e vanno inquadrati se ricorrenti, atipici o severi. In modo diverso, il fenomeno di Raynaud è un vasospasmo episodico scatenato dal freddo (o dallo stress), con dita che cambiano colore e possono dare dolore o parestesie; anche qui, nella maggior parte dei casi è primario e gestibile con misure comportamentali, ma se compaiono ulcerazioni, dolore importante o asimmetrie serve un approfondimento per escludere forme secondarie. Un terzo capitolo è quello delle allergie fisiche o, più correttamente, delle orticarie inducibili. L’orticaria da freddo può dare pomfi o angioedema dopo contatto con aria o acqua fredda. Di solito resta localizzata, ma l’esposizione intensa, per esempio immersione in acqua fredda, può provocare reazioni più diffuse e, in soggetti a rischio, anche sistemiche. Questo è il motivo per cui, se un paziente riferisce reazioni al freddo, non va banalizzato: è utile una diagnosi corretta e indicazioni di prevenzione.

Che succede in caso di psoriasi e rosacea?

Alcune patologie infiammatorie croniche possono avere una componente stagionale o essere più capricciose in inverno. Nella psoriasi molti pazienti riferiscono peggioramento nei mesi freddi, spesso attribuibile a minore esposizione ai raggi UV, secchezza cutanea e fattori ambientali; va però detto con onestà che esistono sottogruppi con andamento diverso, quindi l’effetto stagione non è uguale per tutti. Nella rosacea, invece, freddo, vento e soprattutto sbalzi termici (passare dal freddo esterno al caldo interno) sono trigger classici di flushing, bruciore e arrossamento persistente in soggetti predisposti.

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