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Uno dei ladri del furto milionario a casa Donnarumma si è suicidato in carcere dopo mesi di torture

Il suo decesso nasconde uno scenario inquietante ricostruito dagli inquirenti, un nuovo tipo di organizzazione criminale gestita da giovani ventenni che agiscono in maniera spietata.
A cura di Maurizio De Santis
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Estate 2023, Gianluigi Donnarumma e la compagna, Alessia Elefante, sono vittime di una rapina violenta subita in casa: vengono legati, percossi e minacciati con un coltello ("ero impotente, pensavo ad Alessia", disse il giocatore), depredati di circa mezzo milione di euro. Maggio 2024, uno degli autori del colpo, il 21enne Seyni, viene trovato suicida in carcere. Il suo decesso nasconde uno scenario inquietante ricostruito dagli inquirenti, un nuovo tipo di organizzazione criminale gestita da giovani ventenni, che utilizza (anche) i social media per reclutare manovalanza, ragazzi dalla storia familiare complessa, che hanno bisogno di soldi, hanno accumulato debiti e per questo sono facili da assoldare o da ricattare. Carne da macello, espressione molto forte ma che rende bene l'idea di come siano trattati i giovani che da quella spirale cruenta possono uscire in un solo modo: con la morte. Eliminati quando non servono più, se osano alzare la testa o reclamare qualcosa in più. Uccisi o indotti a togliersi la vita prima ancora possano minacciare di spifferare tutto o ci sia solo il sospetto di tradimento.

Chi sono Ganito e Kiki, i presunti ideatori della rapina in casa Donnarumma

A distanza di due anni dal colpo fatto nell'abitazione del portiere italiano (allora al PSG), i due presunti ideatori di quel piano sono stati definitivamente identificati dalla divisione specializzata di agenti: è la Brigata Anti-gang che opera nella capitale francese. "Ganito" e "Kiki", Ilyas K. e Khyan M., rispettivamente di 20 e 21 anni, sono i due giovani formalmente incriminati il ​​27 novembre (ne dà menzione il quotidiano Le Parisien) e già in carcere per reati simili al momento della notifica dell'arresto. Agivano direttamente dalle loro celle, tali sono la rete di contatti e la promiscuità di traffici indiscriminati con i quali alimentano il loro "business". A conferma di ciò la polizia ha reperito comunicazioni che dimostrano che erano conoscenza dei fatti in tempo reale.

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La crudeltà dei metodi è l'aspetto più inquietante della vicenda che, poco alla volta, è stata portata alla luce. Secondo gli investigatori sarebbero stati loro a spingere Seyni al suicidio sottoponendolo a una serie di vessazioni iniziate già dopo la rapina a Donnarumma (quando il ragazzo era ancora libero, venne perseguitato, rapito e torturato) e poi divenute più pressanti in carcere fino a quando non ha deciso di farla finita.

I metodi di reclutamento dell'organizzazione criminale

Seyni, che aveva precedenti penali per traffico di droga e altri reati, aveva contratto un debito per l'acquisto di una moto da cross. A causa di quei soldi da riscuotere i delinquenti sono riusciti a tenerlo stretto tra le grinfie, obbligandolo a pagare in natura… seguendo i loro ordini: per saldare quel prestito doveva compiere la rapina in casa del calciatore. Agì insieme ad altri complici: lui fece da autista e da palo, gli altri fecero razzia all'interno dell'appartamento di Donnarumma portando via beni per circa mezzo milione di euro. A missione compiuta, però, Seyni non fu libero. Anzi, la sua figura divenne scomoda: gli andava tappata la bocca per impedirgli di raccontare tutto alla polizia in caso di arresto.

L'inchiesta ha successivamente rivelato che i mandanti del crimine, una volta dietro le sbarre, lo hanno sottoposto a sevizie fisiche e gravissime torture psicologiche. Il 10 maggio 2024, nella cella 235 del penitenziario di Fresnes (nel dipartimento della Valle della Marna nella regione dell'Île-de-France), il corpo senza vita di Seyni è rinvenuto appeso alle sbarre della finestra.

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