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Spalletti mandato ad annunciare il suo licenziamento prima dell’ultimo giorno di lavoro è surreale

La conferenza stampa del ct, che comunica il licenziamento ma sarà ugualmente in panchina con la Moldavia, spiega bene cosa siamo diventati. Non si è mai visto che un allenatore si presenti ai giornalisti per annunciare l’esonero.
A cura di Maurizio De Santis
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Luciano Spalletti esonerato dalla Nazionale e lasciato solo in conferenza stampa ad annunciare il suo licenziamento prima dell'ultimo giorno di lavoro dà l'esatta dimensione di cosa siamo diventati. Dove può mai sperare di andare un calcio governato da una Federazione che, oltre a un atto del genere, domani sera, in una sfida già delicata con la Moldavia (ahinoi… e vien da ridere per non piangere), manda in panchina un allenatore destituito e non ha nemmeno il coraggio e il buon gusto di metterci la faccia? Dov'era il presidente della FIGC, Gabriele Gravina? Perché, dopo aver trovato il tempo per il colloquio e dare il benservito all'allenatore, non ne ha ricavato anche un po' per prendere, lui sì, la responsabilità di comunicare l'interruzione del rapporto?

Non si è mai visto che un tecnico si presenti ai giornalisti per comunicare di essere stato sollevato dall'incarico. Fosse stato dimissionario, sarebbe stato diverso e la scelta anche comprensibile, ma questo non avrebbe certo dispensato chi di dovere dall'essere presente, sia pure per obblighi istituzionali. Del resto, gli ultimi a compiere un atto simile, dopo aver incassato una brutta batosta, furono l'ex ct Cesare Prandelli e l'ex presidente federale, Giancarlo Abete. Lo fecero dopo l'eliminazione dell'Italia ai gironi del Mondiale di Brasile 2014. Gli ultimi che gli Azzurri hanno giocato. Nemmeno dopo gli ultimi Europei 2024 finiti malissimo si mosse foglia. Sono trascorsi 11 anni (tra cui Russia 2018 e Qatar 2022) e c'è il rischio ne debbano passare anche di più per rivedere il nome della Nazionale tra le partecipanti alla Coppa del Mondo.

Spalletti era visibilmente commosso ed è umanamente comprensibile: come capita quando le cose vanno male, a pagare è sempre l'allenatore per primo. È inevitabile che accada dopo la figuraccia con la Svizzera a Euro 2024, una Nations League che la Germania contro di noi è sembrata giocare in ciabatte e una qualificazione al Mondiale subito compromessa. Chi governa il nostro calcio e i presidenti dei club che hanno dato i consensi dovrebbero fare profonde riflessioni sullo stato comatoso dell'intero movimento.

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Gravina è stato rieletto a febbraio con una percentuale bulgara: il 98,7% dei voti. Perché dovrebbe pensare alle dimissioni con un consenso di questo tipo? Servirebbero uomini veri che, alla luce del sole, abbiano programmi altrettanto seri e possibili (non da libro dei sogni), i numeri per invocare sfiducia e poi averne altrettanti per farsi eleggere. Tutto il resto è solo inutile chiacchiericcio che alimenta confusione.

La generazione nata negli Anni Settanta ha qualcosa di epico da raccontare per l'impresa Mundial in Spagna e la voce storica di Nando Martellini che urlò "campioni del mondo!" per tre volte. I nati nel Duemila a stento ricordano se in Brasile c'eravamo e quali fossero i nostri calciatori, almeno quelli simbolo. Hanno gioito per una vittoria episodica e scritta nelle stelle agli Europei 2021, in piena era Covid. Null'altro. Qualcosa di assurdo ma tremendamente reale. E non sorprende che gli adolescenti ma anche gli adulti (alzi la mano chi nel giorno di Norvegia-Italia a una certo punto, anche solo per sdegno, non abbia preferito vedere Jannik triturare Djokovic) ormai si appassionino a discipline e idoli nei quali si identificano e ai quali si sentono più vicini. Proprio come Sinner. Chi altro?

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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