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Spalletti: “De Laurentiis non chiamò nessuno dopo lo Scudetto del Napoli. Poi mi mandò una lettera”

Luciano Spalletti all’interno del suo libro racconta il suo rapporto con il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis: “Non telefonò la sera che vincemmo il campionato. Né all’allenatore, né ai giocatori, né al direttore, né al team manager. Non telefonò a nessuno”.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Il Napoli sta vivendo un finale di stagione che tutti i tifosi partenopei si augurano possa terminare come l'annata 2022/2023 quando gli azzurri festeggiarono la conquista del loro terzo Scudetto della storia. Il primo tricolore dell'era De Laurentiis con Luciano Spalletti come allenatore. Proprio l'attuale Ct dell'Italia ha parlato di quel periodo all'interno del suo libro: ‘Il Paradiso esiste…ma quanta fatica'. Ci sono scenari inediti di quella stagione. Su tutti proprio il rapporto, spesso controverso, con lo stesso De Laurentiis con cui poi si è consumato il divorzio.

"Sono andato via perché non avevo più la voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, a cui la città deve tanto, ma con un ego molto, forse troppo grande. Aurelio De Laurentiis – Spalletti si spiega -. Il presidente era quello che metteva la ceralacca sulle cose, su tutto, che certificava se una scelta era giusta o meno. Ero stanco di fare battaglie per ogni questione". E poi racconta un retroscena relativo alla vittoria dello Scudetto del Napoli sul campo dell'Udinese: "Non telefonò a nessuno, né calciatori, né allenatore, né direttore, né team manager.

Spalletti e De Laurentiis durante le celebrazioni per lo Scudetto del Napoli.
Spalletti e De Laurentiis durante le celebrazioni per lo Scudetto del Napoli.

La mancata telefonata di De Laurentiis a Spalletti dopo lo Scudetto

Spalletti racconta cosa accadde: "L’eccesso di riservatezza lo indusse a non farsi vivo nemmeno con una telefonata per condividere se non altro l’impresa, mentre la città intera impazziva di gioia – spiega -. Non telefonò la sera che vincemmo il campionato. Né all’allenatore, né ai giocatori, né al direttore, né al team manager. Non telefonò a nessuno. Troppo impegnato a giocare la sua partita personale sul prato festante del Maradona. Tutte quelle sterzate nel giro di campo in solitaria lo avevano distrutto. Telefonò il giorno dopo, perché aveva programmato di farci atterrare all’aeroporto militare di Grazzanise anziché a Capodichino".

Insomma, tutto fa capire che il rapporto non fosse proprio idilliaco: "In tutta la mia storia a Napoli, ho giocato due partite contemporanee: quella con gli avversari e l’altra con il presidente. Un confronto costante, spesso al confine dello scontro. […] La stagione dello scudetto, alla vigilia di una partita difficile, il presidente mi scrisse, secondo lui per motivarmi: ‘Puoi andare dodici punti da solo in testa, carica i ragazzi!'. Aveva aperto il rubinetto dell’acqua calda. Gli risposi: ‘Grazie del prezioso consiglio, presidente, ne terrò conto'". 

Spalletti con De Laurentiis all'arrivo al Napoli.
Spalletti con De Laurentiis all'arrivo al Napoli.

Il silenzio di De Laurentiis però per Spalletti fu una sorta di fortuna: "Il suo eroico silenzio, la sua scelta di non parlare con i media, fece il paio con la mia di vivere come un monaco nel rifugio di Castel Volturno. Due uomini molto diversi che facevano il loro voto di castità alla causa del Napoli. Ognuno a modo suo. Forse, devo immaginare, fu quella stessa ritrosia, quella stessa voglia di non figurare da protagonista, che lo spinse a non farsi sentire la sera dello scudetto". Poi arriva una strana lettera scritta a mano.

Il racconto di Spalletti sulla lettera che gli è stata recapitata da De Laurentiis

Spalletti fa sapere che sarebbe rimasto se ci fosse stato più rispetto umano. "Qualche tempo dopo, il presidente mi fece recapitare dal nuovo direttore del centro di Castel Volturno assunto da poco, che io quasi non conoscevo, una sua lettera scritta a mano. Esauriti in una riga e mezzo i formali complimenti per lo scudetto, mi sottoponeva la necessità di attenermi al contratto, rispettando il suo prolungamento automatico per un altro anno. C’era un’opzione che gli riconosceva il diritto unilaterale di avvalersene. Lui, alla firma del contratto, si era fissato che voleva fare due anni più due di opzione. A fatica ero riuscito a levargli un anno di opzione. Nel suo entusiasmo congenito che, a volte, sconfina nell’eccessiva sicurezza di sé, al presidente viene facile dimenticare che, dietro i contratti, non ci sono solo dei dipendenti ma degli uomini".

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