Serie A, Gravina: “Il 17 maggio pronti a ripartire. Giocare fino a ottobre? Un’ipotesi”
Non passa giorno che il calcio non sciorini date, ipotesi, programmi virtuali e calendari. Senza cognizione di causa vista l'emergenza persistente a livello sanitario e la consapevolezza che solamente il virus dirà quando e se poter ripartire. Eppure, dai vertici del calcio nostrano arrivano dichiarazioni che indicano scadenze, ‘deadline', priorità e ripartenze. Spesso, però, sconfessando quanto detto qualche giorno prima.
Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, è tornato a parlare di partite, ripresa del campionato, volontà di concludere la stagione interrotta bruscamente per il coronavirus. Legittimo e doveroso dare segnali di ripresa, anche solo per volontà d'intento, un po' meno creando confusione e aprendo contraddizioni di pensiero sull'argomento. Un giorno si parla di una deadline che non può superare i primi di agosto, un altro che si sfora in autunno, un altro ancora che la stagione potrebbe essere conclusa.
Chi decide è solamente il virus
Confusione. Linee guida differenti. Punti di vista equivoci. Il calcio ancora una volta rischia di perdere l'occasione di mostrare un intento unico, un filo conduttore di coerenza e compattezza che storicamente sono sempre mancati all'interno del Palazzo. Nemmeno il Covid-19 e la sua virulenza ha coeso le varie correnti interne. A ‘Rai Sport', il numero uno della Figc ha cambiato ancora rotta sull'argomento ‘ripartenza', ipotizzando adesso nuovi scenari.
La scadenza del 17 maggio
C'è una data, il 17 maggio. Gravina è chiaro nell'indicarla come punto di partenza per riaprire gli stadi, almeno ai giocatori. Per sottolineare subito dopo che si tratta però di una "ipotesi, nulla di concreto". Perchè "si sta ancora lavorando per gestire al meglio questa situazione". Dunque, non dipendendo dai vertici calcistici, quella data è al momento un semplice numero sul calendario. Un'idea, davanti alla quale provare a farsi trovare pronti, virus permettendo.
L'ultima ipotesi: giocare fino ad ottobre
Poi, il tema ‘stagione'. L'attuale campionato – e questo si è capito – dev'essere concluso ad ogni costo. Questa la volontà dei vertici del calcio. E su questo argomento, altro cortocircuito. Prima l'ammissione che non può invadere la stagione successiva, dove gli impegni sono molteplici (con Europei e Olimpiadi), poi la consapevolezza dell'impossibilità di ripartire se non ci sono le condizioni sanitarie sufficienti. Adesso, nuove scadenze: "L’unico modo serio di gestire un’emergenza seria di questo tipo è quello che dobbiamo comunque chiudere le competizioni della stagione 2019-2020. Sforare in autunno? Una modalità per evitare di compromettere nulla".