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Sarri ha “fatto il fenomeno” con Ronaldo ma un campione-brand va gestito diversamente

Maurizio Sarri è stato coraggioso nel sostituire Cristiano Ronaldo? Sì. D’impulso prevale la visione romantica dell’uomo di campo che, in tuta, sfida il calcio business ma ha mostrato le pecche di un allenatore che ancora non ha realizzato cosa significa sedere sulla panchina di un’azienda e non di una squadra normale. E non può essere sottaciuta la poca attenzione alle sfumature nella gestione di alcuni atleti che sono un po’ al di sopra delle ‘semplici’ figure da spogliatoio.
A cura di Maurizio De Santis
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Non è in discussione che Maurizio Sarri abbia fatto bene a sostituire Cristiano Ronaldo e nemmeno che lui, campione che ha vinto tutto a livello personale e di club, non debba assumere atteggiamenti indispettiti e poco professionali. Ha sbagliato? Sì. Ha mancato di rispetto? Sì. Il bene della squadra viene prima di ogni altra cosa? Sì. Però c'è un altro aspetto della vicenda che non può essere sottaciuto: la gestione di un calciatore come il portoghese che, piaccia o meno, non è come gli altri.

D'impulso prevale la visione romantica dell'uomo di campo che, in tuta, sfida il calcio business e lo riconduce entro il recinto del rettangolo verde, delle scelte prese per un obiettivo comune che vengono prima dei singoli, del tecnico di polso che se ne frega del conto in banca e della ribalta mediatica e assume decisioni forti, impopolari e ne esce rafforzato quando il giocatore va via col broncio dallo stadio. Così come d'impulso – a pensar male nel fare il controcanto rispetto al grancassa scatenatasi contro l'atleta straricco, straviziato e presuntuoso – viene da credere che lo stesso Sarri abbia voluto fare il fenomeno mostrando così a tutti che ha saldamente in pugno le redini della Juventus e del gruppo, che non guarda in faccia a nessuno, che può permettersi anche gesti del genere perché – fortuna sua – le alternative non gli mancano e gli è andata bene tanto a Mosca (in Champions, contro la Lokomotiv) quanto col Milan.

Maurizio Sarri è stato coraggioso nel sostituire Cristiano Ronaldo? Sì ma ha mostrato le pecche di un allenatore che ancora non ha realizzato cosa significa sedere sulla panchina di un'azienda e non di una squadra normale. E non può passare inosservata la poca attenzione alle sfumature nella gestione di giocatori che sono un po' al di sopra delle ‘semplici' figure da spogliatoio. Non che CR7 abbia più diritti degli altri compagni di squadra, che gli vada perdonato e concesso tutto a prescindere ma il peso di cinque Palloni d'Oro, dei titoli conquistati in carriera a livello personale e di club, del brand e della forza d'impresa, meriterebbero un'attenzione diversa che un manager non può trascurare (perché se alleni la Juve non puoi essere solo un tecnico).

Se Cristiano Ronaldo – un campione che catalizza su di sé gioco e attenzione – non è in condizioni fisiche accettabili o, addirittura, corre il rischio di farsi del male (Sarri lo aveva chiarito anche nel post partita di Coppa con la Lokomotiv) allora prendi il coraggio a due mani e non lo convochi oppure non lo schieri in campo perché è giusto fare così. E lui accetta la panchina. Una scelta ampiamente condivisibile da allenatore che pensa al bene del gruppo e vuole preservare un campione per il futuro.

Se vedi che sta giocando male, al di sotto delle sue possibilità (che sono comunque al di sopra della media), è giusto cambiarlo ma forse è più giusto farlo nell'intervallo e non dopo nemmeno 10 minuti dall'inizio del secondo tempo. Sostituire un campione/brand sotto gli occhi di tutti e subito dopo un pallone perso oppure una giocata non riuscita è anche peggio per quel che ne consegue. Farlo nello spogliatoio, dove potrebbero esserci anche un confronto, una spiegazione eviterebbe la ribalta mediatica e non inficerebbe affatto il ruolo dell'allenatore. Anzi, ne uscirebbe ulteriormente rafforzato in autorevolezza.

Ultima considerazione dalla quale non si può prescindere. L'arrivo di Cristiano Ronaldo in Italia e a Torino ha portato con sé in dote nelle casse della Juventus un bel po' di ricavi tra botteghino e introiti commerciali, ha spinto Adidas e Jeep ad aumentare il valore economico della partnership, su di lui il club ha costruito un piano di sviluppo a lungo termine entrando in un'altra dimensione sportiva e d'azienda, accettando il rischio d'impresa attuale. Ecco perché non potrà mai essere uno come gli altri e nel gestirlo va usato un tatto diverso. Anche nel sostituirlo. Ed ecco perché, forse, l'ex Real s'è innervosito.

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