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Perché Spalletti ha cambiato idea e allenerà la Juve anche se disse “dopo Napoli mai più in Italia”

Le condizioni del contratto proposte dalla Juve e accettate dal tecnico ribadiscono la fortissima volontà dell’ex ct di “rimettere un po’ di cose a posto” dopo la cocente delusione in Nazionale.
A cura di Maurizio De Santis
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Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea nella vita. E se il contesto è quello del calcio è addirittura folle sbilanciarsi troppo con frasi del tipo "mai con quella maglia" oppure "mai con quella squadra". Oggi che Luciano Spalletti è pronto a tornare in Serie A da tecnico della Juventus quelle frasi confessate in diretta tv, a Che tempo che fa, tornano di stretta attualità e sono messe in secondo piano perché fortissima è la volontà dell'ex ct di trovare in Serie A quel balsamo che lenisce la cocente delusione patita in Nazionale. Inebriato dalla vittoria dello scudetto a Napoli, disse che quella in azzurro sarebbe stata l'ultima esperienza in un club e scelse di tatuarla sul braccio sinistro.

Quando Spalletti diceva: "Napoli ultimo club, difficile tornare da avversario"

Allora parlava (ancora) da commissario tecnico della Nazionale e si sentiva ben saldo sullo scranno poi i risultati (la sconfitta in Norvegia gli ha dato una bella spallata) e una decisione di palazzo gli hanno tolto la panchina, lasciandolo triste, solitario e finale nella conferenza stampa in cui ingoiò (anche) il boccone amaro di annunciare il proprio licenziamento oltre a restare ancora per una partita ma da esodato.

"Napoli ultima esperienza in un club? Napoli me la sono voluta tenere per ultima, per alcune dinamiche precise – le frasi risalenti allo scorso marzo –. Certo che non avrei mai potuto allenare un’altra squadra in Italia. Quando uno è stato in quel contesto lì, ha vissuto partite da allenatore e ha indossato la maglia di Maradona, diventa difficile tornare da avversario".

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Cosa gli ha fatto cambiare idea: "Ho bisogno di rimettere un po' di cose a posto"

Lo farà il 7 dicembre al Maradona, in occasione della 14ª giornata. Non è questione di coerenza ma di quel che prova dentro di sé l'uomo Spalletti pronto a rimettersi in gioco, a "sistemare un po' di cose" (come ammesso durante l'evento pubblicitario a Milano con Totti), a togliersi di dosso quella brutta sensazione di tristezza e ingiustizia che si porta dietro dall'esonero con l'Italia. Farlo a Torino, prendendo le redini di una squadra che s'è smarrita e ha bisogno di tornare grande, è sfida alla quale non si può dire di no. L'incarico di una big è occasione da prendere al volo, difficilmente gli capiterà a breve. Perché non coglierla? È un professionista, il calcio è il suo mestiere oltre che passione. E indossare i colori della Juve non significa certo rinnegare il passato. E poi mai dire mai, gli dei del pallone non amano questa perentorietà.

Le condizioni contrattuali accettate per allenare la Juventus

Le stesse condizioni accettate dimostrano quanto sia forte la determinazione del tecnico di Certaldo in tal senso: la Juve, che ha bisogno di tenere le mani libere poiché a libro paga ha già due allenatori (Thiago Motta e Igor Tudor), gli ha proposto un contratto fino al termine della stagione ma con un'opzione: se tutto andrà bene, se Spalletti riuscirà almeno a qualificarsi alla prossima edizione della Champions League (magari raggiungendo anche in playoff nel percorso di quest'anno) allora scatterà anche il rinnovo automatico. In buona sostanza, dovrà guadagnare la conferma sul campo e farlo con quel che passa il convento, senza troppi grilli per la testa sul mercato di gennaio.

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