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Perché l’Inter ha annullato la conferenza stampa di Conte (e non è un buon segnale)

Antonio Conte non parlerà in conferenza stampa alla vigilia della partita di campionato contro la Roma. Salvo nuovi cambi di programma, comparirà solo ai microfoni del canale tematico dell’Inter. Il motivo? È da ricercare nel momento che sta vivendo la società nonostante la conquista dello scudetto e per i dubbi sui piani futuri. A cominciare dalla permanenza del tecnico.
A cura di Maurizio De Santis
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Gli hanno messo la museruola per evitare che in conferenza rischiasse di creare altri imbarazzi. Antonio Conte non parlerà alla vigilia della partita di campionato con la Roma. La consueta conferenza stampa è stata annullata ma il tecnico comparirà ai microfoni del canale tematico dell'Inter. E sarà blindato. Sarà come leggere un discorso preconfezionato, calibrato in tutti i suoi aspetti, del tutto avulso dalla situazione contingente e dalle perplessità sul futuro che l'accompagnano. L'allenatore non correrà alcun pericolo né di ricevere domande indiscrete né di offrire risposte altrettanto scomode in questa fase abbastanza delicata per la linea di assoluta austerity adottata dalla società.

La richiesta fatta alla squadra – rispedita subito al mittente – è di rinunciare a un paio di mensilità. La mediazione dovrebbe portare a spalmare gli ingaggi dovuti sulle prossime stagioni così da perdere nulla come previsto dai contratti. Il punto, però, è un altro e s'intreccia con i dubbi espressi da Conte sulla sostenibilità del progetto nerazzurro dopo un biennio concluso con la conquista dello scudetto. L'ex ct della Nazionale ha già lanciato messaggi molto chiari al riguardo, questa volta ha preso l'argomento alla larga sottolineando anzitutto la bontà del suo lavoro che – complici i risultati – hanno permesso al club di avere oggi a disposizione una rosa dal valore di mercato lievitato in maniera esponenziale. "Vincere qui non è per tutti, ho affrontato difficoltà che non conoscevo", è la sintesi del pensiero che arriva all'acme quando scandisce "io porto aspettative e queste aspettative sono state rispettate".

In buona sostanza lui sì, è una garanzia di lavoro, attaccamento, professionalità: tutte qualità che si riverberano in campo. La società potrà essere all'altezza della sua ambizione? E soprattutto la vittoria del titolo – che mancava da dieci anni, la maggior parte dei quali monopolizzati dalla Juventus – rappresenta l'inizio di un ciclo oppure il piano di crescita si arresterà? È il succo del problema, l'oggetto della discussione che terrà banco nell'incontro tra la proprietà e l'allenatore. Per restare pretende che i programmi siano vincenti. È disposto anche ad accettare un sacrificio importante in rosa e quant'altro gli possa chiedere la dirigenza per esigenze di bilancio ma non intende metterci la faccia in caso di ridimensionamento.

L'intenzione della società è ridurre il costo del lavoro del 15% ma senza fare investimenti ulteriori e di un certo livello. Il ruolo di Conte è centrale nella vicenda. L'impatto di un suo addio – le offerte non mancherebbero di certo dall'Inghilterra o dalla Spagna qualora fosse libero da vincoli – rischierebbe di avere un effetto devastante nell'immediato con la possibilità che, in caso di offerte allettanti, alcuni dei calciatori più rappresentativi scelgano di lasciare la squadra. Meglio tacere allora, per non far danni.

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