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Pelé massacrato di falli assassini: non esistevano i cartellini, volevano toglierlo di mezzo

Non tutti sanno che negli anni in cui Pelé diventava una leggenda del calcio, i cartellini non esistevano. Le partite erano delle battaglie in cui spietati killer travestiti da calciatori cercavano in tutti i modi di toglierlo di mezzo con falli assassini. Poi ci fu la geniale invenzione: un uomo era fermo con la macchina ad un semaforo, sarebbe passato alla storia.
A cura di Paolo Fiorenza
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Di Pelé, della sua grandezza, delle sue meraviglie dispensate sui campi di calcio e di cui le immagini – a causa dell'epoca in cui ha giocato – non ci restituiscono appieno lo splendore, si è detto tutto nei giorni della sua scomparsa. Qualcosa però è il caso di aggiungerlo: il fuoriclasse brasiliano, morto a 82 anni lo scorso 29 dicembre in conseguenza di un tumore al colon, ha fatto tutto quello che ha fatto – arrivando ad essere l'unico giocatore nella storia del calcio a vincere tre Mondiali – dovendo affrontare non già avversari che in nome della sportività e del fairplay cercavano di fermarlo in guanti bianchi, ma una schiera di assaltatori all'arma bianca, cacciatori di ossa, bucanieri con la benda sull'occhio.

Erano spietati killer travestiti da calciatori, che senza mezzi termini spesso cercavano semplicemente di togliere di mezzo Pelé con falli assassini, che a rivederli adesso ci si chiede come fosse possibile che gli arbitri tollerassero interventi di quel tipo. Facile dirlo ora, con mille replay e niente che non possa essere censurato all'insegna del ‘no al gioco violento'. In quegli anni era tutto affidato agli occhi di arbitro e guardalinee (altro che VAR…) e peraltro non era neanche facile in campo applicare le sanzioni nei confronti di giocatori che erano abituati a vedersi spesso perdonare qualsiasi cosa che non fosse un colpo d'arma da fuoco.

Pelé era come un bersaglio mobile col numero 10 sulle spalle: solo la sua straordinaria velocità, elasticità e forza fisica, che si univano in maniera sublime alle sue doti tecniche, balistiche e di elevazione, gli consentirono di non avere infortuni tali da stroncargli la carriera. Il che rivedendo quei fallacci appare un mezzo miracolo. Per gran parte della sua carriera peraltro il brasiliano ha giocato in un calcio in cui non esistevano i cartellini e le sanzioni venivano comunicate soltanto verbalmente ai giocatori, con tutte le immaginabili conseguenze sia sul piano delle resistenze dei calciatori puniti, che su quello del caos che si poteva generare in campo e fuori, visto che gli spettatori restavano ignari di quello che accadeva all'interno del terreno di gioco. Era tutta acqua al mulino di chi aveva interesse a che il clima di violenza e intimidazione potesse prosperare ai danni di campioni come Pelé.

Pelé dolorante a terra: non c'era nessun rispetto per l'icona mondiale del calcio
Pelé dolorante a terra: non c'era nessun rispetto per l'icona mondiale del calcio

Ma quando e perché furono introdotti i cartellini gialli e rossi nel calcio? Il loro debutto avvenne al Mondiale messicano del 1970, il terzo vinto dal Brasile di Pelé, che all'epoca aveva 30 anni. Fu la partita piena di polemiche tra Inghilterra e Argentina a Wembley, nella precedente Coppa del Mondo del 1966, che portò qualcuno a ritenere che non si potesse più andare avanti in quel modo e fosse dunque necessario un cambiamento. Quel qualcuno fu l'arbitro inglese Ken Aston, che passerà alla storia del calcio come l'inventore dei cartellini.

Come spesso accade, le polemiche sono il catalizzatore delle innovazioni e quello che successe in quel match di quarti di finale dei Mondiali del '66 ebbe ripercussioni che avrebbero cambiato il calcio per sempre. Due furono gli episodi controversi che si verificarono, il più importante dei quali fu l'espulsione del capitano dell'Argentina Antonio Rattin, non a caso ancora oggi ricordato come una leggenda del Boca Juniors per il suo stile di gioco gladiatorio. L'arbitro Rudolf Kreitlein decise tuttavia di cacciarlo non per un fallaccio, ma per averlo insultato. Il direttore di gara tedesco peraltro non parlava una parola di spagnolo: cercò di fargli capire che era stato espulso e doveva uscire dal campo.

Il centrocampista argentino era tuttavia riluttante ad accettare la punizione. Una volta che gli fu comunicato finalmente che Kreitlein lo aveva espulso – con l'aiuto del capo degli arbitri del torneo, che era proprio il fischietto inglese Ken Aston – si rifiutò di abbandonare il campo. Alla fine si rese necessario l'ingresso dei poliziotti sul terreno di gioco per scortarlo via. Rattin tuttavia non se ne andò in silenzio: si sedette sul tappeto rosso riservato esclusivamente alla regina e come ultimo atto di sfida stropicciò uno stendardo inglese mentre veniva portato via.

L'arbitro tedesco Rudolf Kreitlein espelle Antonio Rattin durante Inghilterra-Argentina ai Mondiali del 1966: fu il caos totale
L'arbitro tedesco Rudolf Kreitlein espelle Antonio Rattin durante Inghilterra-Argentina ai Mondiali del 1966: fu il caos totale

Questo episodio fu quello che si prese i titoli dei giornali, ma in verità fu l'altro accadimento surreale verificatosi in quel match vinto dall'Inghilterra (che avrebbe poi trionfato nel Mondiale casalingo) a determinare il cambiamento e dare origine all'idea del sistema dei cartellini come lo conosciamo oggi. Se Rattin infatti inizialmente non si era reso conto di essere stato espulso, alla fine comunque il messaggio gli arrivò e la sanzione gli fu applicata. Il caos maggiore avvenne invece per le ammonizioni – o presunte tali – dei fratelli Jack e Bobby Charlton: il primo fu coinvolto in una rissa, il secondo intervenne per intercedere in suo favore durante il successivo colloquio con Kreitlein. Ma l'arbitro non sembrò dare alcuna indicazione sul fatto che uno di loro fosse stato ammonito. Di certo nessuno dei due fratelli ne era a conoscenza finché i giornali del giorno dopo non riportarono che entrambi avevano ricevuto le ammonizioni. L'allenatore inglese Alf Ramsey dovette contattare la FIFA per avere chiarimenti.

Ken Aston, che aveva visto questi episodi svolgersi davanti ai suoi occhi prima di essere chiamato a cercare di convincere Rattin a lasciare il campo, non voleva che si ripetessero. Era stato lui stesso un famoso arbitro, dirigendo la finale di FA Cup del 1963 nella sua ultima partita prima del ritiro. L'anno precedente gli era stato anche conferito l'onore di arbitrare la partita di apertura della Coppa del Mondo in Cile. Il rispetto che aveva guadagnato nel mondo del calcio si era riflesso nella sua nomina a capo degli arbitri ai Mondiali del 1966. La sua successiva invenzione dei cartellini gli avrebbe assicurato l'eternità calcistica.

L'arbitro inglese Ken Aston: a lui si vede l'invenzione dei cartellini nel calcio
L'arbitro inglese Ken Aston: a lui si vede l'invenzione dei cartellini nel calcio

La leggenda narra che Aston fosse fermo con la sua macchina ad un semaforo di Kensington Road a Londra, rimuginando su come evitare incidenti come quelli a cui aveva assistito in Messico, quando gli venne l'idea guardando i colori del semaforo: cartellino giallo per ammonire i giocatori (che stessero attenti…), rosso (fermatevi!) per cacciarli fuori dal campo. Con quella invenzione tanto semplice quanto geniale, i problemi delle incomprensioni sulle comunicazioni tra arbitro e giocatori furono rimossi per sempre dal gioco del calcio.

Si partì dai Mondiali del 1970, ma la strada per evitare i fallacci era ancora in salita: solo negli ultimi anni degli oltre cinquanta che sono trascorsi da allora, la presenza sempre più invasiva delle telecamere ha reso impossibile per gli ultimi picchiatori di farla franca. Troppo tardi per Pelé, che già era stato massacrato in tutti i modi possibili. Ma questo non gli aveva impedito di fare la storia e diventare leggenda.

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