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L’infanzia di Richarlison: “Da bambino mi puntarono una pistola alla testa, il calcio mi ha salvato”

Richarlison è uno degli attaccanti brasiliani più apprezzati nel mondo ma la sua infanzia nelle favelas lo ha segnato per sempre.
A cura di Vito Lamorte
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Richarlison è uno degli attaccanti più importanti della Premier League e dopo un brutto infortunio subito a settembre vuole tornare ad essere il punto di riferimento dell'Everton. Il calciatore brasiliano è uno dei punti di forza dei Toffees ma dall'inizio dell'anno ha avuto diversi problemi fisici, prima dovuto ad un infortunio al ginocchio e ora per un disturbo ad un polpaccio: l'apporto del classe 1997 è sempre stato importante quando Rafa Benitez l'ha avuto a disposizione e a testimoniarlo sono i numeri, visto che in 11 presenze in campionato ha messo a referto 3 gol e 2 assist.

Il suo nome per esteso è Richarlison de Andrade, ma tutti lo conoscono semplicemente come Richarlison, e nel corso di un'intervista al quotidiano spagnolo AS l'attaccante della Seleçao ha parlato della sua infanzia difficile a nel sudest del Brasile: "La mia infanzia è stata molto povera, sono nato in una città del nord dello stato di Espírito Santo, nel sudest del Brasile. È un paesino piccolo, dove molta gente lavora nei campi e c'è molta povertà. Sin da quando ero piccolo ricordo che vedevo mio padre lavorare tutto il giorno per pagare le bollette e ogni mese era difficile avere i soldi per le minime cose, anche se lui si sforzava. E molto presto ho cominciato a lavorare anche io per dare una mano, vendevo caramelle, gelati e quando ero adolescente ho anche raccolto il caffè con mio nonno. Io e i miei fratelli vivevamo in una zona pericolosa, ho visto tante cose brutte come droga e violenza".

Richarlison è nato in una favela, dove uno dei pochi mezzi di sostentamento è il traffico di droga, e si è soffermato sul ruolo della sua famiglia nella sua crescita e sugli insegnamenti che gli hanno dato per evitare di finire in brutte situazioni: "È stato molto difficile, ma avevo i miei angeli custodi che mi hanno sempre tenuto sulla retta via. Molti dei miei amici di infanzia non hanno avuto la stessa fortuna, alcuni sono finiti nel mondo della droga e altri sono addirittura morti. Ma grazie a Dio e alle persone che mi hanno aiutato sono diventato un calciatore, che è sempre stato il mio sogno anche per dare una vita migliore alla mia famiglia. Mi sento un privilegiato e fortunato, perché le cose potevano finire in maniera diversa".

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Da bambino Richarlison stava per morire per mano di un narcotrafficante, che pensava gli stesse rubando il lavoro: "Tornavo da scuola con i miei amici e un tizio pensava che stessi vendendo droga nella sua zona. Mi ha puntato la pistola in testa e mi ha minacciato, ma grazie a Dio ho avuto la tranquillità di spiegargli che stavo andando al campo da calcio e che non vendevo né usavo droghe. Volevano spararmi, ma il calcio mi ha letteralmente salvato la vita. Mi ha lasciato andare, ma ero molto spaventato. Ora è facile parlarne, ma è un qualcosa che ha segnato la mia infanzia e mi ha spinto a cercare un cammino diverso rispetto ai miei amici".

Oltre alle esperienze passate, Richarlison ha ben presente cosa vuole fare adesso e spera di riprendersi presto dagli infortuni per dare una mano alla sua squadra: "La mia stagione sta ricominciando. Ho giocato le prime partite, ma mi sono infortunato all'inizio di settembre e sono rimasto fuori dai giochi per più di 40 giorni. Ora mi sento più sicuro in campo e mi sono completamente ripreso. Penso di poter fare molto bene e aiutare l'Everton. Abbiamo sofferto molto per gli infortuni e questo ha finito per ostacolare un po' il nostro ruolino, che all'inizio era molto buono. Eravamo al top. Adesso ci aspettano partite difficili, ma riusciremo a riprendere quel ritmo e a scalare ancora un po' la classifica".

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