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Diego Armando Maradona morto a 60 anni

L’ex medico di Maradona in Procura: “Diego è morto perché non è stato curato bene”

La Procura che si occupa dell’indagine sulla morte di Maradona ha voluto ascoltare la testimonianza di Alfredo Cahe, ex medico di Diego per oltre 30 anni. Ai magistrati ha espresso un concetto tanto semplice quanto grave: la qualità delle cure e dei controlli era diminuita nonostante le condizioni di salute dell’ex Pibe divenissero sempre più delicate.
A cura di Maurizio De Santis
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La morte di Maradona poteva essere evitata se solo avesse ricevuto le cure necessarie per una paziente nelle sue condizioni. Improvvisazione nelle scelte, superficialità nelle circostanze ambientali (come si evince anche dall'ultimo video) e soprattutto negligenza medica lo hanno reso impossibile. Alfredo Cahe è il medico che ha seguito l'ex Pibe de Oro per oltre 30 anni, dal 1978 al 2009. Nei momenti peggiori, quando ha rischiato la vita per gli abusi e gli eccessi, era accanto a lui e dell'ex calciatore conosce bene ogni patologia che ne ha eroso il fisico e lo spirito nel corso del tempo. Ecco perché il pool di magistrati che ha preso in incarico la vicenda ha voluto ascoltare quella testimonianza ritenuta qualificata ai fini dell'indagine.

Nell'audizione con gli inquirenti che indagano sul decesso dell'ex campione ha espresso proprio quei concetti per spiegare cosa è accaduto a D10s, puntando l'attenzione sulla sequenza incredibile di errori grossolani commessi nella gestione della degenza. Quale sia stata la natura di quell'approssimazione non può saperlo con certezza ma è con amarezza che ammette come non sia sorpreso se El Diez se è aggravato fino a spegnersi dopo una lunga agonia il 25 novembre scorso.

Diego aveva una sola possibilità per sopravvivere – ha ammesso dopo aver reso la propria testimonianza, come riportato dal quotidiano La Nacion -. Doveva restare ricoverato in terapia intensiva e costantemente sotto controllo di specialisti. Non ho capito l'atteggiamento del dottor Luque. Trovo tutto inspiegabile e molto improvvisato.

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Le parole di Cahe confermano tutte le perplessità della Procura espresse nella tesi prevalente che pende sul capo dei due maggiori indagati: il neurochirurgo, Leopoldo Luque, e la psichiatra, Agustina Cosachov. La negligenza medica è il filo conduttore, l'ex medico di Maradona lo sottolinea nell'incipit della sua deposizione: "I problemi cardiaci erano noti da tempo, aveva un aritmia pressione alta. La sua sofferenza cardiopatica si era cronicizzata".

Ed è da questo assunto che parte per spiegare come la qualità delle cure e dei controlli sia diminuita nonostante le condizioni di salute dell'ex Pibe divenissero sempre più delicate. Tali da raccomandare, dopo il ricovero nella Clinica Olivos per l'operazione alla testa, dimissioni ‘protette': ovvero, il trasferimento in una struttura specializzata per la riabilitazione che potesse garantire adeguato trattamento psichiatrico, clinico e riabilitativo e tossicologico.

"Dopo la morte di Diego ho scoperto dai media quale fosse l'abitazione e in che condizioni vivesse – ha aggiunto Cahe -. Mi è sembrato subito chiaro che non fossero adatte a lui". È in questo ambito che la Procura si muove facendo leva sull'articolo 84 del codice penale che prevede una pena da uno a cinque anni di reclusione per coloro che, per imprudenza, negligenza o mancanza di abilità professionale, causano la morte di un altro.

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