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Illazioni stucchevoli sul calcio femminile, lo sfogo di Alia Guagni: “E poi ci portate le mimose”

Alia Guagni, difensore del Milan e della Nazionale azzurra, sbotta e affida lo sfogo ai social network. Si rivolge a chi accusa le calciatrici di veder riconosciuto il loro status di professioniste per questioni meramente economiche. Come stanno veramente le cose?
A cura di Maurizio De Santis
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Alia Guagni, difensore del Milan e della Nazionale.
Alia Guagni, difensore del Milan e della Nazionale.

Professionismo non vuol dire parità di stipendio con gli uomini. Alia Guagni, difensore del Milan e della Nazionale azzurra, sbotta e affida lo sfogo ai social network. La Federcalcio ha tracciato un solco rispetto al passato, anche quello più recente. Ha spalancato una finestra sul futuro, aperto una porta lasciando che aria nuova entrasse nel mondo del calcio ancora troppo chiuso, trincerato dietro vecchi (e duri) pregiudizi. Un primo passo è stato fatto, molto resta da fare.

La lunga traversata verso la "normalità" non è finita, basta dare un'occhiata alla media dei commenti a corredo della notizia. L'ironia becera di molte opinioni espresse sui social traccia un quadro disarmante. Dinanzi a tanta ignoranza, Guagni non è rimasta in silenzio. A chi, in buona sostanza, accusava le calciatrici di veder riconosciuto il loro status di professioniste per questioni meramente economiche, ha replicato a muso duro e con la forza dei fatti, di come stanno realmente le cose.

Ecco perché precisa quel concetto fondamentale: ovvero, che non guadagneranno le stesse somme dei colleghi uomini, i contratti non avranno lo stesso peso a livello salariale anche perché notevolmente più basso il giro di incassi e di introiti per le società. "Qualcuno può spiegare a tutti i fenomeni che commentano qua – le parole di Guagni scritte in una story su Instagram poi cancellata e ripresa dalla Gazzetta dello Sport – che professionismo non vuol dire ‘stesso stipendio degli uomini'! Poi mi raccomando portateci la mimosa per la festa della donna e tingetevi di rosso il 25 novembre! #vergogna".

Le parole di Alia Guagni condivise sui social network.
Le parole di Alia Guagni condivise sui social network.

Cosa cambia per le giocatrici con il riconoscimento del professionismo? "Finalmente ci sono le norme che disciplinano l’attività e l’esercizio del professionismo del calcio femminile, è una giornata importante, dal 1° luglio inizia il percorso – l'annuncio del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina -. Oggi siamo la prima federazione in Italia ad avviare ed attuare questo importante percorso".

Tra i primi effetti ci sarà la trasformazione dei club iscritti al campionato di Serie A in società di capitali adeguandosi alla legge 91 sul professionismo. Per iscriversi al massimo torneo femminile andrà versata una fideiussione di 80 mila euro e bisognerà disporre di stadio della capienza di almeno 500 posti. Dalla Serie B in poi il movimento resta nel solco del dilettantismo.

Sara Gama e Martina Lenzini con la casacca della Nazionale italiana di calcio.
Sara Gama e Martina Lenzini con la casacca della Nazionale italiana di calcio.

Fare la calciatrice sarà ritenuto un lavoro a tutti gli effetti e a norma di legge: vedrà finalmente riconosciute nei contratti professionistici voci e diritti come stipendio minimo, pensione, maternità, rimborsi spese e altre migliorie che segnano una netta inversione di tendenza. Ecco nel dettaglio quali sono alcune novità principali e i benefici di una riforma del genere:

Contratti professionistici. Il calcio femminile esce dal limbo del dilettantismo. A partire dal prossimo 1° luglio le giocatrici tesserate avranno diritto a un contratto che prevede stipendi migliori (non più semplici rimborsi), contributi previdenziali e altre tutele assicurative in caso di maternità o infortunistica. Tutte cose finora sconosciute.

Gli stipendi, quali sono i guadagni? L'Assocalciatori e la Federcalcio hanno fissato un tetto minimo salariale uniformandolo a quello previsto attualmente per la Serie C maschile: 26 mila euro lordi all'anno. Cifre irrisorie – di qui lo sfogo di Guagni contro i "fenomeni da tastiera" -, suscettibili di essere migliorate in base agli accordi contrattuali, che rappresentano comunque un notevole passo in avanti rispetto alla situazione contingente. Finora era previsto solo una sorta rimborso forfettario annuale, senza contributi di alcun tipo: fino a un massimo 30 mila e rotti euro ripartiti su 10 mensilità, che potevano essere implementate con un bonus e indennità di trasferta di circa 80 euro.

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