Il trauma nascosto di Cavani, è finito in terapia per molti anni: “Crollò tutto in cinque minuti”

"Crollò tutto in cinque minuti". Parte da qui il racconto a cuore aperto di Edinson Cavani. Il suo soprannome di battaglia è matador e adesso che gioca in Spagna, nel Valencia di Gattuso, sembra calzare a pennello per l'attaccante che in carriera ha costruito la sua figura su fiuto del gol e qualità dirompenti nel reparto offensivo. A Napoli spaccava anche i pali. A Parigi ha continuato a segnare tento. Lo ha fatto anche a Manchester, nonostante l'ombra di Cristiano Ronaldo. Ma pochi sanno che dietro quella corazza nasconde fragilità insospettate.
Il trauma della sconfitta dolorosa, umiliante, beffarda contro il Barcellona in Champions è qualcosa con cui ha dovuto fare i conti. Un lutto da elaborare. Una ferita sull'anima che ha avuto bisogno dell'aiuto di uno specialista perché guarisse. Ci ha messo tempo per riprendersi, ritrovare fiducia in se stesso. Portava tutto dentro di sé, quel tarlo ha rischiato di farlo impazzire. Le pressioni che ci sono oggi nel mondo del calcio, l'abito cucito addosso ai calciatori, sono fuorvianti oltre che un macigno da maneggiare con cura. Se ci riesci, te la cavi. Altrimenti ne puoi restare schiacciato.

"Certo hai soldi ma se non usi il calcio per imparare cos’è la vita, non serve a niente", ha ammesso nell'intervista a relevo.com. È stata una confessione senza filtri su se stesso, su cosa è il calcio oggi e dove sta andando. E come, denari a parte, là fuori, al di là del campo di calcio, c'è un mondo che non puoi ignorare. Si chiama vita e spesso ti presenta il conto quando meno te lo aspetti, dando un colpo durissimo a tutte le tue certezze. È successo anche alla punta uruguaiana.
"Oggi sembriamo allevare giocatori come profili da Playstation. Ma la verità è che non siamo supereroi, il calcio deve farti capire la vita". E lui ha capito cosa fosse restando scottato per quanto gli era accaduto. Fu un trauma doloroso, per superarlo non ha remore nell'ammettere che ha avuto bisogno di un aiuto medico. La remuntada iconica del Barcellona contro il Psg, quel 6-1 storico e drammatico al tempo stesso, non è cosa che passa e va. Qualcosa resta sempre.

"In cinque minuti cambiò tutto quello che avevamo fatto – ha aggiunto il Matador -. È un colpo così grande, che non puoi controllare e che, sebbene si tratti solo di calcio, ti tocca nel profondo. Ho provato ansia, ho avuto sudorazione fredda, mi sentivo le vertigini e non riuscivo ad addormentarmi. Mi dicevo: Ho un problema nella mia testa? Ci sono persone molto forti ma alla fine finiscono per cadere. E ho capito che non ero un supereroe".