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Il segreto con cui Guardiola prova a fare la differenza ad ogni singolo passaggio

Pep Guardiola è l’allenatore più vincente dell’ultimo decennio. Per raggiungere il successo e la considerazione di cui gode, il catalano alla guida del Manchester City cura maniacalmente ogni dettaglio nella preparazione delle partite. Dopo aver battuto il PSG nella semifinale d’andata della Champions League, ad esempio, ha spiegato l’importanza di controllare e giocare il pallone con il piede corretto, per facilitare la fluidità della manovra.
A cura di Valerio Albertini
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Pep Guardiola è universalmente riconosciuto come uno tra i più grandi istruttori di calcio al mondo. Oltre a essere l'allenatore più vincente dell'ultimo decennio, infatti, l'ex tecnico del Barcellona ha una capacità innata di addestrare i propri giocatori, ottenendo da loro spesso anche più del massimo. Per raggiungere un obiettivo così ambizioso, Guardiola è maniacale nella cura di ogni dettaglio in campo. Ciò che accade in partita è quasi sempre lo specchio degli allenamenti settimanali, che a loro volta devono necessariamente rappresentare quello che ha in mente Pep.

L'importanza di giocare la palla con il piede giusto

Le sue parole dopo aver battuto il PSG nella semifinale d'andata della Champions League sono il manifesto dell'investimento di tempo ed energia da parte del catalano nella preparazione delle partite. Guardiola, infatti, ha rimarcato un concetto di tattica di base che potrebbe sembrare scontato ma, in realtà, non lo è per nulla: l'importanza di controllare il pallone e giocarlo con il piede corretto. Se arriva un pallone dalla sinistra, ad esempio, è fondamentale che il calciatore lo controlli con il piede destro, e viceversa. Se ciò accade costantemente, ne beneficia il ritmo dell'azione, che risulta più fluida e difficilmente attaccabile. Come è accaduto nel match contro il PSG, infatti, gli avversari fanno molta più fatica a contrastare una squadra con una velocità elevata nella circolazione di palla. Molto spesso, dunque, la loro pressione finisce per andare a vuoto, liberando spazi che una formazione come il Manchester City non fatica a sfruttare.

Come gioca il nuovo Manchester City

Dal punto di vista tattico, Guardiola è probabilmente l'allenatore più innovatore del panorama europeo. Sempre grazie alla sua attenzione ai dettagli, nei suoi tredici anni da tecnico è stato in grado di capire quando le sue squadre avessero avuto bisogno di un cambiamento. È accaduto anche recentemente nel suo Manchester City, che ormai da qualche tempo ha cambiato pelle.

Se fino a qualche mese fa, il gioco dei citizens era riconoscibile per un recupero palla aggressivo causato da una pressione feroce, a cui seguiva un possesso palla funzionale a innescare la velocità delle punte, negli ultimi tempi Guardiola ha scelto di adottare un atteggiamento più conservativo. È sparita la pressione costante, per lasciare spazio a singoli tentativi di recupero palla in momenti specifici, nei quali è maggiore la possibilità di arrivare al gol.

Anche dal punto di vista della proposta offensiva, Pep sembra essere tornato un po' al passato per guardare al futuro. L'ultimo Manchester City, infatti, predilige lunghe fasi di possesso palla, caratterizzate da passaggi corti e veloci, come accadeva con il tiki-taka ai tempi del Barcellona. La scelta di rinunciare al centravanti per schierare praticamente cinque centrocampisti contemporaneamente va interpretata in funzione della volontà di controllare maggiormente il gioco. La centralità di un calciatore come Kevin De Bruyne non è stata intaccata dalla sua nuova posizione più avanzata: il belga ha il compito di legare il gioco per lasciare spazio agli inserimenti delle due mezzali, Gundogan e Bernardo Silva.

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La centralità degli spazi intermedi

La loro posizione è fondamentale nel gioco di Guardiola, fenomenale nel saper sfruttare gli spazi intermedi. Tanto il portoghese quanto il tedesco hanno dimostrato la loro capacità di alternare il fraseggio basso all'inserimento in area di rigore, come testimoniano i 16 gol stagionali di Gundogan. Nella sua attuale formazione tipo, Pep lascia Mahrez con i piedi sulla linea per fare in modo che possa ricevere, accentrarsi e lasciare la corsia all'accorrente Walker. Dall'altra parte, invece, il gioiellino Phil Foden mantiene una posizione ibrida ed è libero di cercarsi il piazzamento migliore nella trequarti avversaria, sfoggiando un'anarchia tattica che rende difficile la comprensione difensiva degli avversari. Un ruolo fondamentale all'interno di questo schieramento è rivestito da Joao Cancelo. Il portoghese, dopo un primo anno di ambientamento, è sempre più coinvolto nel gioco di Guardiola, il quale gli chiede alternativamente di giocare largo o dentro il campo. Nella seconda ipotesi, l'ex giocatore dell'Inter finisce per allinearsi con il metronomo Rodri per far partire l'azione, lasciando le due mezzali libere di affiancare De Bruyne sulla trequarti avversaria.

La cura dei dettagli

Dietro una disposizione in campo così precisa c'è necessariamente un lavoro maniacale dell'allenatore. Guardiola, infatti, impartisce indicazioni posizionali ben precise ai propri giocatori, che sono chiamati a rispettarle per fare in modo che il piano tattico non salti. All'interno di un sistema così codificato, c'è poco spazio per l'interpretazione personale, che viene lasciata solo negli ultimi 20 metri. Attraverso queste posizioni precise, Pep riesce a fare in modo che si formino dei triangoli tra i suoi giocatori i quali, muovendosi sempre in funzione del compagno, sono in grado di trovare lo spazio giusto per fraseggiare.

Anche dal punto di vista della fase difensiva, l'ex allenatore del Bayern Monaco cura ogni dettaglio. È in grado di cambiare il suo assetto in base all'avversario che ha di fronte, come accaduto contro il PSG, quando ha modificato la fase di prima pressione dei suoi, facendo in modo che ci fosse sempre un uomo a schermare Paredes. Conoscendo le capacità in campo aperto di Neymar e Mbappé, ha scelto di non concedere spazio alle proprie spalle, abbassandosi se necessario e riducendo al minimo la possibilità di perdere il pallone.

Dunque, uno dei segreti del miglior allenatore dell'ultimo decennio, oltre allo smisurato talento a sua disposizione, è la cura quasi ossessiva di ogni dettaglio, a dimostrazione che anche i più grandi non sono nulla senza il lavoro quotidiano.

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