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Il fotografo a pochi metri da Eriksen: “Ho visto tutto ma ho cancellato le foto, c’è un limite”

Quanto successo a Christian Eriksen durante Danimarca-Finlandia ha portato con sé riflessioni su come sia stata coperta la notizia nei primi istanti, i più concitati, dai media di tutto il mondo. Molti si sono interrogati su quanto le immagini, video e foto, fossero state rispettose o meno del momento. Il fotografo danese Lars Ronbog, posizionato a 15 metri dal punto in cui Eriksen è caduto al suolo, ha raccontato la sua esperienza al Parken di Copenaghen, fornendo spunti interessanti sul tema.
A cura di Valerio Albertini
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Ciò che è accaduto a Christian Eriksen sabato durante Danimarca-Finlandia ha sollevato dubbi, problemi e interrogativi anche dal punto di vista etico, del racconto di quanto stava accadendo in quello che sarebbe dovuto essere un pomeriggio di festa al Parken di Copenaghen. Quali immagini mostrare? Cosa e chi riprendere? Come narrare quel quarto d'ora drammatico che è intercorso tra la caduta in terra del calciatore dell'Inter e la sua uscita dal campo in barella?

La BBC è stata fortemente criticata per le immagini mostrate in diretta e ha deciso di chiedere pubblicamente scusa, dopo essere stata accusata sui social di aver indugiato troppo con le telecamere sulla scena. Il regista del match si è difeso, spiegando di aver ripreso soltanto l'emozione di coloro che erano in campo, senza prodigarsi in inquadrature strette o primi piani. Lo stesso dubbio su cosa fare, quali immagini scattare e dove fermarsi, lo hanno avuto anche i fotografi presenti al Parken di Copenaghen. Tra questi, il danese Lars Ronbog, che si trovava a pochi passi da Eriksen nel momento più drammatico: "Ero a 15 metri da lui", ha raccontato su Twitter in una lunga testimonianza, addentrandosi nei dubbi professionali e personali che gli hanno suggerito come agire in quegli istanti così concitati.

Il mestiere del fotografo e l'esperienza di Danimarca-Finlandia

Ronbog ha spiegato la sua esperienza, vissuta in prima persona durante Danimarca-Finlandia, e da questa ha tratto degli insegnamenti riguardo la sua professione e l'etica a essa collegata, fondamentale per decidere quando scattare e quando fermarsi. Il suo mestiere gli impone di fotografare, sta a lui poi scegliere se far diventare le immagini di dominio pubblico o meno:

È prioritario per ogni fotografo sportivo e giornalistico essere colui che ha l'immagine. Scatta, scatta, scatta e solo dopo poniti delle domande. Una partita di calcio è un reportage, saresti un cattivo reporter se non scattassi tutte le foto che hai la possibilità di fare. Questa è la prima fase. La seconda fase, invece, è quella più importante ed è assolutamente cruciale: una volta che hai l'immagine, premi il pulsante "Invia" o quello "Elimina"?

È questo il dilemma davanti cui si è trovato davanti il fotografo danese durante Danimarca-Finlandia, il quale, dopo aver spiegato teoricamente il proprio mestiere, passa al racconto dell'esperienza vissuta al Parken di Copenaghen.

Ho tutte le foto. Eriksen da solo sull'erba prima che Maehle prenda in mano la situazione, i giocatori in ginocchio intorno a lui, il massaggio cardiaco ‘violento' del dottore, gli elettrodi, i compagni che piangono, la faccia inorridita della fidanzata.

Negli istanti più critici il lavoro di un fotografo procede con "il pilota automatico". Poi arriva il momento di pensare.

Ho scattato panoramiche, primi piani, foto ai giocatori danesi, ai medici, ai tifosi, all'allenatore e alla famiglia reale seduta in tribuna. Dopodiché ho iniziato a riflettere. Io ho la possibilità di scegliere quali immagini inviare di una partita pochi secondi dopo averle scattate. In 9.999 partite su 10.000 questo accade in maniera indolore. Danimarca-Finlandia è stata la partita numero 10.000.

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L'errore senza conseguenze e i dubbi su quali foto rendere pubbliche

Ronborg ammette di aver commesso un errore, una foto di troppo, sfortunatamente senza conseguenze:

Ho inviato una foto di Eriksen sdraiato da solo sul campo. Dopo pochi minuti, mi sono pentito della mia scelta. Se Christian non ce l'avesse fatta, quella sarebbe stata un'immagine cruenta da vedere. Per fortuna, la rete ha segnalato degli errori su quell'immagine: si tratta dell'unica fotografia non arrivata a destinazione in tutta la serata.

Capita la gravità della situazione del giocatore dell'Inter, Lars Ronbog inizia a essere davvero indeciso su come comportarsi:

Nei minuti successivi ero dubbioso riguardo quali immagini inviare. Ho scattato diverse foto e mi sono accontentato di inviarne alcune a distanza. Ho chiesto al collega che avevo al mio fianco, il quale aveva il mio stesso dilemma. Noi fotografi non eravamo a conoscenza di quanto stesse accadendo e, quando Eriksen è stato portato via, non sapevamo se fosse vivo o meno.

A questo punto, inizia il momento più difficile della sua serata. La scena non c'è più, è arrivato il momento di decidere in che maniera e attraverso quali immagini raccontarla. Un aiuto gli arriva dalla celeberrima fotografia che vede Christian Eriksen abbandonare il campo cosciente, la quale solleva un po' l'animo di Ronbog:

Ho scelto rapidamente dei primi piani. Tuttavia, ero in dubbio riguardo la foto della moglie di Eriksen insieme a Kjaer e Schmeichel. Alla fine ho optato per un'immagine in cui non si vedesse il suo volto. Sono tuttora indeciso, perché in particolare Kjaer è stato elogiato per la sua empatia in quel momento. Le prove del suo comportamento sono le foto in cui abbraccia e conforta Sabrina Eriksen, quindi le persone non dovrebbero avere l'opportunità di vederle?

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Gli scatti più cruenti cancellati e gli uomini dietro le fotocamere

Con il passare delle ore e il miglioramento delle condizioni di Eriksen, la scelta delle immagini diventa più semplice. Il fotografo danese racconta i particolari emersi in seguito al confronto con i suoi colleghi, i quali fanno riflettere sul suo ruolo e, in generale, su quello dei media:

I fotografi hanno tenuto per loro gli scatti più cruenti o li hanno cancellati. Non ho visto immagini in cui penso che si sia andati chiaramente oltre, ma ognuno ha il suo limite. Noi fotografi danesi ci siamo chiesti se avremmo pubblicato scatti più violenti nel momento in cui non fosse stato coinvolto un giocatore della nostra nazionale e non siamo riusciti a darci una risposta.

Alla fine del lungo racconto, Lars Ronbog ha voluto far capire che, dietro quelle fotocamere, ci sono degli uomini i quali, davanti a una scena così drammatica, sono costretti a mantenere la freddezza per far bene il proprio lavoro, ma questo non significa che non provino nulla davanti a una scena come quella accaduta in Danimarca-Finlandia:

Voglio solo dire che anch'io mi sono seduto con le lacrime agli occhi durante gli interminabili minuti trascorsi al Parken. Sono sollevato che tutto ciò abbia avuto un lieto fine e penso molto a quanto possa essere difficile in questo momento la situazione di Eriksen, della sua famiglia, dei compagni di squadra e dello staff della nazionale.

Il confine tra il diritto alla cronaca e quello alla riservatezza è spesso labile e messo a dura prova da momenti come questo. Da un lato c'è la necessità di informare, dall'altro quello di tutelare una persona che sta lottando per la propria vita. Non si tratta di decisioni facili, da prendere, inoltre, in tempi estremamente ristretti. Prioritario, in casi come quello di Eriksen, è mantenere un tatto e una sensibilità che consentano allo spettatore di informarsi senza eccedere nella spettacolarizzazione, come ha prima fatto e poi spiegato Lars Ronbog.

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