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Il decennio nero del calcio italiano sommerso da oltre 4 miliardi di debiti

La situazione debitoria dei club professionistici, nell’ultimo decennio, è gravemente peggiorata: sfondato il tetto dei 4 miliardi di debiti, con banche e settori dell’ente specifico (ovvero altri club e leghe) a fare da capofila tra i creditori del pallone nostrano. Preoccupante anche il peso degli ammortamenti sui costi delle società.
A cura di Benedetto Giardina
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Il 2020 sta per concludersi ed è l’ultimo anno di un decennio nero, nerissimo per il calcio italiano. La Figc, persino in un documento “celebrativo” come l’edizione speciale del Report Calcio dedicata agli ultimi dieci anni, non può nascondere sotto il tappeto il polverone della bolla debitoria che sta inglobando tutto il settore calcistico. Il tetto dei 4 miliardi di euro è già stato superato nel 2017 e nel 2019 ha toccato la nuova soglia ricordi di 4,661 miliardi di debiti per il calcio italiano. Cifre che, a seguito di quanto accaduto nel 2020, con la pandemia di Covid-19, appaiono destinate a peggiorare. Non che il trend fosse positivo: dal 2016 l’andamento della massa debitoria è in costante aumento con una progressione tale da rendere ancor più vicina la soglia dei 5 miliardi complessivi di indebitamento.

Quanto sono aumentati i debiti del calcio in Italia

In un decennio, nel calcio italiano, è cambiato tutto. Non tanto perché dieci anni fa una squadra italiana era sul tetto d’Europa e del mondo (l’Inter prima di Mourinho e poi di Benitez), quanto perché la sostenibilità dell’intero sistema calcistico nazionale poggiava su basi meno traballanti. Nel 2010, il totale dei debiti per quanto riguarda il pallone italiano si attestava a 2,797 miliardi di euro. Nel giro di dieci anni, il calcio nostrano è riuscito ad accumulare quasi altri due miliardi di euro di debiti. Quasi tutti ascrivibili alla Serie A, come prevedibile, dato che oltre 4,3 miliardi di debiti gravano sulle spalle della massima categoria, mentre la Serie B ha cercato di ridurre il peso debitorio riducendolo dal 246 a 187,5 milioni di euro. Troppo poco per poter effettivamente alleggerire i conti di tutto il settore professionistico, tanto più se in Serie C si registra un aumento da 136,5 a 162,2 milioni di euro.

Nel giro di dieci anni, dunque, il peso debitorio che sovrasta l’intero compartimento calcistico è aumentato di due terzi. Il tutto mantenendo un andamento pressoché costante, tranne delle piccole eccezioni. Nel 2011 il balzo in avanti è stato di 392 milioni, con debiti per 3,189 miliardi di euro. Il dato si è mantenuto entro la soglia dei tre miliardi fino al 2016, andando avanti tra alti e bassi: nel 2012 si è registrato un nuovo aumento (3,436 miliardi di euro), seguito da una leggera frenata nel 2013 (3,402 miliardi) e da una nuova impennata a 3,686 miliardi nell’anno successivo. Il 2015 sembrava poter essere l’anno dell’inversione di tendenza, con una riduzione dei debiti a 3,386 miliardi, ma da lì in realtà parte la rincorsa verso il baratro. Nel 2016 il monte debiti aumenta a 3,504 miliardi di euro e nel 2017 subisce il maggior aumento di tutto il decennio, con 505 milioni di debiti in più rispetto all’anno precedente. È qui che, per la prima volta, la massa debitoria scavalca quota 4 miliardi per non abbassare mai più l’asticella, fino ai 4,661 miliardi registrati nel 2019.

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Quali sono i principali debiti della Serie A

La voce che ha subito il maggior aumento in questo decennio riguarda i debiti verso enti settore specifico, ovvero altre società calcistiche e leghe, che nel 2019 è arrivato a superare la soglia del miliardo di euro solo per quanto riguarda la Serie A. Un tetto che, prima d’ora, soltanto i debiti finanziari erano riusciti a sfondare, a riprova della necessità da parte dei club calcistici di affidarsi alle risorse bancarie. Dopo un assestamento nel 2018, l’indebitamento finanziario è nuovamente aumentato (da 1,18 a 1,35 miliardi di euro In Serie A) e rimane la principale fonte di debito del calcio italiano, seguita per l’appunto dai debiti verso enti settore specifico, che per i club di massima serie è pari a 1,07 miliardi. Non va sottovalutato, inoltre, il balzo in avanti per ciò che riguarda i debiti contratti con società del gruppo e parti correlate, che nel 2018 era inferiore ai 60 milioni e nel 2019 ha raggiunto quota 243,1 milioni di euro. Operazioni quali cessioni del marchio o conferimenti del ramo d’azienda, spesso utilizzati per tappare delle falle nei conti societari, sono una delle principali cause di questo aumento.

Il calcio italiano continua a dipendere dalle plusvalenze

Nel conto economico aggregato, dunque relativo a tutte le tre serie professionistiche, le plusvalenze hanno portato in dote 753 milioni di euro al termine del 2019 e il 2020, visto l’andazzo dell’ultima sessione di mercato, rischia di confermarsi su tali livelli. Ancora una riprova di quanto il calcio italiano, specialmente in Serie A, faccia affidamento sulla creazione di plusvalore tramite cessione di asset, nel loro caso di calciatori, creando un meccanismo che già in passato si è trasformato in una vera e propria bolla.

Tolti i ricavi dalle sponsorizzazioni, infatti, le plusvalenze risultano essere la voce che ha registrato il maggiore aumento nel corso dell’ultimo decennio per quanto riguarda l’intero compartimento calcistico italiano, dalla Serie A alla Lega Pro. A partire dal 2010, il balzo in avanti per quanto riguarda le plusvalenze è del 64%, ma oltre a questo pesa (e anche parecchio) il dato relativo agli ammortamenti: nel 2019 è pari a 934 milioni di euro e rappresenta il 23% del costo della produzione del calcio italiano. Quasi un quarto dei costi, dunque, sono da ascrivere all’ammortamento dei cartellini acquistati, il cui valore è superiore a quello delle plusvalenze. Dieci anni fa, l’incidenza degli ammortamenti sui costi complessivi era del 18%, ma soprattutto, in dieci anni, il dato è aumentato dell’83%. Un sintomo, l’ennesimo, di come i conti del calcio italiano siano in sofferenza.

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