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Il calciatore morto in campo si era tolto il defibrillatore dal petto: “Solo Dio può decidere”

Raphael Dwamena era già crollato due volte in campo, ma il defibrillatore sottocutaneo impiantatogli nel 2020 gli aveva salvato la vita. L’anno scorso la decisione rilevatasi fatale di farsi togliere il dispositivo dal petto – con un’operazione complessa, quasi senza precedenti in medicina – nonostante la sua famiglia, i suoi amici o il suo agente lo supplicassero di non farlo: “Quando sento i medici mi viene da ridere”.
A cura di Paolo Fiorenza
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La tragica fine di Raphael Dwamenamorto dopo essere collassato all'improvviso in campo dopo che il suo cuore lo aveva tradito – poteva essere evitata se il 28enne attaccante ghanese dell'Egnatia Rrogozhine, squadra della Serie A albanese, non avesse deciso un anno fa di rimuovere dal proprio petto il defibrillatore sottocutaneo impiantatogli nel 2020. A Dwamena era stata diagnosticata un'aritmia maligna, era già crollato due volte mentre giocava, e il defibrillatore gli aveva salvato la vita, ma secondo lui il dispositivo era invece causa dei suoi problemi: così ha preso una decisione che si è rivelata fatale.

I problemi per l'attaccante sono iniziati nel 2017, dopo che si era messo in luce a suon di gol con lo Zurigo nella prima parte dell'anno (12 reti in 18 partite, trascinando la squadra a ottenere la promozione nella prima serie svizzera). Dwamena quell'estate era stato acquistato dal Brighton, un accordo vincolato alle visite mediche, non superate a causa della scoperta del suo problema cardiaco. Un problema non ravvisato in Svizzera ed infatti il calciatore ha continuato per una stagione con la maglia dello Zurigo. "Per noi è un giocatore idoneo", disse all'epoca Thomas Bickel, direttore sportivo del club elvetico.

Anche per il Levante, che lo portò in Spagna nel 2018 pagando 7 milioni per il suo cartellino, non c'erano anomalie nel cuore di Dwamena. Fu solo un anno dopo, quando l'attaccante fu prestato al Saragozza, che esami evidentemente più scrupolosi fecero emergere i problemi cardiaci del calciatore. Era l'ottobre 2019: i medici gli consigliarono il ritiro immediato dal calcio, a causa di una cardiopatia strutturale che provoca una propensione a sviluppare aritmie ventricolari maligne, che solitamente si manifestano soprattutto nei momenti di massimo sforzo.

L'alternativa al ritiro era una sola: "Ti faremo giocare solo se metti un defibrillatore sotto pelle", gli dissero. E così fu: l'intervento venne eseguito nel gennaio 2020 all'ospedale Miguel Servet di Saragozza, con l'inserimento nel petto di Dwamena di un ICD (un Defibrillatore Cardiaco Impiantabile, lo stesso dispositivo collocato nel torace di Erikssen dopo il collasso agli Europei di due anni fa), che gli ha permesso di tornare ad allenarsi nella primavera di quell'anno.

Ma perché Dwamena ha deciso di rimuovere il defibrillatore sottocutaneo? Il calciatore spiegò l'anno scorso alla Neue Zürcher Zeitung che dopo l'operazione aveva sofferto di due collassi in campo, a suo dire causati dal defibrillatore stesso: uno a Saragozza e un altro al Blau Weiss Linz, squadra della seconda divisione austriaca dove si era trasferito per la stagione 2021-22. E così, anche se gli avevano detto che in realtà era stato l'ICD a salvarlo, si era convinto che il dispositivo era la causa dei suoi problemi e decise di rimuoverlo con un'operazione complessa, quasi senza precedenti in medicina: rimuovere un defibrillatore impiantato necessario, per non mettere niente al suo posto.

Dopo l'intervento, eseguito l'anno scorso a Zurigo, Dwamena ha dovuto firmare – al momento di essere dimesso dalla clinica – un documento in cui esonerava i medici da ogni rischio, anche di morte , che potesse essere causato da un futuro episodio cardiaco. L'attaccante non ha voluto sentire ragioni per togliersi il defibrillatore, ignorando le suppliche della sua famiglia, dei suoi amici o del suo agente Philipp Degen. Profondamente religioso, il ghanese argomentò così la sua decisione: "Sono stato visitato da tanti medici, tutti dicono qualcosa di diverso. Rispetto le loro opinioni, le diagnosi. Ma non le prendo sul serio, a volte mi viene da ridere. Solo uno può dirmi quando è il momento di fermarmi: il Signore".

Ma Dwamena ha anche voluto continuare a giocare, pure in questo caso nonostante le persone a lui vicine lo pregassero di non farlo. Dietro questa decisione di andare avanti c'era anche la voglia di aiutare proprio quelle stesse persone che dipendevano dai suoi introiti di calciatore: "Aveva una cerchia familiare molto numerosa a suo carico e non ha mai voluto smettere di giocare", sottolinea chi lo conosceva bene dai tempi della Spagna.

Dopo l'operazione del gennaio dello scorso anno, ancora una volta Dwamena ha dovuto affrontare un lungo recupero. E nonostante i suoi cari, nonché i medici, gli abbiano chiesto di non tornare su un campo di calcio, ha iniziato ad allenarsi e a giocare con il BSC Old Boys, formazione della quinta divisione svizzera, per una cifra compresa tra i 200 e i 400 euro al mese. Raphael aveva poi deciso di ritirarsi se nessun'altra squadra si fosse presentata per sottoporgli un contratto, ma l'Egnatia è apparsa nel gennaio 2023 e Dwamena ha preso a segnare tantissimo con la squadra albanese, trascinata all'attuale primo posto in classifica, con ben 9 gol segnati in 10 partite. Fino a quando il cuore non lo ha tradito ancora una volta: ma non c'era nessun defibrillatore a salvarlo.

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