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Fausto Rossini: “Potevo finire al Milan, oggi ho un’azienda di smalti per unghie. Mi arrangio in tutto”

Fausto Rossini a Fanpage.it racconta la sua nuova vita da imprenditore nel settore beauty, senza dimenticare i ricordi più intensi della carriera: la doppietta al Milan, la salvezza col Catania e il sogno sfiorato del grande salto.
A cura di Vito Lamorte
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Un tempo faceva sognare i tifosi con i suoi gol, oggi si muove tra magazzini e spedizioni internazionali di smalti e cosmetici. Fausto Rossini, ex attaccante di Serie A, oggi 47enne, con un passato tra Atalanta, Sampdoria, Livorno e Catania, ha saputo reinventarsi dopo il calcio, costruendo un’azienda di successo insieme alla moglie. A Fanpage.it Rossini ripercorre con serenità le tappe di una carriera fatta di talento e sacrificio, svela il dietro le quinte del suo addio al pallone e riflette sul calcio di oggi, tra social, giovani senza fame e stipendi da capogiro.

Cosa fa oggi Fausto Rossini? 
"Lavoro nella mia azienda, nel settore dei cosmetici, in particolare smalti per unghie. Dopo il calcio mi sono reinventato in questo campo".

Quindi dal pallone al beauty?
"Esatto! Con mia moglie avevamo fino a 15 negozi, poi dopo il Covid ci siamo spostati sull’e-commerce e sulla distribuzione, anche all’estero".

Davvero interessante. Non è da tutti reinventarsi dopo il calcio.
"È vero. Molti restano nell’ambiente, ma io avevo voglia di costruire qualcosa di diverso. Mi arrangio in tutto: gestisco il magazzino, la logistica, anche piccoli lavori elettrici. Mi piace fare".

L’esultanza di Rossini dopo un gol con l’Atalanta.
L’esultanza di Rossini dopo un gol con l’Atalanta.

Il viaggio nel calcio di Rossini dove è iniziato?
"Da bambino, a Grosseto. Poi un osservatore dell’Atalanta mi portò al settore giovanile del Margine Coperta, una società affiliata. Da lì, a 15 anni, passai all’Atalanta. Non me ne sono più andato".

Esordio in Serie A nel 1997 contro la Roma. Che ricordo ha?
"Un sogno che si avvera. Arrivare in Serie A è difficile, ma restarci lo è ancora di più. All’epoca la concorrenza era spietata".

Tanti ricordano la doppietta al Milan con la maglia della Dea nel giorno del suo compleanno…
"Eh sì! E dopo quella partita ci fu anche la possibilità di andare proprio al Milan, ma la richiesta del presidente Ruggeri fu troppo alta per i tempi (ride, ndr). Il presidente mi voleva bene e sparò alto. Una sliding door della mia carriera".

Alla Sampdoria ha segnato il gol numero 2000 nella storia del club: se lo aspettava di entrare nei libri dei record blucerchiati?
"A Genova sarei rimasto per sempre. Città splendida, gruppo fantastico: eravamo tutti uniti, famiglie comprese. Quell’anno arrivammo quinti, a un punto dalla Champions. Lì capisci cosa vuol dire la forza dello spogliatoio".

Rossini in azione con il Catania.
Rossini in azione con il Catania.

A Catania è stato protagonista della salvezza con un gol decisivo contro il Chievo. Quanto pesa, nella carriera di un attaccante, segnare reti ‘che valgono una stagione’?
"Uno dei miei gol più importanti. Al ritorno da Verona impiegammo quasi due ore per percorrere cento metri: la gente in strada, una festa pazzesca".

Ha giocato anche in Francia e in Svizzera. Che ricordi ha di quelle esperienze?
"In Francia, al Nizza, ho avuto un brutto infortunio al ginocchio. La Svizzera invece… un campionato discreto, ma poco entusiasmo. Diciamo una buona Serie B italiana, ma senza il calore delle piazze come Genova o Catania".

Rossini ha vestito la maglia azzurra a livello giovanile. Si è mai avvicinato alla possibilità di una convocazione in Nazionale maggiore?
"No, era difficile. Ai miei tempi c’erano Totti, Vieri, Del Piero, Toni, Gilardino… c’era tanta qualità. Oggi, purtroppo, in attacco si fa più fatica a trovare italiani di quel livello".

Rossini contro l’Inter con la maglia della Sampdoria.
Rossini contro l’Inter con la maglia della Sampdoria.

Ha allenato i giovani per un po' di tempo dopo aver smesso: cosa è cambiato rispetto alla vostra generazione?
"I ragazzi di oggi hanno meno fame. C’è il problema dei social, del telefono, dell’apparenza. Ai miei tempi, più le scarpe erano nere, meglio era. Ora più luccicano, meglio è (ride, ndr)".

Si ricorda come ha speso il suo primo stipendio da professionista?
"Certo! Ero a Nizza, mi comprai la mia prima macchina: una Opel Tigra. Una soddisfazione enorme".

Ultima cosa: un consiglio che si sente di dare a un giovane attaccante?
"Mai sentirsi arrivati. L’esordio non è il traguardo, è solo il punto di partenza. La carriera vera comincia dopo".

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