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Elisabetta Oliviero e la vita da calciatrice: “Sempre giudicate. Con Aurora Leone un’occasione persa”

Elisabetta Oliviero, terzino sinistro del Napoli Ladies, ha parlato a Fanpage.it degli enormi limiti culturali che frenano la crescita del calcio femminile in Italia, sulla scia dell’episodio che ha coinvolto Aurora Leone alla vigilia della Partita del Cuore: “Ciò che è successo ad Aurora mi ha sconvolto. C’è qualcuno che fa la bella faccia e poi nasconde la sua reale idea sulla donna nel calcio”.
A cura di Fabrizio Rinelli
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L'episodio che ha coinvolto Aurora Leone dei The Jackal alla vigilia della Partita del Cuore, in programma stasera a Torino tra Nazionale Cantanti e Campioni della ricerca, ha trovato l'indignazione e il sostegno dell'intero mondo del calcio femminile. Diversi club si sono schierati dalla sua parte sottolineando la gravità dell'accaduto. Per qualcuna è stata l'ennesima dimostrazione dell'esistenza di una visione che mette ancora le donne in un ruolo marginale. Elisabetta Oliviero, terzino sinistro del Napoli Ladies e della Nazionale Italiana Under 23, ha parlato a Fanpage.it della differenza di genere che ancora oggi è presente nel mondo del calcio. "Sono sconvolta per quanto accadutoci ha raccontato -. Mi aspettavo una reazione dalle istituzioni".

Cosa ti ha lasciato questo episodio?
"La sensazione che non stiamo imparando niente. C’è qualcuno che fa la bella faccia ma in realtà ha dentro di sé radicata l'idea che la donna abbia un ruolo ben preciso nella società, ovvero lontana dal calcio. E invece non è così. È accaduto poi al JHotel, casa della Juve che quattro anni fa ha dato il via al cambiamento nel calcio femminile in Italia. Mi aspettavo una reazione diversa anche dall’ambiente e dalla stessa Juve. È un'occasione persa, anche per le istituzioni. Ma per fortuna tante persone oggi hanno cambiato idea sul ruolo della donna nel calcio".

Cosa ti dà più fastidio, tra le reazioni della gente, quando si parla di calcio femminile?
"Essere costantemente giudicate. Facciamo una vita piena di sacrifici, anche peggio dei nostri colleghi uomini. Ma queste sono cose che non si vedono dall'esterno. Al calcio femminile non viene data l'importanza che meriterebbe. Avrei avuto piacere che Aurora e i The Jackal fossero stati in campo per dare questo messaggio, ma capisco che da donna poteva sentirsi in difficoltà nell'attirare l'attenzione su un tema che non era quello al centro della serata".

"Discriminazione di genere". Cos'è, oggi, nel calcio in Italia?
"Un grande muro. Noi non chiediamo che tutti siano d’accordo, ma che si rispetti la volontà di ogni persona. Tutti dobbiamo essere liberi di scegliere nella vita cosa ci rende più felice".

Eppure si sperava che il Mondiale avesse cambiato la percezione del calcio femminile qui da noi.
"Oggi non siamo ancora arrivati al cuore e alle persone, ma ci stiamo provando e in tanti hanno già cambiato parere. Il Mondiale ha messo le basi per salvare quello che facciamo in maniera concreta. È uno sport che può diventare davvero importante in Italia, anche con chi è partito tanti anni prima di noi".

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Quando hai capito che il calcio avrebbe fatto totalmente parte della tua vita?
"Ancora lo sto capendo (ride, ndr). Da piccola non scegli di fare la calciatrice. Prima non c'era questa possibilità di poter dire a casa di voler vivere di calcio. Col tempo poi capisci che quello che poteva essere un gioco, può diventare l tuo lavoro. Calciatrice lo diventi per strada, perché non siamo professioniste e difendiamo il nostro lavoro e il nostro sport con le unghie e con i denti. Spero che le nuove generazioni possano scegliere di diventare calciatrici e credere davvero in quello che fanno".

Nel corso del tuo percorso ti è mai capitato di essere vittima di discriminazioni?
"No. Fortunatamente la discriminazione l'ho riscontrata in mia madre, che non voleva che giocassi a calcio. Ma ora è qui ed è la mia prima tifosa. L'esempio che le idee possono cambiare con il passare del tempo".

Esistono ancora barriere culturali da abbattere?
"Esistono, ma date le esperienze delle ragazze più grandi, il limite più grande era nei genitori. Secondo me è una visione che sta già cambiando. Prima si percepiva il calcio come uno sport prettamente maschile, oggi non ci si pone più questo tipo di problema. Le ragazze che giocano a calcio sono aumentate".

Anche a Napoli. Racchiudi la vostra stagione in una sola parola.
"Pazzia. Perché è la parola che ci ha rappresentato quest’anno. La pazzia dei napoletani che hanno creduto con noi e noi che non abbiamo mai mollato, anche dopo aver perso 14 partite. La pazzia che ci ha tenuto unite anche nei momenti più difficili. Insieme è stato più facile affrontare un campionato molto duro. Come delle pazze poi abbiamo festeggiato".

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