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Donna scortata via durante Serbia-Svizzera: continuava a provocare i tifosi con un gesto

La tifosa raffigurava con le mani l’aquila bicipite che per i serbi è considerata una provocazione, un atto di protesta e di sfida alla luce delle implicazioni geopolitiche che ancora covano sotto la cenere.
A cura di Maurizio De Santis
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La tifosa svizzera scortata e accompagnata lontano dagli spalti dopo il gesto nei confronti dei serbi.
La tifosa svizzera scortata e accompagnata lontano dagli spalti dopo il gesto nei confronti dei serbi.
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Il gesto è quello visto tante altre volte, spesso mimato dai calciatori: pollici incrociati e mani spalancate a mo' di ali. Non è un semplice gioco di ombre ma la raffigurazione dell'aquila bicipite che per i serbi è considerata una provocazione, un atto di protesta e di sfida alla luce delle implicazioni geopolitiche che ancora covano sotto la cenere. Questioni mai sopite per le quali nei giorni scorsi è stato addirittura sfiorato l'ennesimo incidente diplomatico su emissione e immatricolazione delle targhe automobilistiche tra il governo di Belgrado e Pristina.

Tra le implicazioni extra-calcistiche e gli episodi della partita tra Svizzera e Serbia c'è anche questo: il momento in cui una donna è costretta ad abbandonare gli spalti, scortata dagli agenti, per aver riprodotto quel simbolo nazionalista che compare sulla bandiera dell'Albania. Il governo di Tirana culla ancora il sogno di riunificare il suo territorio a quello del Kosovo, la cui indipendenza dalla Serbia venne riconosciuta nel 2008 dagli Stati Uniti e da una parte dell'Unione Europea ma non dagli stessi serbi e nazioni amiche quali la Russia. Da allora, l'ordine pubblico e lo stato di diritto a Pristina (la capitale) e nel resto del Paese sono garantiti dall'Onu e dalla Nato.

Certe ferite sono ancora aperte, le tensioni attuali sono figlie di quel che accadde alla fine degli Anni Novanta. Tra il 1998 e il 1999 infuriò la guerra tra l’esercito della ex Jugoslavia, controllato dai serbi, e le forze ribelli dei kosovari albanesi che premevano per l'autonomia assoluta (avvenuta qualche anno più tardi).

A mettere fine al conflitto fu l’intervento della Nato che bombardò la Serbia e la costrinse a ritirarsi militarmente dal territorio kosovaro (ma la coesistenza delle differenti etnie è rimasta un nervo scoperto). I raid scattarono dopo le operazioni di pulizia etnica e le violazioni dei diritti umani compiute dai serbi contro la popolazione kosovara.

L'esultanza "politica" di Shaqiri nel 2018, dopo un gol segnato alla Serbia durante i Mondiali in Russia.
L'esultanza "politica" di Shaqiri nel 2018, dopo un gol segnato alla Serbia durante i Mondiali in Russia.

La rivalità calcistica è solo uno sfogo della vicenda che resta in bilico per la delicatezza degli equilibri politici e istituzionali, gli attriti che permangono nelle relazioni diplomatiche tra Serbia e Albania.

Ai Mondiali di Russia 2018 a fare lo stesso gesto della donna allontanata dallo stadio erano stati anche i calciatori della nazionale elvetica, Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, entrambi di origine kosovara ed entrambi protagonisti di atteggiamenti sopra le righe proprio durante la partita giocata in Qatar e vinta dalla Svizzera (3-2) qualificatasi agli ottavi di finale.

La bandiera del Kosovo apparsa nello spogliatoio della Serbia durante i Mondiali in Qatar.
La bandiera del Kosovo apparsa nello spogliatoio della Serbia durante i Mondiali in Qatar.

Più di recente, a soffiare sul fuoco di sentimenti nazionalistici è stata un'altra vicenda: nello spogliatoio della Serbia, in occasione della gara disputata contro il Brasile, è comparsa una bandiera del Kosovo. Era colorata con le sfumature della bandiera serba e vi era scritto in cirillico ‘nessuna resa'. Un messaggio molto chiaro a testimonianza di una questione ancora viva che provocò la denuncia formale della federazione kosovara alla Fifa per censurare quell'atto.

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