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Cristian Brocchi a Fanpage.it: “La salute è tutto, ma basta massacrare il mondo del calcio”

In attesa di un’eventuale ripartenza del campionato, Cristian Brocchi, tecnico del Monza, ha commentato in esclusiva a Fanpage.it la situazione d’emergenza che sta vivendo anche il mondo del pallone: “La cosa più importante è la salute di tutti, ma bisogna ricordare che l’industria calcio porta tanto alle casse dello Stato e a quelle persone che gravitano in questo mondo, e non mi riferisco ai calciatori ma a tutti quelli che lavorano nel calcio”.
A cura di Alberto Pucci
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Non ci sono soltanto Maurizio Sarri e Filippo Inzaghi, primi rispettivamente in Serie A e Serie B, ad attendere novità sulla possibile ripartenza dei campionati. Tra coloro che guardano con fiducia alla ripresa del calcio, bloccato dall'emergenza Coronavirus, c'è infatti anche Cristian Brocchi, che con il suo Monza è padrone assoluto del proprio girone di Serie C con sedici punti di distacco dalla seconda. "Questa situazione la stiamo vivendo con fatica, perché stavamo facendo qualcosa di meraviglioso e il fatto di esserci interrotti sul più bello ci ha lasciato l'amaro in bocca – ha spiegato il tecnico dei brianzoli a Fanpage.it – Stiamo comunque cercando di mantenere una condizione fisica buona allenandoci insieme via streaming. Aspettiamo le comunicazioni da parte del Governo sulla ripresa".

Far riprendere i campionati è secondo lei la soluzione migliore?
"Penso ci siano le persone giuste che devono prendersi le responsabilità e decidere la cosa migliore da fare. Ritengo che la salute sia la cosa più importante per tutti, però non bisogna neanche essere ipocriti e continuare a massacrare il mondo del calcio. L'economia italiana ha e avrà grandi problemi, ma bisogna ricordare che l'industria calcio porta tanto alle casse dello Stato e anche alle persone che gravitano in questo ambito, e non mi riferisco ai calciatori ma a tutti quelli che lavorano nel mondo del calcio".

Qualcuno ha parlato di campionati annullati e di verdetti cancellati. Non teme di perdere la Serie B?
"Sarebbe una cosa non giusta, perché abbiamo giocato più del 70% delle partite. Chi è in una posizione brutta di classifica sta utilizzando questa situazione per portare a casa qualcosa di importante dal suo punto di vista, ma penso che dopo aver giocato il 70% delle partite i meriti acquisiti sul campo non si debbano toccare".

Questo lungo stop può influire negativamente sulla vostra cavalcata?
"È tutto un punto di domanda. Quando sei fermo da così tanto tempo non sai mai come sarà la ripresa. Diciamo che è come se si ripartisse da dopo le vacanze estive. Dipende sempre dalla mentalità che hai, da quanto vuoi far bene le cose e da quello che hai fatto in questo periodo di inattività, che per noi non è stato totale perché anche se ci manca il pallone abbiamo cercato di mantenere una condiziona accettabile in modo da non ripartire da zero".

Cosa ne pensa della situazione legata agli stipendi dei calciatori?
"I giocatori di Serie C vanno tutelati. Non sono giocatori di A o di B che hanno degli stipendi che gli permettono di vivere in una certa maniera. Quando si parla di Serie C sembra che anche i giocatori di questa categoria possano contare su grandi disponibilità economiche, invece non è cosi perché il 70% di loro guadagna cifre basse che non gli permettono di avere una serenità economica. Non bisogna dimenticare che il lavoro del calciatore è particolare e che a 35 anni la carriera può anche finire. Sicuramente chi ha fatto una carriera di Serie C non ha guadagnato tanto da poter vivere serenamente o aprire un'attività. È un argomento molto delicato, il calcio porta tanto a livello emozionale, dà soddisfazioni e gratificazioni importanti e i calciatori sono parte importante di questo sistema. Sono brave persone con valori importanti e da padri di famiglia anche loro conoscono la realtà dei fatti. Hanno un cuore e lo hanno dimostrato anche in questa emergenza facendo beneficenza e prendendo iniziative importanti".

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Galliani ha usato l'aggettivo ‘romantico' per descrivere l'avventura al Monza. Lei quale sceglierebbe.
"Emozionante, perché partire dalla Serie C non è comunque facile e non è facile dare quello che dobbiamo fare noi. A livello mediatico tutti ci danno per favoriti, ci dicono che dobbiamo vincere per forza e che la squadra è forte. Però poi il campo può dire un'altra cosa. Molte società hanno investito e non sono riuscite a raggiungere l'obiettivo. Avere sulle spalle la responsabilità di una società come la nostra, che ha grandi ambizioni è sicuramente emozionante e diverso rispetto ad altre società. Gli stimoli sono alti e sono dovuti anche alle pressioni che ci sono".

In caso di promozione in Serie B, come cambierebbe il suo approccio alla categoria.
"Per me non cambia il fatto di essere in C o in B. Per me è importante avere degli obiettivi, lavorare bene e mettere professionalità e voglia all'interno di un contesto importante. L'obiettivo è far vivere un sogno ai tifosi del Monza che, come dice sempre Galliani, è l'unica società lombarda a non essere mai stata in Serie A. Centrare questo obiettivo sarebbe una cosa stupenda".

Quanto è durato il sogno di allenare Ibrahimovic?
"Per me il sogno è andare in Serie A e non quello di allenare un giocatore o un altro. È quello di vincere la C, vincere la B e arrivare nel massimo campionato. Allenare un singolo giocatore non è un sogno, poi è chiaro che se Ibrahimovic avesse deciso di giocare a Monza sarei stato contento. Ma in questo momento, con l'emergenza Coronavirus che ha anche cambiato alcune valutazioni legate al mercato, pensare adesso ad un Ibrahimovic al Monza credo sia cosa molto lontana".

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