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Guerra in Ucraina

Cosa succede nel calcio con la crisi Russia-Ucraina: Cska Mosca sanzionato, è solo l’inizio

Le conseguenze sul calcio della crisi Russia-Ucraina: Gazprom è sponsor della Uefa da 10 anni e il legame ha già superato le prime sanzioni del 2014, mentre le polemiche per la finale di Champions in Russia non si placano.
A cura di Benedetto Giardina
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Nella lista delle società russe sanzionate dall'OFAC nell'ambito della crisi tra Russia e Ucraina c'è pure un club di calcio. Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni al Cska Mosca, controllato dalla banca d'affari Vnesheconombank, finita nel mirino del Ministero del Tesoro statunitense a seguito della crisi in Ucraina. Per il calcio potrebbe trattarsi solo di un primo effetto collaterale, rispetto agli eventi che rischiano di prospettarsi a livello internazionale sulla questione del riconoscimento delle Repubbliche di Donetsk e Luhansk. Se già da tempo, a quelle latitudini, si paga lo scotto del conflitto (basti pensare allo Shakhtar Donetsk, il cui avveniristico stadio è andato distrutto e da oltre sette anni gioca in esilio), adesso il mirino è puntato direttamente sulle finanze di chi gestisce i club. Se non direttamente dei club stessi.

Gli USA sanzionano pure il Cska Mosca

Nell'elenco di soggetti destinatari di sanzioni da parte del Governo degli Stati Uniti, spicca il nome della Joint Stock Company Professional Football Club Cska, ovvero la dicitura completa – da fine 2019 – della polisportiva di Mosca. Precedentemente sotto il controllo dell'Armata Sovietica, è passata a soggetti privati una volta dissolta l'URSS (tra cui la Sibneft di Abramovich, patron del Chelsea), finendo nel 2012 in mano, al 100%, della società Bluecastle Enterprises Ltd. In quel periodo, era in corso la costruzione del nuovo stadio, la VEB Arena, nome preso dallo sponsor VEB, ovvero la banca Vnesheconombank, che nel dicembre 2019 ha annunciato di aver preso il controllo delle quote di maggioranza del club. Il 75%, per l'esattezza, posto come pegno per il debito che il club aveva contratto proprio riguardo alla costruzione del nuovo impianto. Le intenzioni iniziali da parte della banca d'affari erano quelle di trovare nuovi investitori per il Cska, ma la pandemia esplosa di lì a breve ha fatto il resto e dopo due anni, il club è rimasto sotto il controllo di VEB.

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Nell'aprile 2020, Vnesheconombank ha portato la propria quota al 77,63% «come parte della conversione del debito nel capitale del club» e la mantiene tuttora. Per questo motivo gli Stati Uniti hanno messo nel mirino il Cska Mosca, in quanto la VEB (che è una «Russian State Development Corporation» e non è controllata dalla Banca centrale russa) rientra tra le corporations destinatarie di sanzioni per «tagliare il governo russo dal finanziamento occidentale», come dichiarato dal presidente statunitense Joe Biden. Nel caso di VEB e di qualsiasi entità di cui possiede «direttamente o indirettamente, una partecipazione del 50 per cento o superiore», sono state pubblicate due General License: la prima autorizza operazioni «necessarie al servizio di obbligazioni emesse prima del 1° marzo 2022 dalla Banca Centrale della Federazione Russa, il Fondo Sovrano Nazionale della Federazione Russa o il Ministero delle Finanze della Federazione Russa», la seconda «autorizza la liquidazione delle transazioni che coinvolgono» la banca VEB «per un periodo di 30 giorni, fino al 24 marzo 2022».

Le conseguenze della crisi Russia-Ucraina sugli altri club europei

Che dagli USA piovano sanzioni verso un club russo, non cambia di molto lo scenario attuale. Anche se non in maniera diretta, le precedenti sanzioni dirette a società russe non hanno certo risparmiato chi, in Russia, ha le mani nelle principali società sportive. Già dal dicembre 2014 sono state destinatarie di tali provvedimenti due colossi come Gazprom e Lukoil, rispettivamente legati allo Zenit San Pietroburgo e allo Spartak Mosca ma ciò non sembra aver inficiato più di tanto i risultati dei due club (il primo costantemente campione di Russia da tre anni, il secondo tornato a vincere il titolo nel 2017 a sedici anni dall'ultimo trionfo). Stessa cosa, di fatto, nel caso in cui le sanzioni arrivino dall'Unione Europea: già dal 2014, infatti, Gazprom – così come altre società russe – è stata colpita dalle misure restrittive adottate dal Consiglio dell'Unione Europea, oggetto di ricorso al Tribunale dell'Unione Europea, respinto il 13 settembre 2018.

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Le questioni di otto anni fa riguardavano l'annessione della Crimea da parte della Russia e già allora montarono le polemiche tornate in auge negli ultimi giorni. Lo Schalke 04, all'epoca una delle potenze calcistiche della Bundesliga, non mollò lo sponsor Gazprom, nonostante le pressioni subite in seguito agli eventi che scatenarono la crisi in Ucraina. Il colosso russo è tuttora sponsor del club di Gelsenkirchen, caduto in disgrazia e retrocesso in 2. Liga, con circa 200 milioni di debiti e l'azionista di riferimento Clement Tonnies dimessosi nel 2020 da presidente a seguito dello scandalo sui controlli in uno dei mattatoi di proprietà del suo gruppo, alle prese con un focolaio di Covid-19 che colpì oltre 6500 persone. Oggi come allora, però, lo Schalke 04 non sembra intenzionato a separarsi da Gazprom, da 15 anni sponsor del club tedesco. L'ultimo rinnovo, siglato nel 2016, prevedeva una somma superiore ai 20 milioni di euro annui fino al 2022. Dopo la retrocessione in seconda divisione, i russi avrebbero potuto risolvere il contratto, ma hanno raggiunto un accordo per consolidare il legame «per almeno altre tre stagioni». Le cifre non sono state indicate, ma è probabile che le parti abbiano deciso di ridurre sensibilmente il valore della sponsorizzazione.

Uefa-Gazprom, cosa può succedere con la crisi in Ucraina

A conti fatti, però, lo Schalke 04 è un club di seconda serie tedesca. Non appartiene all'élite del calcio europeo nemmeno la Stella Rossa di Belgrado, che porta sulle maglie il logo Gazprom da prima che esplodesse la crisi in Crimea e da allora tornata a prender parte anche alla Champions League, per la prima volta dai fasti degli anni '90, che la videro diventare persino campione d'Europa. Più che loro, è la Uefa stessa che deve fare le proprie valutazioni sui rapporti con gli sponsor russi. Perché poco dopo il discorso di Biden dalla Casa Bianca, si sono disputate due partite in Champions League e in tv, prima del calcio d'inizio, è partito l'immancabile sottofondo musicale di Tchaikovsky della pubblicità di Gazprom, uno dei principali sponsor della Uefa. Lo è dal 2012 e nel corso degli anni ha allargato la propria presenza non solo nelle competizioni per club (Champions, Europa League e Supercoppa), ma anche in quelle per nazionali, da Euro 2020 fino al 2024, incluse le finali della Nations League. Anche in questo caso, le cifre non sono mai state rese note, ma una fonte affidabile come il Telegraph stima che gli accordi relativi alle competizioni per club possano aggirarsi sui 40 milioni di euro annui, nel corso di queste 10 stagioni.

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In mezzo, c'è una finale di Champions League che dovrebbe disputarsi a San Pietroburgo, il prossimo 28 maggio. Dovrebbe, appunto, perché c'è già chi ha chiesto il cambio di location, come il primo ministro britannico Boris Johnson, uno dei principali alleati della Uefa nella lotta alla Superleague. Prima, però, ci sono i play-off di qualificazione ai Mondiali del 2022 e la Polonia, tramite la sua federazione, ha chiesto alla Fifa «di chiarire urgentemente le questioni relative all'organizzazione della partita contro la Russia a Mosca», in programma il prossimo 24 marzo. Una decisione, in un senso o nell'altro, potrebbe indirizzare la scelta della Uefa per la finale di Champions League, a prescindere da eventuali nuove sanzioni da parte dell'Unione Europea. Senza dimenticare che San Pietroburgo è proprio la città della Gazprom, in tutti i sensi.

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