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Cori razzisti a un giocatore: la squadra esce dal campo, punita con la sconfitta a tavolino

L’episodio di razzismo è avvenuto in Veneto, durante una gara di Seconda categoria tra Atletico Granze e Tribano. Il Giudice sportivo: “La scelta può essere compresa dal punto di vista etico non può essere giustificata dal punto di vista della giustizia sportiva”.
A cura di Maurizio De Santis
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Insulti razzisti, verso della scimmia. Diedhiou Moussa del Tribano (nella foto), club della Seconda categoria veneta, ha provato a far finta di niente, a ignorare quel tifoso dell'Atletico Granze che lo aveva preso di mira offendendolo per il colore della pelle. Lui giocava mentre quella persona continuava a inveire fino a quando, il capitano della sua squadra, non ha preso una decisione facendo un cenno molto chiaro all'arbitro: tutti i calciatori avrebbero abbandonato il campo in segno di protesta e di solidarietà per il loro compagno. C'è voluto poco, è bastato un cenno d'intesa. Il passaparola è stato rapido. E lo hanno fatto. Al diavolo il risultato (sul 3-3 a pochi minuti dalla fine), c'è qualcosa di ben più importante per cui lottare: l'onore e il rispetto del loro collega.

Moussa, 22 anni, giunto in Italia nel 2017 dopo essere sbarcato a Lampedusa, viene attorniato dai compagni. Gli fanno da scudo e da ala, sono compatti accanto a lui e quel gesto carico di affetto e di sincera fratellanza spazza via anche le espressione più odiose e insulse che fino a poco prima è stato costretto ad ascoltare. Un atteggiamento lodevole, andato a sbattere contro la severità e un atteggiamento fiscale incomprensibili da parte del Giudice Sportivo. Inesorabile, ha decretato la sconfitta a tavolino per il Tribando infliggendo una gara a porte chiuse (con la sospensiva per un anno) e una multa di 50 euro all'Atletico Granze "tenuto conto che la condotta discriminatoria proveniva da un unico sostenitore".

Anzi, sorprende come nel verdetto la comprensione etica della scelta – citata dall'ufficiale federale – passi in secondo piano rispetto alla giustizia sportiva. Non fa una grinza dal punto di vista regolamentare ma dare un segnale molto forte di condivisione avrebbe avuto un valore molto più alto. E ci voleva coraggio per farlo andando un po' oltre la dicotomia tra componente etica e applicazione del regolamento. "La decisione della Polisportiva Tribano di abbandonare il terreno di gioco a seguito del volgare commento di stampo razzista proveniente da un sostenitore del Granze – si legge nella nota -, può essere compresa dal punto di vista etico non può essere giustificata dal punto di vista della giustizia sportiva". 

Il Tribano ha reagito così al verdetto, mostrando grande rammarico ma restando fermo sulle proprie convinzioni e più ancora sulla bontà del gesto. "È giusto porre l’attenzione sull’ennesimo episodio di razzismo, sull’impossibilità di colpire con fermezza chi si ostina a offendere in maniera becera il prossimo, di come la tribuna di un campo da calcio diventi il posto dove sfogare le proprie frustrazioni e la propria rabbia repressa. Onore ai tesserati della squadra avversaria, a quei giocatori che sono venuti a scusarsi nello spogliatoio dei nostri ragazzi, a quelli che all’uscita dall’impianto si sono realmente dissociati da quanto avvenuto, sentendosi quasi in colpa".

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