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Buffon raccontato dal suo idolo, N’Kono: “Venne con me in Camerun e lì capii la sua umiltà”

Thomas N’Kono, idolo dell’adolescenza di Gianluigi Buffon, racconta a Fanpage.it il rapporto con il portiere della Juventus che oggi compie 43 anni. Anch’egli ritiratosi molto tardi e protagonista di avventure calcistiche di alto livello tra gli anni ’80 e ’90, il camerunese fa enfasi sulla grande umiltà dell’estremo difensore italiano.
A cura di Antonio Moschella
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65 anni e non voler smettere. Non a caso Thomas N'Kono è stato il primo modello di riferimento di Gianluigi Buffon, oggi (nel giorno del suo 43esimo compleanno) 22 anni più giovane. L'ex estremo difensore camerunese, dal 2003 preparatore dei portieri dell'Espanyol, parla del suo rapporto con lo storico giocatore della Juventus. Un "amico", come lo definisce lui stesso.

Ci ricordi il vostro primo incontro…
"Fu ai mondiali del 1998, quando l'Italia e il Camerun si sfidarono ai gironi. Io accompagnavo la mia nazionale e lui venne a salutarmi velocemente. Poi ci siamo rivisti l'anno dopo. Il tutto grazie all'intercessione di Patrick Mboma, che in quell'anno giocava al Cagliari e poi sarebbe andato con lui al Parma nell'estate del 2000. Patrick mi mise in contatto diretto con lui, il quale ammise di essersi ispirato tanto a me dopo avermi visto giocare ai mondiali di Italia '90, una competizione nella quale in teoria partivo da riserva di Bell ma che alla fine mi vide protagonista".

In cosa si somigliano lei e Buffon?
"Abbiamo iniziato entrambi a giocare da attaccanti per poi diventare portieri! (ride). Ma al di là delle caratteristiche tecniche come l'esplosività tra i pali direi che siamo simili per la tranquillità che emaniamo e per la leadership innata. Siamo dei capitani anche quando non portiamo la fascia".

Buffon partecipò al suo addio al calcio nel 1999 a Yaoundé, in Camerun.
"Aveva 20 anni e un entusiasmo fuori dal comune. Io l'avevo invitato ma non ero sicuro che venisse. Poi, quando ero a Parigi, mi arriva una telefonata. Era lui che mi diceva che era appena arrivato a Parigi e che era pronto a partire per Yaoundé. Peccato che il nostro volo partisse da un altro aeroporto, ma sono stato contentissimo di andare a prenderlo per portarlo con noi!".

Cosa ricorda di quell'esperienza di Buffon in Camerun?
"Un episodio in particolare che ne denota la grande umiltà. Volevo dargli un'automobile 4X4 per realizzare il complicato tragitto stradale da Douala a Yaoundé, ma lui si è negato. Mi disse che voleva tornarsene con gli altri calciatori a bordo di un autobus qualsiasi. In quel momento mi resi conto della sua umiltà, una dote che ti fa diventare grande".

Della partita in sé, tuttavia, si è parlato poco…
"Perché fu una festa! Eppure ti posso dire che Gigi per poco non ha potuto giocare. Era arrivato in Camerun senza scarpe né guanti. Lui porta 46 e a quell'epoca non era così facile ottenere un paio di scarpe di quella grandezza in Camerun. Allora ci siamo guardati intorno e le abbiamo chieste ‘in prestito' a un altro dei partecipanti a quel match, che glieli ha dovuti dare per forza (ride). Ma non ti dirò mai chi è stato, posso solo dirti che era anche lui camerunese".

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È Buffon il portiere più forte della storia?
"È sicuramente tra i più grandi di tutti. Se guardiamo al passato e al presente non c'è dubbio. Ma per me è importante l'eredità che un calciatore lascia, e lui ha lasciato tanto".

Eppure alcuni gli rimproverano di non aver mai vinto la Champions…
"Anzitutto bisogna aspettare la fine di questa stagione, perché potrebbe anche darsi che la Juventus possa vincerla. Poi, è chiaro che nella vita non si può avere tutto, per quanto possiamo sforzarci, soprattutto negli sport collettivi. Nel caso non dovesse vincerla gli rimarrà però sempre questa spina nel fianco".

Del resto lei ha vinto poco a livello collettivo in carriera, ma ha due palloni d'oro africani…
"Qualcosa di molto difficile per un portiere, no? (ride). Per me è stato importantissimo vincerli, non lo nascondo. Soprattutto per la concorrenza che c'era in quel periodo".

In molti dicono che Buffon avrebbe meritato quello del 2006, poi vinto da Cannavaro.
"In questi casi è una questione di scelta, perché è una giuria ad assegnare il trofeo. In quell'occasione hanno scelto Cannavaro, ma si tratta anche di fortuna, che tutto giri per il verso giusto. Quel mondiale l'ho visto bene e lui è stato fondamentale per la vittoria dell'Italia. Senza un grande portiere non si vince mai".

Pensa che qualcuno possa seguire il suo percorso?
"È difficile. Bisogna avere fortuna, rispetto per questo lavoro e soprattutto evitare lesioni importanti. Ma in primis, soprattutto oggi che il prodotto calcio è globale, bisogna amare quello che si fa. E Buffon ha sempre amato tantissimo il calcio".

Arrivare a 43 anni ad altissimi livelli è soprattutto frutto di un grande lavoro…
"È un percorso che parte dal talento, ma che senza lavoro resterebbe inespresso. Restare ad alti livelli per oltre vent'anni, come lui ha fatto, significa fare dei sacrifici, allenarsi tantissimo e stare molto attenti all'alimentazione".

Giovanissimo, Buffon ha dovuto superare anche una depressione.
"Un dramma per chiunque, anche per uno sportivo di alto rendimento. Ma per fortuna lui è riuscito a superarla grazie alla sua grande forza di volontà. La stessa che ha oggi nell'essere motivato a giocare ancora. A mettersi in discussione".

Quand'è stata l'ultima volta che vi siete visti?
"Qualche anno fa a Milano, per una premiazione. Gli feci una sorpresa. Siamo buoni amici da quando venne con me in Camerun, e quella fu la sua prima volta in Africa. E da allora siamo sempre in contatto".

Cosa gli dirà per il suo compleanno?
"Gli farò come sempre i migliori auguri. Gli auguri di poter continuare a godere di questa passione in modo sano. Lui sa di aver dato lustro al nostro ruolo. E saprà anche passare il testimone in modo intelligente, il giorno in cui appenderà i guanti al chiodo".

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