Andrea Pisanu: “Prima di giocare Parma-Milan piansi. Oggi ho un nuovo lavoro: sviluppo le persone”

Andrea Pisanu dal campo alla formazione manageriale. L'ex calciatore classe ’82, con oltre cento presenze in Serie A, ha vestito maglie importanti come quelle di Cagliari, Parma, Bologna e Montreal Impact prima di intraprendere un percorso diverso legato al calcio tra panchina, management e comunicazione. Oggi, a 43 anni, vive una seconda vita sportiva: è tornato in Italia per dedicarsi alla MAB Sport Management, società che ha fondato per portare nel calcio competenze di leadership, comunicazione e sviluppo delle persone. A Fanpage.it Pisanu ripercorre passato, presente e futuro: dal debutto a 16 anni allo stadio Delle Alpi agli anni di Parma fino alle notti europee a Malta, dal vuoto lasciato dal ritiro fino alla nuova missione fuori dal campo.
Di cosa si occupa oggi Andrea Pisanu?
"Sono tornato in Italia da un anno e mezzo. Ho chiuso la carriera a Malta, dove ho anche iniziato ad allenare. È stato un percorso formativo enorme: ho vissuto quasi nove anni lì, partecipato alla Champions League, vinto una Supercoppa. Ma sentivo che il mio ciclo era finito. Ho ripreso a studiare leadership, management, comunicazione. Nel calcio oggi puoi essere il migliore del mondo, ma se non sai entrare in relazione con i giocatori fai fatica. Così è nata MAB Sport Management, una società che forma allenatori, staff e figure sportive sulle competenze umane, non solo sulla tattica".
Parla spesso di leadership: cosa significa per lei?
"Non è autorità. Non è ‘gestire' le persone: i magazzini si gestiscono, le persone si sviluppano. La leadership è aiutare gli altri a esprimere il proprio potenziale. È la competenza che nei prossimi anni farà la differenza nella scelta degli allenatori di alto livello".

È una missione anche personale?
"Sì. Vorrei che i miei figli crescessero con gente competente, che li valorizzasse invece di sminuirli. Forse non vedranno questo cambiamento, ma magari i miei nipoti sì. Questo mi muove".
Il campo le manca?
"Sì, dopo tanti anni è inevitabile. L’anno scorso ho collaborato con l’Empoli, con il settore giovanile. Quest’anno mi sono preso del tempo per far crescere il progetto, ma sono sempre nel mondo sportivo: coaching, formazione, lavoro con atleti e staff".
La vedremo di nuovo in panchina?
"Se arriverà un’opportunità, bene. Ma oggi mi vedo più dentro uno staff che come allenatore principale. Sento che potrei dare un contributo più grande aiutando un tecnico nelle dinamiche relazionali e organizzative".
Dal campo alla panchina: quanto è stato difficile?
"Molto. Quando smetti di giocare hai un vuoto enorme: cerchi qualcosa che ti dia le stesse emozioni del campo, ma non esiste. Devi resettarti. Fare l’allenatore è un mestiere completamente diverso: visione a 360 gradi, responsabilità del gruppo, competenze nuove. Serve uscire dalla zona di comfort".

Cosa ricorda del suo debutto in Serie A con il Cagliari a soli 16 anni contro la Juventus al Delle Alpi?
"Indelebile. Se chiudo gli occhi sento ancora l’odore dell’erba. È stata un’epoca di Serie A incredibile, con un livello qualitativo straordinario. Sono orgoglioso di aver giocato in quel calcio".
Le aspettative su di lei erano alte: pesavano?
"A Cagliari sì, ma io non le ho mai sentite troppo. Ero autodisciplinato e fissato con un solo obiettivo: giocare in Serie A. Gli infortuni non mi hanno aiutato, ho subito operazioni a entrambe le ginocchia e sono stato fermo quasi quattro anni".
Il momento più forte?
"Ritrovare la Serie A col Parma dopo anni di B e C. La prima partita fu Parma-Milan: piansi. Mi sono detto: ‘Andrea, sei un resiliente'. Ho sempre dato tutto quello che avevo. È questo che mi lascia in pace con me stesso".

Il Parma di quegli anni viveva una situazione complicata. Come la vivevate?
"Durissima. Gli stipendi arrivavano ogni 3-4 mesi. Ma un gruppo incredibile ci ha tenuti uniti. Ci dissero che se fossimo retrocessi molte persone del club avrebbero perso il lavoro. Vincere lo spareggio è stata una delle più grandi emozioni della mia vita: il giorno dopo trovammo sul campo tutte le persone che lavoravano al centro sportivo. Un momento davvero toccante".
Andrea Pisanu è andato oltre oceano a giocare in Canada prima che la MLS diventasse un fenomeno: com'è nata questa esperienza?
"Grazie a Bernardo Corradi. A Bologna non rientravo nel progetto e mi propose di parlare con Montreal. Giocai un’amichevole, andò bene e partì tutto. Montreal è stata una delle esperienze più belle della mia vita: lì è nato mio figlio, e abbiamo portato il club ai primi playoff".
La MLS oggi è esplosa: se lo aspettava quando era lì?
"Sì. Hanno investito in strutture, settore giovanile, business e show. Programmano a medio-lungo termine, è la vera differenza. Noi in Italia spesso guardiamo a due settimane, non a due anni".