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La favola di Giannis Antetokounmpo, da ambulante in Grecia a dominatore della NBA

Dai vicoli di Sepolia, quartiere di Atene, all’anello NBA. Dalla povertà a diventare, a 26 anni, uno dei più amati atleti del mondo. La storia dell’MVP delle Finals è una storia fatta di sacrifici, di sogni, di ambizione, di duro lavoro e di tante, tantissime soddisfazioni. Una favola vera e propria.
A cura di Luca Mazzella
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È lui, l'uomo del momento, il giocatore più amato di tutta la lega della quale, da stanotte, è campione e MVP delle Finals. Con l'anello che torna dopo 50 anni in Wisconsin, a casa Milwaukee Bucks, e il premio di miglior giocatore della finale giocata contro i Suns appena conquistato, il 26enne Giannis Ugo Antetokounmpo entra di diritto nella storia di questo sport. Una scalata, quella di questo ragazzo greco sempre sorridente e disponibile, che parte da molto lontano e che non può che far innamorare tutti di un campione che prima di consacrarsi nello sport ha attraversato difficoltà di ogni tipo nella vita.

Le origini di Giannis, orgogliosamente greco

Parliamo di ragazzo greco, perché è così che lui per primo si sente, nonostante la sua favola inizi indirettamente in Nigeria. Quando mamma e papà scappano, con la sola speranza di un futuro migliore a guidarli lontano dal Paese, Giannis non è ancora nato. Da lì a poco però, assieme ai suoi 3 fratelli, si troverà a crescere tra i vicoli della povera Sepolia, quartiere di Atene, vittima di offese a sfondo razziale, di provocazioni, di una serie di ostacoli che hanno reso la sua infanzia tutto meno che spensierata come quella a cui ogni bambino avrebbe diritto. Prima di potersi fieramente definire greco però le difficoltà, i soprusi e i problemi sono ancora tanti. Ai genitori di Giannis, scappati dall’Africa, non spetta il passaporto secondo la legislazione del Paese. Ovviamente, stessa sorte tocca a Thanasis, il fratello più grande, e a Giannis stesso.

Insieme vivono vendendo borse e occhiali contraffatti nel quartiere di Sepolia, entrambi sognano di diventare giocatori professionisti, per provare a riscattare la storia della famiglia, a regalarsi e regalare un futuro diverso agli altri due fratelli, e alla madre e al padre che tanto hanno fatto per portarli in Grecia alla ricerca di una nuova possibilità. Sono così determinati che la mattina camminano per 10 chilometri a piedi per arrivare alla palestra più vicina, si allenano non una, non due, ma tre volte a giornata. E quando finiscono, spesso e volentieri, preferiscono dormire direttamente lì, stremati, su una brandina o un materassino trovati all’occorrenza.

Quando i primi scout locali intravedono nella fisicità e nell’atletismo del più piccolo degli Antetokounmpo il potenziale per provare a tirarne fuori un giocatore vero, propongono prima di tutto al ragazzo di seguire una dieta ferrea per mettere massa. Giannis, in quel momento 202 centimetri per 80 chili, accetta a condizione che quei pasti arrivino non solo per lui ma per i 3 fratelli, per mamma e per papà. Altrimenti non se ne fa nulla.

Il primo, enorme problema di casa Antetokounmpo, dove si faticava a mettere in piedi un pasto per 6 persone, è risolto. E lo è grazie alla pallacanestro, grazie a Giannis. Che quindi, si mette a dieta e inizia a "pensare" da giocatore. La muscolatura inizia con timidezza a abbracciare le ossa lunghe e spesse, l’effetto sul piano atletico è devastante. A 17 anni Giannis è un portento i cui video iniziano rapidamente a circolare tra gli addetti ai lavori del campionato greco. Quando partecipa alla prima partita internazionale, davanti a scout di mezza Europa accorsi solo per lui, gli viene fatta una piccola intervista da cui emerge, in modo genuino e ambizioso, quale sia il suo obiettivo. Lo dice senza timidezza, credendoci sul serio. Esattamente con la stessa genuinità e forza mentale con cui aveva promesso un titolo alla sua Milwaukee e oggi festeggia con tutta la sua Nazione:

Voglio diventare un giocatore NBA

Giannis vuole diventare un giocatore NBA, ha le idee chiare. Ancora più chiara è la risposta su chi sia la sua più grande fonte di ispirazione. "Allen Iverson", dice sorridendo il ragazzino. Che chiude gli occhi e si immagina nella lega dei giganti, pronto a emulare il suo idolo.

E ben presto potrà realizzare il suo sogno.

Al ragazzo l’NBA arriva prima ancora che possa giocare un singolo minuto di basket professionistico europeo. Non avendo passaporto, nessuno l’aveva tesserato e la stragrande maggioranza dei video visti dagli scout delle franchigie NBA riguardava allenamenti e partite giocate nel Filathlitikos, in A2 greca, nei quali ovviamente il titano greco già spiccava su tutti. Le referenze che ci sono su di lui però sono di quelle importanti, tra massimi esponenti nello scouting mondiale e esperti di draft NBA. Ci sono perplessità sul tiro, sul palleggio, sullo sviluppo fisico da completare. Ma tutti sono sicuri, il diamante è grezzo ma potenzialmente è un gioiello senza eguali.

Al draft 2013 di Brooklyn, quando Giannis viene scelto alla numero 15 dai Milwaukee Bucks per bocca del compianto David Stern, tra telecronisti e persone presenti sul posto il problema principale sta nel pronunciare correttamente il suo cognome. A Giannis interessa poco, tiene ben salda una bandiera greca nelle sue mani assieme al fratello e più grande complice della sua vita Thanasis, e il suo sogno sta ufficialmente iniziando.

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Vorrebbe festeggiare il traguardo con mamma e papà, intanto fermi in Grecia. Il problema, per lui come per loro, resta sempre lo stesso: non hanno il passaporto e lo ottengono solo al terzo tentativo, l'ultimo utile prima di essere respinti a vita dagli Stati Uniti. Un bene, soprattutto a posteriori, dato che il ragazzino appena scelto al draft aveva già anticipato che senza i genitori al seguito non sarebbe rimasto un minuto di più sul suolo americano. Anzi, nemmeno sarebbe uscito dalla palestra dei Bucks. Senza famiglia non c'è casa, dorme per 3 notti davvero nell'arena.

L'avventura NBA

I primi 2 anni sono di puro apprendistato. Giannis guarda da vicino quelli che fino a qualche mese prima erano i suoi punti di riferimento, i soggetti dei suoi poster, le sagome disegnate nella palestra di Sepolia a cui sognava di arrivare.

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Segna 6.8 punti nell'anno da rookie, 12.7 nel secondo anno, 16.9 nel terzo, 22.9 nel quarto, 26.9 quinto. Una crescita irrefrenabile accompagnata da un costante miglioramento tecnico, fisico e di coordinazione. Diventa un difensore letale, in aiuto e sulla palla, è un rimbalzista naturale e Jason Kidd, per primo, pensa che dargli la palla tra le mani non sarà un problema e pensa di impostarlo come una point-guard. Come quell'Allen Iverson suo idolo da bambino. Al sesto anno Giannis è l'MVP della lega, premio che bissa l'anno successivo, come solo 11 giocatori hanno fatto prima di lui.

Dalle 44 vittorie dell'anno di Kidd i Bucks passano a vincerne 60 e 56 (nella stagione scorsa ridotta causa covid) ma la loro corsa si ferma sempre in post-season. Con le sconfitte ai Playoffs si fanno insistenti le voci di una firma di Giannis, il cui contratto è in scadenza, altrove. Miami, Dallas, tante squadre attendono la sua decisione fiduciose del fatto che cercherà di consacrarsi altrove non potendo diventare grande a casa sua. Giannis però spiazza tutti e, dopo aver chiesto un intervento di un certo tipo sul mercato (che si tramuterà prima in Bogdan Bogdanovic, sua espressa richiesta, poi in Jrue Holiday come piano B dopo la firma clamorosamente saltata del tiratore serbo), firma un'estensione (228 milioni in 5anni) con i Bucks, ancora. Perché vuole vincere, ma vuole farlo a modo suo. Non andando a Miami come LeBron, non andando a San Francisco come KD: vuole vincere in Wisconsin, in chi quel sogno glielo ha regalato 9 anni fa.

Nel frattempo, nella sua città, è diventato molto più del miglior giocatore della squadra: charity, donazioni, fondi, crea associazioni, restituisce alla comunità tutto quello che dalla comunità ha avuto. Nel suo Paese, nel frattempo, diventa il riferimento di tanti bambini, la sua maglietta diventa una delle più vendute al mondo, la Grecia scopre il suo nuovo ambasciatore nel mondo.

Il lieto fine

Il percorso che ha portato Giannis Antetokounmpo a diventare campione NBA è stato lungo, arduo e non privo di difficoltà fuori dal parquet e sul parquet. Come lui stesso ha detto in una straordinaria intervista prima di gara 4, tante persone hanno contribuito a creare una mentalità umile, affamata, mai proiettata al futuro e mai comodamente seduta sulle imprese passate. Rendendolo la splendida persona prima ancora che immenso atleta diventato oggi.

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A 26 anni, con 2 premi di MVP, un premio di Difensore dell'anno, 5 apparizioni all'All-Star, 5 apparizioni nel Primo Quintetto NBA e 4 in quello Difensivo, è arrivata la ciliegina sulla torta: campione NBA, Miglior Giocatore delle Finals dopo una prestazione che è già nella storia: 50 punti, 14 rimbalzi, 5 stoppate, 17/19 ai liberi. Un cerchio che si chiude, con l'impressione di essere solo all'inizio della legacy di chi già oggi può essere orgoglioso di essere passato in 10 anni dal vendere borse contraffatte a Sepolia, in Grecia, da clandestino senza passaporto e nazionalità, alla vetta della lega di pallacanestro più famosa del mondo.

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