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Tania Cagnotto, la regina dei tuffi

Con l’oro mondiale dal metro, Tania Cagnotto entra nella leggenda dei tuffi. Storia di una campionessa antidiva, con un cognome pesante e un discorso sospeso, il podio olimpico, da chiudere a Rio prima di lasciare le piscine.
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Nostra signora dei tuffi. Da 15 anni, Tania Cagnotto è sempre salita su un podio mondiale. E a quarant’anni dall’oro di Klaus Di Biasi, si è presa anche una prima, storica, rivincita su He Zi. Cinque tuffi, per entrare nella leggenda. Tania ha aperto la finale dal metro con l’uno e mezzo ritornato carpiato, che aveva eseguito ancora meglio in allenamento rispetto alla gara. Lo spartiacque è il doppio e mezzo avanti, il tuffo dal più alto coefficiente nel suo programma, che tante volte le sue finali le ha decise in negativo. Stavolta è perfetto, è un guanto di sfida lanciato alla Cina. Come i 58 punti con l’uno e mezzo indietro, un tuffo dal coefficiente basso (2,3), ma Tania va alta, più alta di tutte. Quell’altezza che è voglia di volare nell’uno e mezzo con un avvitamento e mezzo e la porta a entrare in acqua un po’ “abbondante”, ovvero con le gambe che sorpassano la verticale ideale. Un piccolo difetto che tanto le costò a Barcellona nell’ultimo tuffo, l’uno e mezzo rovesciato, quella rotazione che continua anche dopo l’ingresso in acqua ai mondiali di due anni fa non venne ripagata dai giudici. E sullo sfondo incantevole della piscina all’aperto con la Sagrada Familia a far da fondale, Tania pianse lacrime amare per un oro diventato argento per soli 10 centesimi. He Zi, che era stata sempre indietro per quattro quinti di gara, aveva dalla sua il coefficiente: portò il tuffo con l’avvitamento come ultimo e con 66,30 punti firmò il sorpasso. A Kazan, Tania ha ancora l’uno e mezzo rovesciato come ultimo, il suo programma negli ultimi due tuffi è identico a due anni fa. Ma stavolta c’è solo tensione, c’è emozione, ma nessun dolore. Il resto è storia.

Tre generazioni – È l’abbraccio con papà Giorgio, che l’avviata ma non l’ha spinta ai tuffi, che ha seguito il suo volo senza interferire mai. Era scritto nel destino che Tania dovesse continuare la storia di una famiglia che ha portato i tuffi in Italia. Nonno Otto Carsteiner è il vero pioniere della specialità insieme a Carlo Dibiasi, il padre di Klaus. Mamma Carmen, figlia di Otto, è stata cinque volte campionessa italiana dalla piattaforma. Giorgio, con quattro medaglie olimpiche, il bronzo mondiale a Berlino Ovest nel ’78 e l’oro europeo di Barcellona, che torna nella geografia delle emozioni dei Cagnotto, diventa un’icona di tutto lo sport italiano.

Uniti nel segno del trampolino – Tania segue mamma e papà e già da piccola imita gli altri atleti. A due anni, si arrampica sulla ringhiera di casa, al terzo piano. “Mi godevo il panorama: ero tranquilla, attratta dall'altezza, non sapevo che cosa fosse la paura” dirà in un’intervista. La scopre un po’ di più la prima volta che si affaccia dalla piattaforma. Anche Tania, come Giorgio, ha sempre preferito il trampolino. Un’eredità genetica che dura dall’inizio degli anni Cinquanta quando Lino Quattrin, buon tuffatore e zio di Giorgio, metteva il piccolo nipote tra le braccia di Renzo Rustichelli, il Rustica, ex atleta ormai anziano per le gare, che a Torino si esibiva con un numero finale da circo: si buttava vestito da clown dal lucernario della piscina coperta col bambino in braccio. “ Un giorno, dopo tanti anni che non mi tuffavo più” ha raccontato Giorgio Cagnotto, “sono salito sulla piattaforma per controllare una cosa e per un attimo l’ho pensato: “Ma io faccio tuffare mia figlia da qui?”. Ecco, io vorrei che i tanti che giudicano un errore davanti alla Tv, una volta sola provassero ad affacciarsi alla lingua di cemento sospesa a 10 metri dall’acqua, per provare la vertigine che dà. Poi tornino pure giù dalla scaletta”.

Ansia da prestazione – “Dai tre metri si esprime l’abilità, i dieci metri sono un concentrato di fascino, pazzia e grande tensione” ha spiegato Tania, che di pazzia ne dimostra davvero poca, per dirla con Gianni Mura “è l’antidiva, l’antipaparazzi, la semplicità”, e con la tensione ha dovuto fare i conti più di una volta. Soprattutto dopo il bronzo da 3 mt e l’argento nel sincro con l’amica Francesca Dallapè ai Mondiali di Roma. “I Mondiali in Italia ci hanno dato troppa tensione. Tra l'altro ero andata bene e questo aveva fatto crescere le aspettative su di me. Più aspettative vogliono dire più tensione. Così sono entrata in un circolo vizioso: a ogni gara stavo peggio e non riuscivo più a gestire l'ansia. Io che in gara di solito do il 50 per cento in più che in allenamento” ha raccontato. Prova di tutto, meditazione, feedback, tecniche di rilassamento. Eppure, dice, a salvarla è stato l’incidente di motorino prima di Shanghai, con annessi 30 punti al ginocchio, microfrattura tibiale e frattura del terzo medio dello scafoide della mano sinistra. “Mi ha imposto uno stop di cui evidentemente avevo bisogno. Sono arrivata ai Mondiali di Shanghai tranquilla perché non potevo pretendere più di tanto”. E vince il bronzo dal metro, davanti a una delusa Maria Marconi, quarta per poco più di cinque punti, dopo essere entrata in finale con l’ultimo punteggio utile. “A dimostrazione che i tuffi sono al 90 per cento testa. Fisicamente non ero da medaglia, ma non avevo ansia da prestazione”.

Londra 2012 – A Kazan ha dato spettacolo, a casa del re dei trampolini, Dimitri Sautin. “Quando mi accostano a lui perché l’ho superato in Europa mi onora, ma lui ha 7 medaglie olimpiche” ha spiegato Tania, che a Rio chiuderà con i tuffi e ha ancora un conto in sospeso con i Giochi. Un conto da 20 centesimi, quelli che le sono mancati per il podio dal trampolino a Londra, per quei due quarti posti così amari, per quei due podi così vicini eppure così lontani. Ha pianto sulla spalla di papà, e Giorgio ha pianto sulla sua. Anche lui ha perso tante volte, ma ci sono giorni in cui tutto torna e il passato non può insegnare. Non resta che piangere. “Ho detto al mondo chi sono, l'onesta e la sincerità di una ragazza che sognava semplicemente una medaglia olimpica”. Ma non si è lamentata con i giudici, non li ha accusati di valutazioni fin troppo severe, e più di qualche ragione ne avrebbe avuta.

Rio e il futuro – Per trovare nuovi stimoli ha voluto, accanto al padre, in alcune trasferte, Oscar Bertone, coach e commentatore tecnico per la Rai. Ha posato per Playboy, ha smesso di pensarci, di non ripensarci, ha comprato casa con il suo fidanzato, un commercialista che quando l’ha conosciuta a stento sapeva chi fosse. E alla fine ha superato il ricordo di quel 5 agosto 2012. “Credo che sia nel nostro Dna, nell’educazione ricevuta, nel percorso di formazione fatto, nel vedere le cose della vita”. La vita le ha dato un oro mondiale. E darà l’ultima chance alla regina dei tuffi che non ha paura di volteggiare da dieci metri ma non prende l’ascensore. “Se c’è gente che mi sovrasta, ho la sensazione di cadere nel vuoto”. Ma la vertigine non è paura di cadere. È voglia di volare.

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