Perché il Napoli sembra avere un problema con De Bruyne, e quel problema si chiama McTominay

Chi si aspettava un Napoli corazzato a centrocampo con l'arrivo di Kevin De Bruyne ha dovuto rivedere le sue aspettative dopo oltre un mese di campionato. Il belga si è trasformato in un titolare per Antonio Conte che ha trovato il giusto compromesso tattico per non rinunciare a nessuno dei suoi grandi nomi, anche se la nuova ricetta non beneficia proprio a tutti. In questo avvio di stagione stonano le prestazioni di Scott McTominay, testa e cuore dello Scudetto vinto al suo primo anno in Serie A: era stato il miglior giocatore di tutto il campionato ma con l'arrivo del vecchio rivale da Manchester qualcosa è cambiato nei meccanismi degli azzurri e anche nel ruolo dello scozzese.
Rispetto alla scorsa stagione non ruba più l'occhio e non è presente in modo così costante nelle azioni offensive del Napoli. Gli spazi per le incursioni sono diminuiti così come le occasioni per trovarsi davanti alla porta perché sulle spalle ha un compito diverso che gli impone la sua nuova collocazione. Non più licenza di attaccare a piacimento, ma un gioco più ragionato e nuovi spazi da coprire nel 4-1-4-1 contiano che stanno limitando tutto il suo potenziale, la più grande mancanza accusata dai partenopei in queste settimane.
L'impatto di De Bruyne al Napoli
L'assunto principale di Conte è che diventa impensabile far accomodare uno dei due in panchina. Lo scozzese è stato il migliore per distacco della scorsa stagione, il pezzo pregiato che ha completamente stravolto la squadra, mentre il belga è la punta di diamante che dà esperienza e qualità alla squadra che spera di fare un ulteriore salto in avanti. Il Napoli si è ridisegnato per far accomodare i due giocatori che fino a due anni fa si scontravano dalle parti opposte della barricata per mettere le mani sulla città di Manchester, ma il nuovo assetto ha creato qualche problema sopratutto a McTominay.

Da De Bruyne ci si aspettava forse qualcosa in più in fase realizzativa, soprattutto a livello di assist e passaggi chiave, ma è comunque riuscito a segnare 3 gol in 5 partite e a prendere in mano il ruolo di regista offensivo così come gli era stato chiesto alzando il livello di creatività in avanti. La qualità palla al piede si vede già dal primo passaggio e non poteva essere altrimenti, anche se fino a qui non ha ancora regalato una prestazione da "King Kev", soprannome che si è guadagnato in dieci anni di altissimo livello al City. Ma la problematica principale degli azzurri è data dal calo di rendimento di McTominay che sta facendo molta più fatica della passata stagione: non più il centrocampista formato Scudetto, ma un giocatore incastrato in un gioco che non gli permette di scatenare tutta la sua forza.
Com'è cambiato il ruolo di McTominay con De Bruyne
Gli equilibri sono diversi e l'ex Manchester United è stato limitato dall'arrivo di De Bruyne. Il suo contributo in attacco è sporadico e non è incisivo sotto la porta come un anno fa: in 5 partite ha totalizzato 1 gol e 1 assist, un avvio fotocopia rispetto alla prima stagione dove si era fatto conoscere con l'assist contro il Monza e il gol al Como, ma la sensazione è che per lui lo spazio in avanti si sia drasticamente ridotto. Nello scorso campionato ci ha messo un po' di giornate per prendere le misure e lasciare la sua impronta in attacco, ma ora deve gestire responsabilità diverse.
Conte gli chiede di fare il lavoro sporco nelle zone di campo più trafficate dove spesso deve far valere il fisico sopra la tecnica: gioca corpo a corpo, spezza il gioco e continua a lavorare benissimo senza palla come faceva un tempo, ma ha anche molte meno possibilità di fare da incursore. Le statistiche continuano a premiarlo ma descrivono bene l'evoluzione del gioco che lo porta a toccare meno palloni e a creare meno occasioni da gol rispetto alla scora stagioni. Nelle partite più sofferte, dove è stata richiesta un'attenzione più elevata in difesa, non ha mai tirato o creato palloni buoni per l'attacco, rientrando negli schemi in cui era solito giocare al Manchester United. Gli esempi lampanti arrivano dai numeri: lo scozzese fa molti meno passaggi chiave rispetto a De Bruyne (4 contro i 10 del belga considerando nei 90 minuti), ha ridotto drasticamente la quantità dei cross, tocca meno palloni in area (3.33 a partita contro i 3.81 di De Bruyne) e rispetto al nuovo compagno di squadra crea meno azioni che portano al tiro verso la porta (2.04 dello scozzese contro 4.87).

In Inghilterra gli venivano dati compiti prettamente difensivi, dato che per lungo tempo è stato considerato compagno di Fred in una mediana a due piuttosto deludente (specialmente per demeriti del brasiliano), e gli stessi meccanismi lo stanno penalizzando adesso al Napoli dove la sua presenza è chiesta dovunque specialmente quando c'è necessità di ripiegare in difesa. L'arrivo di De Bruyne gli ha ridotto le possibilità di avanzare a piacimento e di giocare soprattutto sui suoi punti di forza, che erano diventati anche la vera risorsa degli azzurri nell'ultimo campionato e ora lo scozzese dovrà essere bravo a sfruttare bene ogni spazio e a crearsi un nuovo equilibrio per non cadere nelle vecchie dinamiche e continuare a essere efficace per la squadra che ha dato una svolta alla sua carriera.