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Niente è mai stato come le ragazze dell’Italvolley, la migliore squadra nella storia del nostro sport

Oro olimpico e campionesse del mondo, l’Italia di Velasco rivince ancora una volta grazie a una squadra di atlete eccezionali. Qual è il segreto di un gruppo così forte, non solo per i singoli talenti.
A cura di Jvan Sica
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L'Italvolley femminile di Julio Velasco è campione del mondo per la seconda volta nella sua storia. Il successo in finale contro la Turchia (3-2) è arrivato al tie-break, legittimato coi muri nel momento decisivo di una partita vibrante e spettacolare. Queste atlete della pallavolo italiana, queste grandiose giocatrici, capaci di reggere pressioni enormi e di esaltarsi grazie al loro talento e alla loro forza non sono dei fenomeni, non sono quello che altri prima di loro sono stati. Per loro bisogna trovare un termine nuovo, un termine tutto loro perché forse niente è stato come loro e, vediamo un po’ cosa ci presenta il futuro, forse niente sarà come loro nella storia degli sport di squadra in Italia.

Il "fare squadra" dietro il successo iridato delle Azzurre

In semifinale e finale siamo arrivate così vicine alla sconfitta, l’amica che devi rinnegare direbbe Velasco, la vicina che ti viene a bussare e a volte hai tanta voglia di far entrare, per mettere fine alla sofferenza. E invece per due volte l’abbiamo ricacciata indietro, abbiamo deciso che non era quello il giorno in cui accettare di essere seconde a qualcuna. L'abbiamo fatto con una capacità di essere squadra impossibile da ripetere e difficile anche da spiegare. Quasi sempre il concetto di “fare squadra” lo si usa per evidenziare la compattezza del gruppo e per la coesione dello stesso in tensione verso l’obiettivo. Ma il “fare squadra” non include mai la capacità di tutte le atlete di contare tanto in campo. Tutte quelle chiamate in causa invece ci hanno fatto vincere sul serio, non portando le borracce ai fenomeni (ecco che il termine fenomeno è di nuovo da escludere).

Egonu ha giocato ad alti livelli per tutto il torneo

Paola Egonu ha giocato ad alti livelli per tutto il torneo, in questa finale ha deciso il primo set con tre difese consecutive e il terzo con una serie di attacchi magistrali, ma poi con il Brasile in semifinale e nel quinto set della finale è stata Kate Antropova a darci la vittoria, a contare davvero. Alessia Orro è stata come sempre pulita e ordinata nel gioco, a tratti commovente in difesa ma anche Carlotta Cambi, quando Velasco chiamava il doppio cambio, è stata fondamentale, senza quasi mai passaggi a vuoto. Se proprio dobbiamo essere sinceri, Fahr e Danesi hanno giocato al di sotto dei loro livelli, perché i livelli di Fahr e Danesi sono senza eguali. Non ci sono centrali a muro e in attacco come loro. Sarah Fahr si è fatta male prima della semifinale, Anna Danesi ha avuto piccoli problemi cardiaci e legati al caldo nel palazzetto. Con loro al 100% probabilmente avremmo sofferto di meno, questo serve anche per far capire quanto futuro ha di fronte a questa squadra. Ma ovviamente loro sono la squadra, la colonna vertebrale, vincenti anche se non al massimo.

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Monica De Gennaro lascia la Nazionale, peccato perderla

Un'atleta senza futuro in Nazionale sembra essere Monica De Gennaro, il miglior libero al mondo. Perderla sarebbe devastante e speriamo che ci ripensi dopo un giro di pausa. Intanto resta quel "lascio" pronunciato a caldo dopo aver vinto tutto. Per lei le parole servono a poco, uno dovrebbe soltanto guardarla e dirle grazie. Ma anche Eleonora Fersino che entra nel quinto set e fa due difese su Vargas quanto ha contato? Sempre il massimo, perché questa squadra ha vinto con tutte.
Stella Nervini e Gaia Giovannini, al posto della campionessa olimpica Caterina Bosetti e di Alice Degradi, infortunatasi, hanno sfruttato al massimo quello che avevano, difeso e ricevuto benissimo e giocato palle fondamentali per vincere, ancora una volta vincere, tutte insieme, tutte fondamentali.

Myriam Sylla trascinatrice contro la Turchia

Infine Myriam Sylla, l’alteta che dal terzo set in poi in questa finale è stata una scienziata, capace di guidare con l’esempio, la voglia, la tenacia e la bravura le altre. Non si vince un’Olimpiade, non si vince un Mondiale se non lo si fa tutte insieme, al di là dei fenomeni, anzi battendo i fenomeni. Le altre squadre avevano sì i fenomeni, il Brasile aveva Gabi, la Turchia aveva Vargas, in questi giorni abbiamo potuto ammirare Madisen Skinner negli USA, Mayu Ishikawa nel Giappone, Tijana Boskovic nella Serbia, Isabelle Haak nella Svezia, questi sono i fenomeni, eppure abbiamo vinto noi perché da sole non si vince, vincono tutte.

Il grande lavoro di Velasco è nella forza del collettivo

Per fare questo, per far capire questo assunto complicatissimo soprattutto nello sport di alto livello a giocatrici che vogliono anche loro il badge di fenomeni appiccicato addosso, ci voleva un uomo e un maestro, il Gran Maestro Julio Velasco. In pochi mesi ha diffuso l’idea geniale ma per molti tecnici malsana che tutte sono indispensabili, che si vince con un bouquet di fiori profumati, non con gli alberi che svettano e rischiano di accartocciarsi alla prima folata di vento. Una volta detto questo però, poi lo devi far accadere sul campo e Velasco ci è riuscito, scegliendo sempre la soluzione vincente.

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Questa Italia del volley femminile azzurro non è una generazione di fenomeni, stupido e inesatto scegliere un’altra esperienza per etichettarla, ma una squadra di maestre, incredibili nel capire i momenti e le situazioni, con il Gran Maestro Julio a guidarle, eccezionale nel tirare fuori da loro la grandezza.

P.S.: Il fatto che Velasco sia di un altro livello si nota anche quando risuona l’inno nazionale italiano. Lui sa che cantarlo vorrebbe dire prendere in giro un popolo intero e non lo fa, rispettandoci e a questo punto amandoci con tutto il cuore.

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