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Olimpiadi Tokyo 2020

La difesa dello staffettista inglese positivo alle Olimpiadi: l’etichetta era sbagliata

Qualora la sua positività venga confermata dalle contro-analisi, la difesa dello staffettista inglese CJ Ujah sosterrà che l’assunzione delle sostanze dopanti rinvenute a Tokyo è dovuta ad un integratore legale contenente ingredienti non indicati nell’etichetta. Le possibilità che il TAS di Losanna gli dia ragione sono prossime allo zero: la Gran Bretagna è destinata a perdere la medaglia d’argento.
A cura di Paolo Fiorenza
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In attesa dell'esito delle contro-analisi, Chijindu Ujah è sotto un treno e con lui tutta l'atletica britannica, che sta per vedersi tolta la medaglia d'argento vinta nella staffetta 4X100 alle Olimpiadi alle spalle dell'Italia. Il 27enne velocista londinese era risultato positivo ai test antidoping effettuati a Tokyo: erano state trovate tracce di due agenti anabolizzanti, ostarina e S-23. Qualora la positività dello staffettista venga confermata, il regolamento dice che l'intera squadra debba essere squalificata e dunque la medaglia vada tolta anche agli altri tre elementi.

CJ Ujah urla la sua innocenza, ovvero la buona fede qualora abbia davvero introdotto sostanze proibite nel proprio corpo: "Sono scioccato e devastato, non sono un imbroglione e non ho mai preso consapevolmente una sostanza vietata". Quel "consapevolmente" è la chiave della difesa che il velocista adotterà dopo l'esito delle contro-analisi. Secondo i media inglesi, infatti, Ujah sosterrà che la positività è dovuta all'utilizzo di un integratore legale contenente ingredienti non indicati nell'etichetta.

Il problema – enorme e che sembra precludere qualsiasi possibilità di successo della sua linea difensiva – è che l'atleta britannico deve anche dimostrare di non avere avuto colpa significativa o negligenza nell'assumere le sostanze dopanti sia pure inconsapevolmente. Alla luce dei precedenti, le possibilità che l'appello dei suoi avvocati venga accolto dal TAS di Losanna sono praticamente nulle. In passato altri atleti, dal lottatore americano Nathan Piasecki al nuotatore giapponese Junya Koga, hanno usato la stessa scusa, solo per vedere il TAS confermare le sanzioni precedentemente irrogate.

Niente sembra dunque poter salvare la staffetta inglese da una ignominiosa squalifica, attesa con silenzio e rabbia dagli altri tre membri incolpevoli, Zharnel Hughes, Richard Kilty e Nethaneel Mitchell-Blake. Il fratello di Kilty ha rivelato la "devastazione assoluta" che sta provando il 31enne velocista ed è facile intuire che sia il sentimento comune anche degli altri. CJ Ujah rischia di scrivere una delle pagine più brutte dello sport britannico.

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