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Olimpiadi Tokyo 2020

Come le Olimpiadi di Tokyo sono diventate il più grande successo sportivo della nostra storia

Con 38 medaglie vinte, a due giorni dalla fine di Tokyo 2020, questa Olimpiade supera le 36 conquistate a Roma 1960 e Los Angeles 1932 e diventa il più grande successo sportivo della nostra storia. Non abbiamo coltivato solo le eccellenze, creduto in tanti sport e pensato agli sportivi in maniera diversa. Motivi e percorsi di un successo clamoroso che pone l’Italia al tavolo dei più grandi.
A cura di Jvan Sica
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Con il triplo oro di oggi, Antonella Palmisano nella 20 km di marcia, Luigi Busà nel karate, specialità kumité 75 kg e la staffetta 4X100 uomini (Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Eseosa Desalu e Filippo Tortu) abbiamo superato il record di medaglie conquistate dai nostri atleti in una singola edizione delle Olimpiadi. Il record apparteneva alle Olimpiadi di Roma 1960 e Los Angeles 1932 con 36 ori, oggi siamo già arrivati a 38 medaglie Quello che fa davvero impressione di questo risultato storico è se ci spostiamo con il pensiero a un anno fa.

Pensando all’Olimpiade di Tokyo, che era stata appena spostata dal 2020 al 2021, le medaglie d’oro più probabili per noi dovevano essere: Gregorio Paltrinieri in almeno una delle tre gare che avrebbe disputato, il duo del Trap misto Jessica Rossi-Mauro De Filippis, la gara a squadre del fioretto femminile o maschile (c’erano Russia e Francia, ma erano le due squadre di scherma su cui puntare più facilmente), Gabriele Rossetti nello skeet uomini, la crono di Filippo Ganna, Simona Quadarella magari capace di battere Ledecky negli 800 stile libero, il NACRA 17 di Ruggero Tita e Caterina Banti, Luigi Busà nel karate. Basta fare un conto rapido per vedere degli ori più probabilmente certi di un anno fa, quanti se sono poi effettivamente concretizzati.

Ma allora questo record come è stato possibile? Abbiamo raggiunto il massimo di medaglie nella storia olimpica senza punte, senza quegli atleti su cui si puntava di più in ottica medaglie. Inoltre abbiamo raggiunto un risultato storico anche senza i supercampionissimi da multimedaglie, ovvero senza un Campriani ad esempio che poteva portare anche tre medaglie in una sola edizione.

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È stato possibile prima di tutto perché avevamo un contingente di atleti qualificati molto nutrito, anche in questo caso record storico con 385 atleti, e come spesso accade alle Olimpiadi e in alcuni sport in particolare è molto più difficile qualificarsi che arrivare a medaglia. Ed è da non considerare più di tanto l’appunto che alcuni fanno sul fatto che nelle altre due edizioni adesso superate in termini di medaglie vinte, gli sport e le medaglie possibili da vincere erano molte meno. Ovviamente è così, ma è anche ovvio come la competizione nelle diverse discipline sia cresciuta in maniera esponenziale e mentre una volta c’erano sport, scherma o ciclismo su pista solo per fare due esempi, in cui eravamo in tre nazioni a giocarci l’oro, oggi trovi tanti atleti medagliabili in tutte le discipline.

È stato possibile perché l’interesse politico-sportivo negli ultimi anni si è diffuso verso tante discipline. Malagò dal primo giorno del suo insediamento ha sempre sottolineato come tutti gli sport dovevano essere seguiti, accompagnati, aiutati, spinti. Lo ha fatto, magari a volte scontrandosi con lo status quo e a volte anche in maniera confusa, ma è riuscito in questa politica che andava in netta controtendenza con l’indirizzo sportivo precedente, in cui si parlava di eccellenze da coltivare, per poi dragare investimenti solo verso lo sport di base. La vetta e la valle, il monte doveva andare quasi per i fatti suoi. Malagò ha voluto che ascendessimo la montagna un passo alla volta, una strategia rischiosissima, ma ha vinto la sua sfida.

Infine il terzo motivo sono gli esempi e la loro rappresentazione nel nostro immaginario collettivo. In questi ultimi anni discipline come il nuoto con Federica Pellegrini, Nibali prima e Viviani poi nel ciclismo, le Farfalle nella Ginnastica ritmica, le ragazze della Ginnastica artistica che hanno avuto un seguito mediatico molto interessante, Paola Egonu e Zaytsev nel volley, Rossella Fiamingo nella scherma, i tennisti soprattutto negli ultimi due anni, anche se non soprattutto grazie ai social che possono gestire in maniera autonoma, sono diventati dei riferimenti davvero nazionalpopolari, ma senza volerli strappare semanticamente dal loro habitat. Loro sono stati perfetti, ma anche il mondo della comunicazione intorno è cambiato in meglio.

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Mentre fino a pochi anni fa un atleta che non appartenesse al calcio doveva diventare “di massa” facendo altro (come minimo il co-presentatore di reality show, anche Novella Calligaris a metà anni ’70 iniziò subito con la televisione), oggi l’atleta è raccontato e si racconta mentre compie l’atto sportivo, mentre si allena, mentre vive per la pratica sportiva. Prima c’era l’esigenza mediale di tirarlo fuori dal suo contesto sportivo per ridefinirlo per target più eterogenei e pensati come lontani dagli sport “minori”, mentre oggi tutto viene costruito all’interno dell’ambiente sportivo, perché finalmente si è capito che tutto il portato di emozioni che lo sport porta con sé può interessare pubblici molto ampi, anche non direttamente interessati o appassionati ai fatti e ai risultati di quella disciplina.

Questo ha creato bolle d’interesse per il campione o l’atleta e ha avvicinato, con una strategia top-down che in fondo noi attuiamo da anni, i giovani alla pratica di quelle discipline. Per fare un esempio molto facile, tantissimi nuotatori giovani della nostra squadra nazionale presente a Tokyo hanno sottolineato come le imprese di Federica Pellegrini sono state fondamentali per la loro scelta nel voler praticare nuoto e poi farlo con meticolosità a livello agonistico.

Cosa ci aspetta adesso? Credo che non bisogna per forza di cose avere l’ansia di dover battere Tokyo in termini di medaglie nella prossima Olimpiade, Parigi 2024. La voglia di farlo e soprattutto dirlo sarà enorme perché passeranno solo tre anni da questa strepitosa Olimpiade. Molto meglio pensare a come “sfruttare” i campioni che oggi tutta l’Italia ha visto per far diffondere le loro discipline, per spiegarle e fare innamorare dei loro sport quanti più ragazzi (ma anche meno ragazzi) possibili e dobbiamo farlo continuando a investire su tutti gli sport, senza focalizzare tutto sulle “eccellenze”, continuando a raccontare l’atleta-persona e non tornare più a decontestualizzazioni che sminuiscono l’elemento più bello e profondo che un atleta può comunicare, ovvero il suo fare sport. Se ci riusciamo, le medaglie acquisiranno un anche un valore sociale inestimabile.

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