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Olimpiadi Tokyo 2020

Tokyo 2020, “Che fatica dietro una medaglia”. L’orgoglio della mamma di Luigi Busà, oro nel karate

Luigi Busà, 34 anni a ottobre, ha vinto la medaglia d’oro nel Karate alle Olimpiadi di Tokio 2020. Ma il suo viaggio per arrivare sul gradino più alto del podio, in Giappone, è cominciato ad Avola, in provincia di Siracusa. Sul tatami della palestra del padre, campione italiano assoluto nella disciplina nel 1985. Con le tre sorelle Stefanie, Lorena e Cristina si è allenato fino a raggiungere il tetto del mondo. Contro l’avversario più titolato di sempre: l’azero, e suo grande amico, Rafael Aghayev. La mamma a Fanpage.it: “Quanto pesano queste medaglie e quanta fatica c’è dentro”.
A cura di Luisa Santangelo
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Luigi Busà con tutta la sua famiglia
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Il tintinnare sembra quello di una scatola piena di posate. Invece, a sbattere tra loro, sono le medaglie: oro, argento, bronzo. Paoletta Grienti le porta con difficoltà: i titoli di suo figlio pesano. E quelli che lei ha in casa sono solo una parte di quelli totali che Luigi Busà ha vinto in vent'anni di carriera. Trentaquattro anni da compiere a ottobre e una certezza: è il più forte karateka del mondo. Oltre che il primo a vincere un'Olimpiade, visto che la sua disciplina non era inclusa – fino a Tokyo 2020 – tra quelle presenti ai giochi olimpici. Non ci sarà nemmeno a Parigi 2024, "ma speriamo nell'edizione 2028". Insomma: Busà aveva questo tentativo e non poteva fallire. E non lo ha fatto. Battendo in combattimento il suo rivale di sempre, il karateka più titolato al mondo: l'azero Rafael Ağayev. "In tutti questi anni a sfidarsi, sono diventati grandi amici. Ma sul tatami devi mettere da parte l'affetto", commenta Nello Busà, papà di un figlio d'oro.

Nella casa nelle campagne di Avola, in provincia di Siracusa, i telefoni squillano in continuazione. In salotto c'è una tv sintonizzata sui Giochi, mentre sul cellulare arrivano le chiamate di tutti: i concittadini, i giornalisti, gli amici di sempre. "Non abbiamo dormito molto", ammette Grienti, con un sorriso. Le viene un nodo alla gola quando racconta della telefonata di giovedì sera di Luigi: "Mammuzza, stai tranquilla, domani sarà una bella giornata", le ha detto il figlio. "E poi è successo quello che è successo, se la sentiva. Questa medaglia l'aveva sognata fin da piccolo".

La gioia sembra di toccarla nei video della premiazione, nell'urlo liberatorio a vittoria certificata. Nel grido "Ce l'ho fatta, mamma", esploso in Luigi con la medaglia al collo.E poi nella dedica della medaglia: "A mio papà", ha detto l'atleta 33enne della compagine sportiva dei carabinieri. "Questa dedica l'ha voluta certamente col cuore – commenta Busà senior – Quando passi tutte quelle ore insieme, in palestra ad allenarti. Non solo con lui, ma anche con le altre mie due figlie". Perché gli avolesi il karate ce lo hanno nel sangue: il padre è stato campione assoluto italiano nel 1985, le due figlie Lorena e Cristina sono entrambe ai massimi livelli in Italia. Lorena non ha centrato le qualificazioni a Tokyo per un soffio. Solo Stefanie, la più grande dei figli, ha scelto di lasciare il karate da sedicenne, avendo già vinto un titolo nazionale cadetto.

Ma che gli davate da mangiare a questi bambini? Viene da chiedere. E l'argomento fa scattare una risata: "Tutto, lei cucina benissimo. Infatti le uniche discussioni tra di noi – aggiunge Nello Busà – riguardavano proprio i pasti. Una battaglia continua". Perché per l'agonismo e il professionismo c'è da seguire una dieta strettissima. "A Luigi piace tutto: non solo le cose che preparo io, ma gli arancini, le bombette… E anche le ragazze sono sempre state mangione". "Luigi aveva qualche chilo di troppo". E quando? "Da adolescente, verso i 16 anni. Quando non c'era da tirare il peso per le gare si lasciava andare e poi, però, faceva grandi sacrifici per rientrare in riga".

Un passato lontanissimo, cose da adolescenti, che in età adulta ha lasciato il posto al rigore necessario per stare nella squadra nazionale e vincere una storica medaglia d'oro alle Olimpiadi. "Se non ci fosse stata questa cosa del virus, sarei stato a Tokyo con lui, come in tutte le altre gare che ha disputato", si rammarica il papà allenatore. Ma la mamma ammette: "In vent'anni di gare, non sono mai andata a vederlo di persona: mi viene l'ansia, ho paura di trasmettergli la mia tensione. Quindi sto a casa, così loro, Luigi e le ragazze, non vedono come sto". L'attesa, adesso, è per il rientro ad Avola del figlio. Prima ci sarà una tappa a Roma e poi, sperano i familiari, il momento di una grande festa in casa. Per dirgli di persona quello che finora gli è stato urlato in videochiamata: "Il sogno si è avverato, Luigi!".

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