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Staccate la spina a Miss Italia, questo è accanimento terapeutico

Il problema di Miss Italia non è il concorso in sé, ma la pretesa (o forse la presunzione) di aspirare a ciò che è stato in passato. Quanto visto il 21 dicembre, nonostante gli sforzi di Salvo Sottile, è un accanimento terapeutico che un evento storico come questo non merita.
A cura di Andrea Parrella
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Ha senso continuare così? Ha senso esporre ogni anno la storia di un concorso che è stato glorioso al pubblico ludibrio, alla rivendicazione di un'attenzione che per qualche ragione non c'è più e alla denuncia verso un sistema che non dà più centralità a un concorso come Miss Italia?

Anche quest'anno, come da prassi, il concorso di bellezza che una volta era un momento televisivo imprescindibile di fine estate è stato preceduto dal sempre più fievole tran tran mediatico attorno alla presunta messa in onda televisiva. Dopo il ritorno su Rai1 nel 2019 in occasione degli 80 anni, il concorso non ha più trovato una casa televisiva disposta a ospitarlo. Definitiva la risposta Rai di quest'anno: "I valori del concorso non sono più in linea con quelli di oggi", con Patrizia Mirigliani che ha protestato definendo questa posizione una dimostrazione di ignoranza.

Così si è arrivati al 21 dicembre, con l'elezione di Miss Italia 2022 a margine di una serata triste più che imbarazzante. A nulla sono serviti gli sforzi del conduttore Salvo Sottile, i nomi di Massimo Boldi, Fioretta Mari e Francesca Manzini in giuria. tutto quanto si è visto nel corso della diretta streaming trasmessa sui canali Youtube, Facebook e Instagram del concorso sapeva di grottesco, era la perfetta sintesi della definizione di "trash" lasciataci in eredità da Tommaso Labranca: una continua emulazione fallita.

Perché il problema di Miss Italia non è la sua stessa esistenza, ma l'aspirazione costante al modello televisivo, la pretesa, o forse presunzione, di provare ad essere ciò che è stato. La serata del 21 dicembre non è impresentabile in quanto tale, ma lo è se raffrontata alla storia di un concorso che non è mai riuscito a disancorarsi dalla sua forma televisiva, dai fasti di un evento che nel 2000 raccoglieva davanti allo schermo una media di 11.998.000 di telespettatori. Tempi diversi, certo, quando i parametri della televisione erano altri, oggi quelle cifre sono ipotizzabili solo per il Festival di Sanremo e sporadici eventi sportivi, ma al netto del dibattito culturale sull'opportunità del concorso, c'è un esempio a noi molto vicino, quello della Francia, dove il concorso di bellezza continua ad avere una centralità nel dibattito pubblico e una grande visibilità televisiva (viene trasmesso da TF1) nonostante le critiche sulla rappresentazione della donna.

Quali siano le ragioni di questa asimmetria è difficile dirlo, una di queste potrebbe essere che Miss France a inizio anni Duemila è stato inglobato dal gruppo di produzione televisiva olandese Endemol e forse valorizzato e modernizzato meglio di quanto sia stato fatto qui in Italia. Una cosa è certa, quanto si è visto il 21 dicembre è la testimonianza di un accanimento terapeutico che un evento storico come Miss Italia non merita. Bisognerebbe avere il coraggio di cambiare oppure, a malincuore, staccare la spina.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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