
La televisione è sempre stata tutto un gioco di share, percentuali, curve che determinano l’andamento favorevole o meno del programma di turno, un criterio necessario non tanto per stabilire il successo di uno show, quanto per incrementare gli introiti pubblicitari che, ovviamente, aumentano quando una certa trasmissione è più vista di un’altra. Giochi di potere e di interessi, che non sempre hanno a che fare con il nobile intento di intrattenere il pubblico, e che pian piano stanno trasformando l’assetto della programmazione televisiva, quella divisa in compartimenti orari, in un confuso miscuglio di contenuti che sfociano l’uno nell’altro senza dare il tempo al telespettatore di capire cosa è appena finito e cosa sta iniziando. Un po' come le mezze stagioni che non esistono più.
Un flusso continuo e indistinto in cui la notizia sfocia nel game show che a sua volta cade nella fiction, nell’approfondimento o, meglio ancora, in un altro programma volto allo svago che, però, non lascia il tempo al pubblico di prendere fiato e capire a cosa sta dando una chance. Il cosiddetto traino, termine che in gergo sta ad indicare il programma che fa da ponte a quello successivo, soprattutto in termini di share e presenze davanti allo schermo, sta uccidendo la variabilità e la differenziazione della tv.
È chiaro che la differenza tra una fiction e un telegiornale o un game show sia ben evidente, ma per raggiungere i picchi più alti degli ascolti tv, ormai, alla dirigenza tanto Rai quanto Mediaset, sembra non interessi il fatto che tutto inizi a sembrare una paccottiglia di programmi senza anima (sì, anche i programmi televisivi ne hanno una, sempre che chi li conduce voglia mettercela) alla rincorsa della percentuale più alta di share, come se chi guarda dal divano di casa non debba rendersi conto che sia avvenuto il passaggio. E così, la strategia di far durare l’access prime time sempre di più, facendo slittare la prima serata quasi a cavallo con la seconda -ne è un esempio la puntata di This is Me su Canale 5 dove per rientrare nei tempi, Mediaset non ha potuto mandare in onda lo stacco pubblicitario perché La Ruota della Fortuna si è conclusa decisamente troppo tardi- ha schiacciato il prime time, sempre che non si voglia chiudere un programma tv, anche in settimana, oltre mezzanotte.
Sembra quasi che i piani alti della TV, che sia da Cologno Monzese o Viale Mazzini, vogliano sottoporre il pubblico a una costante cura Lodovico, in cui i telespettatori sono bersagliati e non riescono a godersi la prima serata come meriterebbero. Una scelta, quella dell’access prolungato, che giova principalmente a Mediaset che, fatta eccezione per alcuni programmi di Maria De Filippi, nel prime time non supera quasi mai i due milioni e mezzo di presenze, nonostante in questi anni il comparto fiction abbia avuto uno slancio notevole, ma da questo punto di vista la Rai resta imbattibile. Quindi se non si conquistano punti in quella fascia, meglio farne una scorpacciata in quella precedente, considerando il successo clamoroso del programma di Gerry Scotti che, però, prima o poi dovrà chiudere i battenti per lasciare il testimone a Striscia la Notizia, mossa necessaria ma a dir poco azzardata da parte del Biscione che gongola per i risultati di questi mesi.
La tv pubblica, invece, gode ancora del seguito delle sue fiction che, infatti, anche in replica come l’intramontabile Montalbano, sono seguite da una media di tre milioni di persone, per quelle più gettonate anche molti ma molti di più. Un gioco al massacro di cui a fare le spese è il pubblico che, pur volendo seguire un programma fino alla fine, non riesce nell’intento perché “finisce troppo tardi”.
La domanda da porsi, quindi, potrebbe essere la seguente: siamo sicuri sia la strada giusta? Se in questi anni la televisione ha vissuto un calo notevole di presenze, a causa delle piattaforme streaming che, d’altra parte, si stanno attrezzando per proporre anche show e non solo film e serie, un palinsesto dai ritmi così serrati non sarà forse il motivo per cui la gente inizierà a cambiare canale?
I numeri, soprattutto dell’access, al momento dicono altro, ma a lungo andare anche in tv, ci si annoia della routine. E se questi sono i presupposti, anche dei game show portatori di danaro o che fanno sognare di vincerlo, (perché poi il motivo per cui gli italiani li guardano è esattamente questo), ci si potrebbe scocciare molto facilmente.
