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Domenica In 2020/2021

Paolo Del Debbio in lacrime a Domenica In: “Mio padre fu deportato in un campo di concentramento”

Paolo Del Debbio, ospite di Domenica In, ha raccontato la storia di suo padre Velio. Venne deportato nel campo di concentramento di Luckenwalde nel ’43 e venne liberato nel ’45.
A cura di Daniela Seclì
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Paolo Del Debbio, ospite di Domenica In, ha presentato il suo libro Le 10 cose che ho imparato dalla vita. Il giornalista ha ritenuto di raccontare le lezioni apprese dalle tante esperienze da lui vissute, perché possono rivelarsi d'aiuto anche agli altri:

"Il punto centrale è la felicità con poco. Vivere con due persone, babbo e mamma, che avevano passato la guerra. Avendo avuto nulla, il poco era già tantissimo. Questa cosa qua, non è che ce la dicevano, ma la vedevamo. Erano sempre felici. Avevano rispetto di quello che avevamo. Se lasciavi nel piatto qualcosa da mangiare a pranzo, te lo ritrovavi a cena. E poi il giorno dopo. Ricordo un piatto di carciofi che ho mangiato per due giorni e mezzo, poi li ho finiti o diventava un incubo".

Il padre Velio venne deportato in un campo di concentramento

Paolo Del Debbio, poi, ha raccontato un dolore che riguarda la sua famiglia. Il padre Velio, nel 1943, venne deportato in un campo di concentramento. Seguirono due lunghi anni, in cui nessuno ebbe più notizie di lui. Quando ormai si iniziava a perdere la speranza di rivederlo in vita, l'uomo tornò a Lucca:

"Mio padre arrivò nel campo di concentramento di Luckenwalde nel '43 e fu liberato nel '45 dagli Alleati. Lui fu preso che era militare in Grecia, quel maledettissimo 8 settembre del '43 e poi fu liberato nel '45, ad aprile. Arrivò a Lucca ad agosto con mezzi di fortuna. Devi sapere che gli americani, appena liberati, gli davano un po' da mangiare. Però, se mangiavano anche solo un po' di cioccolata, rimettevano tutto subito. Non erano più abituati. Mio papà pesava attorno ai 40 chili. Puoi immaginare. Non era altissimo, ma 40 chili è niente. Quindi gli davano da mangiare piano piano, un pochino alla volta. Quando gli americani li liberarono, prima li ricostituirono un po' o non ce l'avrebbero fatta a fare nulla. Poi, tramite un camion, mio padre arrivò a Verona. Poi da Verona a Lucca, la fecero a piedi lui e un suo amico. 400 km. C'era tutto il paese intorno che lo aspettava, si era sparsa la voce che erano tornati. Erano due anni che non si avevano notizie di loro, quando mandavi i pacchi col cibo al campo di concentramento, li davano ai cani. Quando arrivò mia mamma, tutti andarono via per lasciarli soli".

La lezione appresa dal padre: mai perdere la dignità

Paolo Del Debbio ha raccontato che da suo padre ha appreso una importante lezione: "Mai perdere la dignità". Nonostante le terribili condizioni in cui versava nel campo di concentramento, non ci fu un solo giorno che il signor Velio non si lavò il viso e non si prese cura di se stesso appena sveglio:

"Non hanno mai perso la dignità. Si alzavano alle 06:00, faceva un freddo bestia. C'era la stufa ma gli aguzzini bastardi delle SS non l'attivavano mai. Andavano al lavandino, rompevano il ghiaccio, si lavavano, si facevano la barba. Volevano dimostrare che gli aguzzini gli avevano tolto la libertà, ma loro avrebbero continuato a curarsi: "Mi faccio vedere con la schiena dritta anche se mi ammazzeranno", tutti pensavano di andare a finire nella camera a gas. Molti si abbandonavano, diventavano pazzi. Tutti gli ebrei presenti andarono a finire nei campi di sterminio".

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