Luchè confessa: “Ho pensato di farla finita perché mi sentivo invisibile, non abbiate paura di chiedere aiuto”

In un monologo a Le Iene in onda nella puntata del 20 maggio, Luchè si è aperto e ha confessato che il contenuto del suo brano "Lettera alla pistola alla mia tempia" non è finzione. L'artista ha davvero pensato di farla finita, ma grazie alla scrittura è riuscito a rialzarsi: "Ero lì, sul punto, un attimo prima del buio".
La confessione di Luchè nel monologo a Le Iene
Con gli occhi coperti dai vistosi occhiali da sole neri, l'artista napoletano ha iniziato il suo monologo parlando di quanto le sue fragilità emotive l'abbiano spinto a perdersi: "Io sono Luchè e a un certo punto ho pensato seriamente di farla finita, non è un'esagerazione e non è marketing. È la verità". In "Lettera alla pistola alla mia tempia", il brano uscito poche settimane fa, "non stavo recitando, quella canzone è un grido, è una confessione. Quando ero stanco, sfinito e vuoto, mi sentivo invisibile. Un uomo che ha tutto, ma dentro non ha più niente".
L'artista ha capito che quel malessere era dato dal fatto che non vivesse più la sua " verità": "La società che ci vuole tutti uguali e che ha programmato i nostri cervelli mi aveva rapito. Ero lì, sul punto, un attimo prima del buio totale. Poi mi sono detto: ‘Luca, il mondo è già pieno di copie, c'è bisogno dell'originale. Quel momento là non lo dimenticherò mai, perché lì ho capito che la mia voce poteva aiutare tutti coloro che urlano in silenzio". E da lì ha ricominciato a scrivere: "A respirare, a combattere di nuovo. Questo non è un messaggio motivazionale, è un incoraggiamento a scoprirsi, a non aver paura di essere diversi, originali, controtendenza, polemici, pensanti e unici".
L'appello: "Non abbiate paura di chiedere aiuto"
Infine, un appello a preservare la propria salute mentale: "Il tempo dell'ignoranza deve lasciare il posto all'eccellenza che è dentro di noi. E io sono convinto che lì fuori ci sono milioni di persone che vorrebbero prendere in pugno la propria vita ed esprimersi invece di scoppiare dentro".
Non abbiate paura di chiedere aiuto. Se ti senti come mi sono sentito io, sappi che il dolore ti mente, ti dice che non vali. Ma non è vero, hai solo paura di te stesso. Tu hai il diritto di crollare, ma anche il dovere di rialzarti, perché se resti, se resisti, un giorno potrai guardare indietro e dire: "Avevo la pistola alla tempia, ma ho scelto di vivere. Oggi sono vivo per davvero".