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Opinioni

Il problema di Mediaset non è Striscia La Notizia, ma l’incubo del futuro

Programmi ripescati dal passato, titoli riciclati, ritorno alle origini del Grande Fratello. I palinsesti Mediaset sono sintomo di un’azienda che fatica a guardare oltre le certezze, pur essendo il solo soggetto sul mercato a potere aspirare alla novità. Da qui nasce la convinzione che per cambiare serva partire mettendo in discussione la propria storia.
A cura di Andrea Parrella
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Lo ha detto Pier Silvio Berlusconi: quella di Mediaset non è una rivoluzione, ma una lenta evoluzione. Il risultato è che la presentazione dei palinsesti Mediaset si è rivelata una sintesi di tre concetti: riproposizioni, riciclo e rinuncia. In primis i reality, dalla cui schiavitù Canale 5 avrebbe dovuto liberarsi con urgenza per trovare nuovi sbocchi, restano l'architrave dell'intrattenimento di prima serata. Il Grande Fratello addirittura raddoppia, una prima edizione sarà affidata a Simona Ventura e tornerà ad essere senza vip, che fa tanto nostalgia-washing, mentre la seconda, se si farà, avrà come guida Signorini e nella casa ci saranno solo super vip.

Strano a dirsi, ma Berlusconi spende pochissime parole sull'Isola dei Famosi targata Gentili, il cui prototipo rappresenta tutto ciò che Pier Silvio avrebbe desiderato dai reality quando due anni fa invocava una maggiore sobrietà da quei prodotti. C'è poi il riciclo, perché titoli come La Ruota della Fortuna, Scherzi a Parte e l'eterno ritorno, invocato e mai compiuto, del Senso della Vita di Paolo Bonolis, non possono che essere questo. Operazioni di restaurazione pura, indipendentemente dai risultati che raggiungeranno.

E ancora la rinuncia, a spiegare e sciogliere quello che è il "nodo", così lo definiva stamattina Eleonora D'Amore, che caratterizzava questa presentazione dei palinsesti Mediaset e che resta anche dopo l'evento: Striscia La Notizia. Il declassamento del Tg satirico, che partirà solo a novembre, era cosa di cui si vociferava da mesi, un'urgenza nata quasi da un'istanza popolare. Ad esso si è aggiunto il ridimensionamento di Paperissima, l'altra creatura di Antonio Ricci, spostata su Italia 1 durante l'estate per fare spazio a Gerry Scotti. "Totale sintonia con Ricci in queste scelte", recitava il comunicato Mediaset, prima che arrivassero i messaggi passivo-aggressivi dal clan di Ricci, con i comunicati di rivendicazione degli ascolti di Paperissima da qualche giorno a questa parte. Che Striscia sia un tema è evidente, ma se a Canale 5 si intende sostituire un colosso in onda da quasi 40 anni ci vuole qualcosa di serio: magari un'idea. Il rischio è scegliere un capro espiatorio altisonante da sacrificare, senza rendersi conto che mandarlo in pensione non è la soluzione: prima di metterlo in soffitta occorrerebbe trovare un'alternativa.

L'idea, appunto, ciò che sembra mancare. Una carestia di ispirazione, un'indisponibilità allo spunto creativo, che accomuna Mediaset e Rai, soggetti speculari in un panorama televisivo generalista, quello italiano, seduto sugli allori di un sistema ancora redditizio sotto il profilo economico, terrorizzato senza se e senza da una parola di tre sillabe che non ha sinonimi o giri di parole alternativi: futuro. I palinsesti Mediaset sono sintomo di una realtà che fatica a guardare oltre le proprie certezze, pur dando l'impressione di essere l'unico soggetto sul mercato ad avere i mezzi per cambiare le carte in tavola.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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